L’ 8-9 novembre 1987 si votò in Italia per cinque quesiti referendari: due sulla giustizia e tre sul nucleare.
Ci sono alcuni motivi da tenere presente nel considerare l’ istituto
del referendum, che in occasione del cosiddetto "referendum sul
nucleare" (o "referendum antinucleare") non è stato e non poteva essere
"nucleare si, nucleare no".
Il
primo motivo è che le uniche risposte possibili alle domande di un
referendum sono “si” e “no”; non è possibile dare alternative, cioè
fare una scelta diversa. Per esempio, se il referendum mi chiedesse se
sono d’accordo ad eliminare (mettiamo) la camera dei deputati, io non
potrei rispondere che non voglio la totale eliminazione, ma,
supponiamo, semplicemente la riduzione del numero di deputati da 630 a
600; dovrei giocoforza scegliere tra la conservazione dello situazione
attuale o la sua abolizione.
Il secondo motivo è che il referendum
è puramente abrogativo (vedi articolo 75 della Costituzione della
Repubblica Italiana): cioè, può essere utilizzato soltanto per abolire
una legge esistente, e non per proporre una legge nuova. La proposta di
una nuova legge di iniziativa popolare può essere presentata se
sottoscritta da almeno cinquantamila elettori (art. 71 e 72 della
Costituzione), ma dovrà poi comunque seguire l’iter di qualunque altra
proposta di legge, cioè essere esaminata da una commissione e poi dalle
due camere ed approvata articolo per articolo.
Il terzo motivo è
che il referendum permette non solo l’abrogazione totale, ma anche
quella parziale di una legge; ciò significa che di una legge composta
di cento articoli è possibile abolirne magari uno solo, il che può
rendere un’intera legge praticamente inapplicabile a causa di un solo
articolo annullato.
Come
detto, contemporaneamente si votò per tre referendum relativi al
nucleare. Le tre domande che furono rivolte ai cittadini elettori
italiani furono le seguenti (se ne riporta il senso, più che il
contenuto esatto):
- Volete
che venga abrogata la norma che consente al Cipe (Comitato
interministeriale per la programmazione economica) di decidere sulla
localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non
decidono entro tempi stabiliti?
(la norma a cui si riferisce la
domanda è quella riguardante "la procedura per la localizzazione delle
centrali elettronucleari, la determinazione delle aree suscettibili di
insediamento", previste dal 13° comma dell’articolo unico legge
10/1/1983 n.8)
- Volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali nucleari o a carbone?
(la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante
"l’erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di
centrali alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi",
previsti dai commi 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12 della citata legge)
- Volete
che venga abrogata la norma che consente all’ENEL (Ente Nazionale
Energia Elettrica) di partecipare ad accordi internazionali per la
costruzione e la gestione di centrali nucleari all’estero?
(questa
norma è contenuta in una legge molto più vecchia, e precisamente la
N.856 del 1973, che modificava l’articolo 1 della legge istitutiva
dell’ENEL).
Dunque, all’ atto pratico, con le tre domande si domandava di
cancellare alcune disposizioni di legge concepite per rendere più
facili e rapidi gli insediamenti energetici: la prima era stata creata
per evitare che il sindaco di un piccolo paese di duemila abitanti dove
era previsto l’insediamento di una centrale nucleare potesse opporsi ad
oltranza, mentre la seconda era la cosiddetta “monetizzazione del
rischio” per i comuni che ospitavano impianti di produzione di energia
(non necessariamente nucleari, ma anche a carbone).
Detto questo ricordo a chi e’ ancora scettico nel merito,di valutare questo semplice aspetto:
Se veramente il referendum aboliva per legge l’uso dell’energia nucleare,per quale motivo all’indomani dei risultati il governo di allora si preoccupo’ di proporre e votare una moratoria di 5 anni sul nucleare??
Se il nucleare fosse stato abolito per legge lo sarebbe stato sempre punto e basta.