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Dove vuole andare Papa Francesco

Qualche giorno fa, Lilli Gruber ha ospitato ad Otto e mezzo Massimo Franco e Corrado Augias, giornalisti di riconosciuta validità con i quali ha spaziato su vari argomento anche se il pezzo forte è stato certamente Papa Francesco e il suo primo anniversario dalla elezione del 13 marzo 2013

Ricordo bene quella sera. Ero passato dai miei genitori prima di rientrare a casa dal lavoro e avevo fatto qualche breve battuta sull’attesa. In macchina prima di arrivare a casa avevo sentito i commentatori dire che quella votazione faceva da spartiacque nel senso che o veniva eletto subito Angelo Scola o falliva e si passava ad altro candidato. La telecamera era puntata sul camino e il fumo bianco uscì proprio mentre io passavo da casa dei miei genitori a casa mia. Poi ci volle più di un’ora per sapere che non era Angelo Scola.

Mentre ero la, davanti alla televisione con i miei genitori, raccontai quello che avevo appena sentito alla radio in macchina e cioè che mai un Papa aveva scelto il nome di Francesco e che la mia speranza era che i cardinali scegliessero un non europeo che scegliesse il nome di Francesco. Mio figlio ancora ricorda il salto che feci quando annunciarono Bergoglio e lui scelse il nome Francesco. Ma sono aneddoti personali. Ognuno ha il suo.

Di Vaticano e di papi qualcosa sanno Corrado Augias e Massimo Franco che sapientemente stimolati da Lilli Gruber hanno detto delle cose interessanti.

La prima considerazione su Papa Francesco riguarda proprio il clima di quei giorni e non intendo la meteorologia, quanto il clima politico di pantano che si respirava in quei giorni tanto che il primo commento che molti fecero riguardò proprio il paragone tra il Vaticano e il nostro parlamento. Eleggendo così in fretta un uomo che veniva da lontano e che aveva fatto da subito una scelta forte con quel nome, i cardinali avevano dato l’idea di sapersi risvegliare da quel torpore nel quale le mura Vaticane sembrano impregnate e si diceva che sarebbe stato bello che una novità simile venisse dai nostri governanti.

Insomma la chiesa si era data un colpo di reni e l’Italia no, questo era il succo del discorso e ora a distanza di un anno un piccolo bilancio lo si può fare partendo proprio da una frase di Papa Francesco che nonostante il suo enorme successo mediatico si ostina a dire di non essere una star. Presentando il suo libro proprio su Papa Francesco, Massimo Franco ha buttato lì alcune considerazioni che possono essere facilmente cestinate come dettagli insignificanti rispetto alla grandi colpe della chiesa ma che vale la pena di delineare.

Intanto Papa Bergoglio era stato il contendente di Ratzinger a suo tempo e aveva perso e questo dato ha un suo rilievo alla luce dei fatti. Joseph Ratzinger infatti checché se ne dica s’è trovato in mano un rompicapo, una chiesa enorme e gonfia di problemi dopo la lunga era di Giovanni Paolo II e ha detto no grazie passo permettendo a Bergoglio di venire eletto di fatto. Impossibile sostenere che ci fosse un disegno di sotto, ma i fatti sono lì a parlare. Quello che ha perduto una volta ha vinto la seconda. Non ci voleva un genio a capire che un teologo scrittore come Ratzinger non era in grado di governare una nave come quella della chiesa e i maligni hanno sostenuto a suo tempo che il ragionamento era proprio quello.

Dopo l’uragano di Giovanni Paolo II serviva decantare la situazione e questa interpretazione ora alla luce dei fatti può anche avere senso. Ma queste cose né Massimo Franco né Corrado Augias le hanno fatte quella sera. Massimo Franco però ha detto alcune cose partendo dal fatto che il libro racconta di una piccola indagine, un suo viaggio nelle terre di Bergoglio per capire, conoscere. Molti giornalisti amano raccontare queste scelte vaticane di Bergoglio. Il suo rimanere a Santa Marta e non andare nell’appartamento del Papa, il mangiare in mensa, il vestirsi in modo diversi rinunciando a scarpe rosse e croce d’oro fino al fatto che in mensa cambia spesso posto.

L’aneddoto che Massimo Franco ha raccontato e che ha dipinto una smorfia di dolore e sorriso sul volto della Gruber e di Augias è che qualcuno consigliò a Bergoglio di comprarsi un cane e non per la compagnia ma per fargli assaggiare il cibo prima di mangiarlo. Insomma un Vaticano criminoso dal quale bisogna difendersi questa era l’immagine di fondo che emergeva da quella battuta e il mangiare in mensa spostandosi sempre di tavolo era in questa linea difensiva dai cattivi in casa propria.

Certo se anche metà di queste cose sono vere non è un bel vivere stare tra quelle mura e vien da chiedersi come mai uno ci vive soprattutto se si considera quello che ha detto Massimo Franco sulla così detta rete di potere di Bergoglio in America latina. Facile pensare che uno che viene eletto Papa goda di un buon consenso e il consenso si chiama debito. Se io ti faccio eleggere, da eletto tu mi darai quello che voglio, visione becera ma non lontana dalla realtà. Pare che non fosse così. Bergoglio era destinato alla pensione, carattere forte, vita solitaria, era arrivato, nessuno puntava su di lui. Vero o non vero questa è la versione che ci è data.

Cosa possiamo dire alla luce di queste considerazioni?

Forse l’unica conclusione è quella di Corrado Augias che invita ad attendere per valutare e vedere come va a finire per esempio sullo IOR. Diamo dunque a Papa Bergoglio il beneficio della possibilità, facciamolo lavorare e vediamo se riesce a fare qualcosa. 

Foto: Wikimedia

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