Quale
VITA >
“Difendere la vita umana” è diventata bandiera di quanti inneggiano
all’esistenza del piccolo Charlie. Salvo non focalizzare il significato proprio
di quell’aggettivo qualificativo che marca un distinguo sostanziale.
Una cosa è
convivere con una qualche forma di handicap e/o sopportare menomazioni-limitazioni
frutto dell’età o di eventi accidentali.
Tutt’altra cosa è venire al mondo con
una grave deformazione genetica tanto incurabile quanto progressiva.
Patologia
che, oltre a inibire ogni forma di reattività, richieda il continuo supporto
vitale di specifici macchinari.
In pratica quando si configura una sorta di
stato “vegetativo” neppure autonomo. Quindi tutto fuorché l’avvio di una parvenza di vita
umana; da difendere.
Non solo.
“Amare il prossimo come se stessi” (Vangelo) non
implica il tentare di prolungare di un tot (?) un’esistenza facendo di un soggetto
umano, indifeso e inconsapevole, la “cavia” di un protocollo sperimentale.
Non
sono questi presupposti valevoli per orientare una Generazione senza Bussola …