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Commento di Renzo Riva

su Un sabato di ordinaria precarietà


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Renzo Riva Renzo Riva 11 aprile 2011 17:03
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Faceva notare ieri Giorgio Dell’Arti nella rubrica "ALTRI MONDI" della Gazzetta dello Sport che c’è un settore che dal 2007 al 2010 ha avuto...

Sa che c’è un comparto, in Italia, che ha registrato un boom dell’occupazione,
+40%(2010 sul 2007)? E sa che comparto è?
Quello dei lavoratori stranieri.


Lunedì, 11 Aprile 2011

10/4/2011 -

Ma il problema dei precari si risolve con il posto fisso?

Parecchie migliaia di precari hanno sfilato ieri in 47 città italiane. Magliette gialle col punto esclamativo, uno slogan assai azzeccato («Il nostro tempo è adesso» ), incidenti di poco rilievo a Padova e Napoli, quelli dell’opposizione tutti della partita. C’erano Bersani, la Bindi, il segretario della Cgil Susanna Camusso, Nicky Vendola, Damiano, le bandiere dell’Idv e quelle del Codacons. A Roma il Popolo Viola ha srotolato un tricolore di 60 metri. 

Succederà qualcosa? 

No. Le manifestazioni erano politiche e vanno lette come un momento della lotta a Berlusconi. Servono a ricordare il problema, che è sostanzialmente questo: l’Italia è un paese di vecchi, strutturato per tenere il più possibile alla larga i giovani, cioè per non favorire il ricambio. Quelli che possono scappano all’estero. Dati della Cgia di Mestre mostrano, per esempio, che il precariato è il 56%di tutta la forza lavoro meridionale (Campania, Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna) e si parla – immagino – del precariato misurabile, perché poi al Sud imperversano lavoro nero e evasione fiscale. Un sistema dove tutto si tiene. I cortei di ieri hanno inalberato cartelli che non si possono non condividere. 

Per esempio? 

Soprattutto questo: «Basta privilegi, basta corruzione» . Divertente anche il cartello issato da un giornalista: «4 euro a pezzo, vergogna gruppo Espresso» . Il gruppo Espresso è quello che possiede Repubblica, il giornale schierato senza se e senza ma con i precari e contro Berlusconi. Non ho letto, però, neanche uno slogan contro le banche, le vere responsabili della crisi in cui ci troviamo e delle spaventose ricchezze accumulate da alcuni a danno di una massa di cittadini in tutto il mondo. L’aria generale – che si ricava dagli slogan e dai discorsi – è poi tremendamente semplificatrice. Si finge di ignorare che il padronato – cattivo per definizione – ha indotto i vari governi di destra e di sinistra a introdurre tutta una serie di contratti particolari per difendersi da un sistema rigidissimo e molto costoso. Una madre ha inalberato un cartello in cui racconta di suo figlio, ricercatore laureato con 110 e lode, che è stato costretto a fuggire a Londra dove gli dànno, per il suo lavoro, 1.500 euro al mese, mentre la paga media di un precario (dati Cgia) è di 1.096 euro. Però a Londra o in America, nonostante la crisi, si passa da un luogo di lavoro all’altro con notevole facilità, cioè il sistema è flessibile. Mentre la tendenza da noi è acchiappare un posto per sistemarsi a vita e che non se ne parli più. Sto semplificando anch’io, naturalmente, e ci sono migliaia di casi che gridano vendetta. D’altra parte, a semplificazione non si può rispondere che con una semplificazione.

Quale sarebbe la soluzione? 

Non quella che si capisce dai discorsi della Camusso e di Cesare Damiano. Per esempio, Damiano: «Di fronte al dilagare del lavoro precario, tornano alla carica i cantori del superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori o della modifica dell’articolo 41 della Costituzione, come se liberare il lavoro e l’impresa da vincoli e protezioni sociali rappresentasse la soluzione del problema (...) Quella che va combattuta è la persistente teoria, figlia di quel neoliberismo che ci ha condotti all’attuale disastrosa situazione economica e sociale, che eleva a dio assoluto il mercato» . Ma il mercato esiste, purtroppo, e non è eliminabile. Le racconto un caso che rappresenta il problema in tutta la sua drammaticità. 

Sentiamo. 

Alle Officine Automobilistiche di Grugliasco, dopo due anni di cassa e un passaggio al tribunale fallimentare, la Fiat ha proposto un investimento di 500 milioni e la commessa per la nuova Maserati. Contropartita: un accordo modello Mirafiori. In fabbrica il 70%degli operai è iscritto alla Fiom e la Fiom ha detto di no. La Fiat, se non cambia qualcosa, andrà a costruire le Maserati da un’altra parte.

Che esempio è? 

Voglio solo dire che ci vuole una presa d’atto condivisa della situazione generale. Condivisa da tutti: governo, padroni e sindacati. Gli Stati Uniti si apprestano a tagliare 80 miliardi di spesa pubblica, il Portogallo, in cambio di 80 miliardi di euro, sarà commissariato. La Spagna e le banche tedesche sono sull’orlo del tracollo. Il Terzo Mondo ci fa una concorrenza spietata. Che senso ha, in questa situazione, attaccare la riforma Gelmini e fingere di non sapere che la vecchia università era una vergogna, e che la gran massa dei laureati prodotti dal sistema precedente sa fare poco o niente? Sa che c’è un comparto, in Italia, che ha registrato un boom dell’occupazione, +40%(2010 sul 2007)? E sa che comparto è? Quello dei lavoratori stranieri. Gli slogan sono una bella cosa, ma non portano da nessuna parte.

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