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Commento di

su Pietro Mirabelli, alfiere dei diritti del lavoro è morto in cantiere, in Svizzera


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23 settembre 2010 19:01

Si poteva. Si doveva. Se i nostri grandi sindacati avessero a cuore i lavoratori anche come persone e come cittadini, e non solo come percettori-di-un-salario-basta-che-sia-dovunque-sia-anche-se-a-centinaia-di-km-da-casa, allora non si sentirebbero dalle loro tribune tanti osanna alle ’grandi opere’ anche quando dissanguano l’erario, anche quando allargano la forbice fra nord e sud, fra business-men e pendolari, fra persone e territori ricchi, e persone e territori poveri. Non si vedrebbero paesi come Pagliarelle, quello da cui proveniva Pietro, con soltanto vecchi, donne e bambini, con campi di calcio in cui pascolano le mucche e le capre, con segnali stradali bucherellati da pallini, e senza tutte quelle cose che servono: ferrovie, strade, servizi, lavoro, e alla fine la stessa fiducia in un futuro che riesca ad accendere l’animo dei giovani lì, proprio lì, in quelle belle terre che meriterebbero cura e presenza, e che si preferisce invece lasciar languire e consegnare al silenzio. Non si arriverebbe a firmare, in nome e per conto dei giovani del sud, contratti che li costringono a farsi sconvolgere la salute e i ritmi biologici, a centinaia di km da casa, da turni come quelli del ciclo continuo della TAV: quello che cambi turno e orario ogni sette e poi ogni otto e poi ogni nove giorni, e ti cali in quelle viscere della terra che non sono davvero salotti, e ci perdi la nozione del giorno e della notte, del feriale e del festivo, del sacro e del profano. E quando hai un giorno di ferie, così come quando ne hai due, non vale neanche la pena di mettersi in macchina per tornare a casa, troppo lontana, e allora ti concedi ad altri straordinari illegali quanto preziosi per chi ci lucra, ti lasci spremere, e quando la sera (o la mattina o il pomeriggio del giorno di cui hai perso il conto) ti tocca di andare a dormire non sai se sarà così semplice. Il tempo ’libero’ lo passi in un meraviglioso ghetto di baracche lontano dalle comunità del luogo. E se in quei paesi del centro e del nord che ti ospitano ti ci affacci, se ce la fai, non è detto che l’accoglienza sia delle migliori: un amico insegnante mi ha raccontato che càpita che i figli dei residenti proiettino sui figli dei lavoratori, a scuola l’aggressività repressa dei genitori, che subiscono lo stress e le frustrazioni degli impatti quotidiani dei cantieri e le scaricano sui più deboli, piuttosto che sui politici che quelle belle cose le hanno decise. Sì, caro amico, si poteva e si doveva evitare che Pietro si autoesiliasse. Ma per fare questo ci voleva, ci vuole, una classe politica e sindacale un tantino più libera e matura, temiam, di quella che ci troviamo tutte le sere in prima e seconda e terza notizia ai tg fotocopia che continuano - raccontandocela - a accreditarla... Associazione Idra


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