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Commento di

su In Italia, la violenza mafiosa è un capitale


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4 marzo 2012 11:24

Di Pino Arlacchi suggerisco "La Mafia Imprenditrice", è un testo che è stato pubblicato nel 1983 sulla base di studi e ricerche che Arlacchi ha condotto in Calabria a partire dal 1977. Ovviamente risente del dibattitointerno al PCI (si vedano le posizioni assunte da Macaluso all’epoca) nel quale si tendeva a definire "sociologicamente" un quadro di normalizzazione del fenomeno mafioso, sullo sfondo dell’arretratezza del tessuto sociale, culturale ed economico del mezzogiorno. In quel periodo c’era ancora l’IRI e probabilmente la dottrina era sorretta da pregiudizi ideologici non necessariamente in mala-fede, pur glissando sulla natura dello "scambio-diseguale" su cui è stata realizzata l’industrializzazione italiana nel ’900. Purtroppo molti dei dirigenti ex-miglioristi sono ancora abbagliati da questa lettura sbagliata del fenomeno mafioso, che cozza pesantemente con il tema della natura securitaria dello Stato, garante e mediatore degli interessi e dei bisogni, cornice senza la quale non si può dare mercato, nè sviluppo.


Di Shumpeter, citato da Arlacchi, ho ripreso (in estrema sintesi) le caratteristiche dell’Imprenditore di cui parla nella "Teoria dello sviluppo economico", anche se per semplificare ho ripreso lo schema di Napoleoni e Ranchetti in "Il pesniero economico del ’900".

In conclusione: "Non furono di, regola, speculatori temerari esenza scrupoli, nature di avventurieri economici, quali se ne incontrano in tutte le epoche della storia dell’economia, o semplicemente gente molto danarosa, coloro che crearono questa trasformazione esternamente invisibile, ma decisiva per l’affermazione del nuovo spirito nella vita economica; ma sibbene uomini formati nella dura scuola della vita, calcolatori audaci al tempo stesso, ma soprattutto riservati e costanti, completamente dedicati all’oggetto delle loro attività, con opinioni e principi rigorosamente borghesi" 
(Max weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo)

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