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Commento di

su Ius soli: stranieri e cittadinanza


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16 luglio 2013 23:13

e dibattito sia. 

Io sono per il "Sanguinis" e cerco di spiegare il perché.
La cittadinanza italiana deve essere collegata ad un rapporto di condivisione della "italianità" altrimenti non ha senso. Si presume che il figlio di due Italiani sia educato secondo la cultura, la lingua, la storia, le tradizioni e le regole condivise dagli Italiani.

Certo, non è un italiano "vero" perché un neonato è uguale a tutti gli alti neonati nel mondo, diventerà italiano col crescere e con l’apprendere.

Se ci pensiamo bene diventerà davvero cittadino italiano solo al compimento del 18 anno di età quando il diritto italiano concederà a lui sul piano del diritto civile la piena "capacità di agire" cioè di disporre dei suoi diritti (l’attitudine a porre in essere validamente atti idonei a incidere sulle situazioni giuridiche di cui è titolare senza l’interposizione di altri soggetti di diritto) potrà stipulare contratti e disporre dei suoi beni. Sul piano del diritto penale diventerà responsabile degli illeciti che eventualmente commette e ne risponderà pienamente. Sul piano del diritto pubblico acquisirà "la capacità di agire nel pubblico” e conseguirà il diritto all’elettorato attivo e passivo cioè potrà votare ed essere votato (salvo il Senato per il quale servono 25 anni) e ricoprire la maggior parte degli incarichi pubblici. Chi per caso (o per precisa volontà della madre straniera che sia venuta a partorire in Italia per donare al suo bambino gli eventuali vantaggi dell’essere italiano) nasce in Italia cosi come chi nascesse sopra una nave o un aeromobile di bandiera (equiparati al suolo Italiano) non avrà, alle sue spalle nessun legame con l’Italia. Non c’è motivo logico per il quale debba essere considerato italiano, è presumibile, se non resterà in Italia, che cresca parlando la lingua dei suo genitori o del luogo in cui vivrà secondo cultura, principi, tradizioni, leggi e costumi diversi.

Comunque sia qualunque bambino che nasce in Italia non deve essere discriminato rispetto agli altri, altrimenti sarebbe razzismo, e dunque ritengo che, se egli rimarrà in Italia debba essere trattato a tutti gli effetti come tutti gli altri bambini figli di italiani. Al compimento del 18° anno di età, sempre che abbia vissuto in Italia (almeno in modo prevalente) e frequentato le scuole italiane (appendendo lingua, cultura, principi, tradizioni, leggi e costumi italiani) dovrà AUTOMATICAMENTE diventare cittadino italiano conseguendo gli stessi diritti e doveri che acquisisce un diciottenne italiano. Mi sembra molto semplice ed equo. 
Che ne pensate?

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