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su Berlusconi aggredito da uno psicolabile: "Non mi fermeranno!"


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14 dicembre 2009 16:14
L’uso politico di un gesto che di politico sembra avere poco o nulla.
Il precedente episodio era avvenuto dopo oltre tre anni dall’insediamento. Anche quella volta l’aggressione si collocava nel freddo mese di dicembre. Ma in quell’occasione, il gesto, stupido e apparentemente privo di moventi politici, non lasciò segni. Quantomeno sul volto o sul corpo dell’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Perché di segni, nelle cronache di quel capodanno 2005 e dei giorni successivi, quel gesto ne lasciò parecchi. E diede l’occasione al premier, vittima di un piccolo ematoma retroauricolare, e all’intera compagine governativa, di avviare una campagna mediatica in cui l’uomo più potente del paese diveniva vittima della violenza dei contestatori. Una campagna di certo opportunistica e funzionale, ma impossibile da rovesciare, attaccare o destrumentalizzare in quegli istanti. La storia si ripete secondo un meccanismo ben collaudato di cause ed effetti. E quando un sistema con il tempo si modifica, accrescendo la natura delle proprie risposte ad ogni evento causale, ad una causa così mediaticamente imponente possiamo solo immaginare, dedurre quali potranno essere le dovute risposte. Un problema che l’autore del violento gesto compiuto quasi due ore fa di certo non si sarà posto. E’ difficile ipotizzare quali siano state nella mente dell’aggressore le calcolate conseguenze della devastazione del viso del premier, sempre che ci sia stato un benché minimo calcolo. Ma è fin troppo elementare conoscere quali saranno le conseguenze reali di un tale gesto. Un antipasto di ciò che accadrà nelle prossime ore è scritto nella cronaca di queste ore, nelle dichiarazioni delle tante figure istituzionali che popolano questo nostro paese. A partire dal ministro Umberto Bossi che parla di "pericolo terrorismo" ed invoca un innalzamento della guardia, o dell’onorevole Maurizio Lupi, che analogamente ravvede un superamento "del limite di guardia". Il ministro Ignazio La Russa, invece, si è già prestato ad un azzardato sillogismo tra manifestazioni ed attacchi fisici. Dalla sponda opposta a gettare benzina sul fuoco è l’onorevole Antonio Di Pietro, che rigira al mittente (e vittima occasionale) Silvio Berlusconi le responsabilità indirette di un tale gesto, parlando di "istigazione alla violenza". Poco importa se le indiscrezioni di questi ultimi minuti lasciano intendere la fortissima possibilità di un gesto dovuto ad un disagio psicologico del presunto aggressore, da 10 anni in cura psichiatrica. Il teatrino dell’uso politico di un gesto che di politico sembra avere poco o nulla è già partito. Ed è lecito, oltre che logico, aspettarsi per i prossimi istanti una pericolosissima traduzione dello scontro sugli argomenti e sui dati di fatto in un attacco politico tra parti in causa basato sul nulla. Qualcuno, in questi istanti, ha già provato a raffrontare "l’utilità" di questa aggressione fisica con "l’inutilità" di una pacifica manifestazione nella capitale che ha visto partecipare circa un milione di persone. Non importano le conseguenze naturali delle prossime ore, ciò che interessa è la soddisfazione che per qualcuno scaturisce da un’istantanea che ritrae un volto tumefatto. E se il prezzo da pagare è la prevalenza dello scontro politico fine a sé stesso sul racconto giornalistico di fatti scomodi o sul diritto di critica, poco importa. Il gesto improvviso di una persona che sembrerebbe affetta da problemi psichiatrici per qualcuno diventa un gesto eroico, espressione dell’indignazione civile. Abbiamo smesso da tempo di porci il problema delle conseguenze delle azioni. E le condizioni in cui oggi versa questo paese sono la degna conseguenza anche di questo.
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