Questa
la cronaca del concorso a cattedra per le classi A043/50, A051, A052
nella città di Catanzaro. A chi legge stabilire la validità o meno
dello svolgimento. Preciso di essermi rivolta ai colleghi ( perché
di colleghi si tratta) della vigilanza per chiedere un po’ di
silenzio in aula, non riuscivo a concentrarmi con quel cicaleccio, e
di aver ottenuto semplicemente un “ Ragazzi, per piacere, per
rispetto dei vostri colleghi” e poi tutto come prima. Ma andiamo
con ordine: innanzitutto i tre giorni di prove si sono svolti con
alcune caratteristiche comuni. E cioè: alcun controllo dei
vocabolari, zaini e borse colmi di libri tranquillamente nella
disponibilità dei candidati (ciascuno ha potuto tenerli al proprio
banco), sciarpe, cappelli e giubbotti in diversi casi sul banco a
formare con i dizionari improbabili pile, contenitori di dizionari
sui banchi dei candidati. Insomma tutto il normale – e
inaccettabile, almeno credo- armamentario degli studenti quando in un
compito in classe vogliono celare qualche magagna. Tutto ciò senza
che un membro della commissione o un vigilante facesse osservare
alcunché. All’inizio della prova era richiesto ai candidati di
consegnare il cellulare: il banco su cui si raccoglievano era pieno
di cellulari più che obsoleti, ma all’uscita vedevi nelle mani degli
stessi colleghi telefoni di ultima generazione. In più: fogli
bianchi per la brutta copia distribuiti in numero assolutamente
casuale senza alcuna sigla da parte dei commissari ( verosimilmente
ognuno avrebbe potuto mettervi in mezzo un proprio foglio, già
scritto e compilato e poi ricopiarlo); ancora: numero di
riconoscimento assegnato ad ogni candidato da scrivere su un lembo
esterno del plico per mantenere l’anonimato: il codice veniva bandito
( letteralmente) dai vigilanti in aula che dicendo il nome e cognome
di ogni candidato proseguivano: “ Scriva 2** ”. In sintesi, io,
che pure non sono famosa per la buona memoria, ricordo nome e cognome
e codice numerico di diversi candidati mai visti prima. Saprei dire,
dunque, senza aprire il plico e solo leggendo il codice esterno, di
chi è quel compito. Come me molti, anche vigilanti e commissari,
immagino. Faccio ora un breve distinguo tra i tre giorni di prove:
A043/50:
Pur essendo entrati regolarmente alle 8.00, la traccia della prova ci
è stata consegnata poco prima delle 10.30. Nel frattempo siamo stati
liberi di andare a zonzo per tutti i locali della scuola e di usare
il cellulare. Nella mia aula ci è stato consentito di sedere in due
per banco. I vigilanti, dopo aver letto le avvertenze di svolgimento
della prova e aver dato il via sono stati un buon tempo in corridoio,
poi al cellulare, poi al posto di “controllo” intenti in
chiacchiere. In aula un brusio costante, libri e fotocopie e
cellulari solo un po’ celati, giusto per preservare un po’ di faccia,
dietro le sopra dette architetture di dizionari, contenitori,
sciarpe. Un collega ha finito il compito in un’ora e mezza ( molto
bravo e veloce? Oppure?) e gli è stato consentito di firmare e
uscire. Nessun problema, del resto dopo 60 minuti a tutti era
consentito andare in bagno, lasciando il compito sulla cattedra dei
vigilanti.
A051:
Dopo aver letto le solite avvertenze i vigilanti ci hanno invitati a
“fare con garbo”...cosa? Ma scambiarci informazioni e copiare,
biensur! Sempre i soliti fogli bianchi senza alcuna sigla per la
brutta distribuiti in numero casuale e sempre il codice numerico
personale e segreto bandito pubblicamente in aula ( del resto se io
volessi “raccomandarmi” potrei tranquillamente dire ad uno dei
commissari: “ Io sono il numero 2**”). Si verifica un’altra cosa:
due colleghi sbagliano a copiare in bella, viene loro dato un nuovo
modulo ministeriale. A me, che pure avevo fatto qualche cancellatura
in bella copia vien detto: “ Non importa, non fa nulla, e poi
comunque non abbiamo più moduli”. Sempre il solito brusio, sempre
fotocopie, libri e cellulari.
AO52:
nulla di diverso: il solito ritardo, anzi un po’ meno, 9.50, nella
consegna delle tracce. Presa da un po’ di paura chiedo ai commissari
se una cancellatura possa invalidare il compito. “ Naturalmente
sì”, rispondono. “Ma ieri i vostri colleghi hanno detto no!!!”.
Spallucce. La traduzione e le domande richiedono un po’ di tempo, le
due ore e trenta sembrano insufficienti. Naturalmente ci sono i
soliti geni che finiscono con circa un’ora di anticipo, chissà con
quali supporti! In aula si sentono chiacchiere per tutto il tempo,
libri e smartphone che scompaiono giusto quando i vigilanti
annunciano l’arrivo ( sono sulla porta, osservano il corridoio) dei
commissari. Del tutto ignari della prassi consolidata, del resto!
L’esperienza che racconto mi è stata riferita in modo analogo da
colleghi che hanno svolto l’esame in altre aule.
Direte:
perché non hai protestato lì? L’ho fatto con i vigilanti che hanno
solo un po’ rimproverato i colleghi, per poi tornare al loro “vivi
e lascia vivere”. Non sono andata oltre perché non mi sono sentita
tutelata da chi, commissari compresi anzi per primi, avrebbero dovuto
vigilare sull’andamento della prova. Credo sia prevedibile sapere
come andrà a finire.
Io amo
la mia terra. E amo la scuola. Ma credo sia vero che noi docenti
calabresi non sappiamo amare e difendere né l’una né l’altra.