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su Napolitano, grazie di cosa?


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18 gennaio 2015 12:09

Il presunto disegno istituzionale di Napolitano: una sorta di partito unico sul modello comunista, come quello che ora governa il Paese, è di una tale ingenuità che non potrebbe reggere a nessuna prova al di fuori dell’emergenza.

Può invece essere, e molto probabilmente è, una fase di passaggio obbligata per approdare all’assetto definitivo deciso per l’Italia: bipartitismo ed elezione diretta del capo dello stato.

E’ questa l’architettura alla quale ha iniziato a lavorare concretamente già Massimo D’Alema dai primi anni ’90 stabilendo una serie di connessioni politiche, pubbliche e riservate, col suo avversario politico: Silvio Berlusconi.

Va ricordato che il "patto del Nazareno" ha un famoso antenato: il "patto della crostata", stipulato nel ’97 tra D’Alema e Berlusconi; che il governo D’Alema rifiuto ostinatamente di mettere mano alla disciplina delle trasmissioni radiotelevisive per non intaccare l’area di influenza del Cavaliere; che con l’espediente della Bicamerale sulle riforme costituzionali iniziò il processo di legittimazione di Silvio Berlusconi per contribuire a farne il capo della coalizione di centrodestra: abbozzo di un futuro "partito repubblicano" da contrapporre al già costituito partito democratico; che l’appoggio politico a Mani Pulite, e successivamente a tutte le inchieste della magistratura sulle anomalie che Berlusconi si portava appresso, è sempre stato assai tiepido, col pretesto che Berlusconi andava battuto politicamente e non per via giudiziaria.

Ma in un certo senso è vero che lo scopo finale di questo percorso è la creazione del partito unico, però non nella forma ingenua che si attribuisce a Napolitano. Il sistema bipartitico nella sua forma matura genera un partito unico.

Ragionando con concetti presi dall’insiemistica: il partito unico generato dal bipartitismo è costituito dall’intersezione tra i due insiemi-partito. In altri termini il partito unico è tutto ciò che i due partiti "avversari" condividono su alcuni temi di fondo, decisivi per la stabilità dell’intero sistema.

Ad esempio il modello di sviluppo economico, le alleanze internazionali nello scacchiere geopolitico, i fondamentali giuridici che garantiscono l’azione di poteri economici prevalenti, ed altro ancora. Tutto ciò che rimane è contendibile tra i due partiti che si alternano al potere e costituisce l’apparenza della democrazia, la quale deve adattarsi ad esercitare la sua sovranità solo sugli elementi inessenziali.

Io credo che sia su questo assetto istituzionale definitivo che Napolitano ed altri stanno lavorando da più di venti anni, è questo che farebbe dell’Italia il "paese normale" vagheggiato da Massimo D’Alema. Su suggerimento di chi non è difficile immaginarlo, considerando la posizione strategica del nostro paese come cerniera tra Africa ed Europa.


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