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Vari opinionisti e sedicenti
intellettuali propagandano i meriti della cosiddetta democrazia “diretta”.
Semplicemente: quella via web.
Quella che, secondo loro, consentirebbe a
ciascun cittadino di diventare un soggetto “attivo” nella formazione e
formulazione di indirizzi politici riguardanti il sistema paese.
Tesi fondata
sulla constatazione del numero crescente di internauti.
Si assume cioè il
presupposto che milioni di cittadini abbiano, oltre l’interesse e la preparazione
specifica, il tempo necessario per seguire ed approfondire (ogni giorno) le
varie problematiche via via emergenti. Questo fino al punto di riuscire a
sostenere, con cognizione di causa, il confronto immediato con la varietà di
posizioni diversificate parimenti presenti nella rete.
Nei fatti. Il rischio
concreto è che una gran parte degli internauti abbracci, più semplicemente, le
tesi propagandate e “filtrate” da alcuni referenti (capofila) o che introiti la
posizione più ricorrente e condivisa nei siti frequentati. Dei siti magari preferiti
per tutt’altre ragioni d’interesse.
In sintesi. E’ risaputo che la rete è come una
piazza “virtuale” sempre affollata.
La piazza non è certo il “luogo ideale” per
un confronto pacato e ragionato di idee e soluzioni. Specie su tematiche di
coinvolgimento collettivo che, come tali, spesso sfuggono nelle molteplici sfaccettature
ed implicazioni.
Un conto è la raccolta di informazioni e di opinioni.
Tutt’altra
cosa è scegliere, decidere ed attuare un certo progetto.
Non ultimo. Quando il
valore è dato solo dai numeri contano anche i soggetti affetti da Pescitudine …