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Il Pd non finisce mai di stupire

Renzi o non Renzi, con il Pd non ci si annoia mai. Puoi pensare che questa volta abbia superato ogni limite ed invece no: la prossima volta andrà oltre. Una delle cose per cui non finirà mai di stupirmi è l’autolesionismo accoppiato all’assoluta incompetenza quando si parla di leggi elettorali.

Nel 1993, l’allora Pds sognò di fare il “colpo grosso” ed andare al governo per la liquefazione dei partiti di centro seguita a Mani pulite. Ma, siccome sapeva di non avere i consensi necessari, fece ricorso all’ortopedia elettorale del maggioritario, così da trasformare in una maggioranza assoluta di seggi la sua maggioranza relativa di voti.

Solo che non calcolò:

1. che un sistema maggioritario, soprattutto in un contesto come quello dei primi anni novanta, avrebbe cancellato i partiti ma solo per aprire la porta ad un populismo plebiscitario contro il quale non era affatto attrezzato;

2. che c’era stata la novità della Tv commerciale che aveva posto le premesse per montare l’onda populista;

3. che il proprietario della quasi totalità delle Tv commerciali era un tal Cavaliere Berlusconi, pronto ad sostituire quei partiti che Mani Pulite aveva tolto di mezzo.

Risultato: il Pds non vinse e ci ha regalato un ventennio di Berlusconismo (dato che, anche nei periodi in cui ha governato la “sinistra”, l’egemonia berlusconiana non è mai venuta meno).

Dopo questo bel risultato, il Pds-Ds-Pd non ha mai cercato di capire in cosa avesse sbagliato ma, imperterrito, ha continuato ad inseguire il suo sogno di centralità governativa sorretta dall’ortopedia elettorale e, via via, si è convertito anche lui al mantra berlusconiano del “partito del leader”, per cui si è messo penosamente alla ricerca di un leader forte che lo portasse alla vittoria.

Risultato: 8 segretari di seguito in 20 anni (Occhetto, D’Alema, Veltroni, Fassino, Franceschini, Bersani, Epifani, Renzi) e 5 Presidenti del consiglio (Prodi, D’Alema, Amato, Letta) per meno di 8 anni di governo. E questo perché il Pd non è costituzionalmente un “partito del leader”, ma la confederazione di una mezza dozzina di tribù di ceto politico (a loro volta suddivise in un certo numero di sotto tribù), che ha mantenuto l’impronta di apparato burocratico del vecchio Pci, ma senza il rigoroso costume e le regole del vecchio partito.

Il risultato è un partito troppo burocratico per essere libertario, troppo privo di regole per essere la vecchia falange tebana del Pci, troppo frammentato per essere efficiente e, soprattutto, troppo rissoso per essere un “partito del leader”.

Per cui, alla prima difficoltà o sconfitta anche minima, la congiura dei boiardi disarciona il segretario o il Presidente del Consiglio. Un partito che non ha né regole, né disciplina, né democrazia, in balia dei signori della guerra (e si veda il comportamento in occasione dell’elezione dell’ultimo Presidente della Repubblica).

Dunque un partito vocato alla sconfitta che, anche quando è riuscito per sbaglio a vincere, ha subito rimediato mettendo in crisi il proprio governo appena possibile. Di solito il primo avversario di un governo di centrosinistra è il segretario del Pds-Ds-Pd (D’Alema con Prodi, Veltroni con D’Alema, ora Renzi con Letta).

Oggi il Pd si difende (al solito proiettando automaticamente nel futuro i numeri attuali e fidandosi troppo dei sondaggi) ricorrendo di nuovo all’ortopedia elettorale che dovrebbe:

A. far fuori i piccoli partiti con soglie di sbarramento stellari;

B. rendere irrilevante il M5s con la solita storia del duopolio Pd-Fi (perfetto pendant del duopolio televisivo);

C. fregare Fi con il doppio turno sulla base di questo calcolo: “Il 20% circa del M5s al secondo turno che fa? Un pezzo si asterrà ed un pezzo voterà per noi, nessuno per Berlusconi, ergo vinciamo sicuro”.

Perfetto! Solo che:

a. i piccoli partiti fatti fuori da clausole di sbarramento così alte potrebbero non essere interessati a far parte di coalizioni alle quali portano voti per il premio ma poi restano esclusi dal Parlamento, e, quindi, persi per persi, potrebbero presentarsi in ordine sparso creando effetti distorsivi imprevedibili, mentre alcuni potrebbero essere attratti dal magnete 5stelle;

b. Berlusconi potrebbe fare un 35-36% da solo al primo turno, mentre il Pd resta sotto anche per pochissimo ed il resto va a M5s e liste minori (poniamo 34 Pd, 22 M5s e 8-9% altri);

c. che potrebbe esserci la sorpresa di un M5s secondo partito, magari per effetto della falcidia dei piccoli, con questi due possibili esiti:

1- ballottaggio Fi-M5s: il Pd sarebbe escluso e, diventato terzo partito, si avvierebbe ad una rapida disgregazione per effetto della stessa legge voluta;

2- ballottaggio M5s-Pd ma con il rischio di una soluzione tipo Parma, per cui gli elettori di Fi, in odio al Pd magari votano M5s;

d. che se le intenzioni di Renzi sono quelle di far fuori i suoi nemici interni epurando le prossime liste per la Camera, questo porterebbe facilmente ad una scissione del Pd, per cui tutti i conti andrebbero seriamente rifatti.

Non dico che debba necessariamente andare così, ma che ci sono anche queste possibilità che l’ineffabile gruppo dirigente del Pd non prende neppure in considerazione.

Dopo di che, bisogna anche vedere che fine fa questa porcheria di riforma elettorale. In primo luogo non mi pare che in Commissione si troveranno i numeri per approvare un testo unificato, per cui si andrà in aula con il testo grezzo che c’è adesso e si voterà punto per punto ed a scrutinio segreto: risultato, tutti contro tutti in un bagno di sangue generalizzato di emendamenti, contro emendamenti e votazione finale da cui non sappiamo che esce.

In secondo luogo: qui ci siamo dimenticati che Renzi avrà anche avuto il 70% dei voti alle primarie, ma che i gruppi parlamentari sono quelli che ha fatto Bersani (e lui ne ha una porzione che non è neppure un quarto), per cui occorrerà vedere come voteranno i parlamentari Pd (della cui granitica compattezza si è detto). E questo è particolarmente vero al Senato, dove la somma teorica (teoricissima) di Fi e Pd fa 167 seggi (Grasso non vota) su 164 necessari. Pur mettendoci dentro 4 senatori a vita e qualche cane sciolto, basta che una dozzina di dissidenti Pd votino contro e la frittata è fatta.

In terzo ed ultimo luogo, la riforma ha senso se contestualmente si abroga il Senato o gli si toglie il voto di fiducia al governo, ma, come già scritto su questo blog, questo lo devono decidere, a scrutinio segreto, anche i senatori, che, quindi dovrebbero abrogare se stessi

Dopo di che se restasse in piedi il Senato ci sarebbe da chiarire con che sistema lo si eleggerà: il vecchio Porcellum senatoriale? Un Porcellum rivisto alla luce della sentenza della Corte Costituzionale? Un nuovo sistema fatto in fretta e furia? Anche un nuovo sistema non garantirebbe una maggioranza, perché non potrebbe esserci un premio di maggioranza nazionale. Bel risultato!

Infine, poi bisogna vedere cosa pensa di tutto questo la Corte Costituzionale, che potrebbe essere adita molto più rapidamente, del passato.

Sarà, ma la cosa non la vedo tanto tranquilla. In tutto questo, Fiano, che normalmente è uomo intelligente, se ne è uscito dicendo che Grillo ha fatto una consultazione poco trasparente e “con pochi amici”. Lui è un parlamentare che appartiene ad un partito il cui segretario ha deciso tutto e trattato con il capo partito avversario senza neppure consultare la direzione del suo partito.

Non solo: non ha consultato neanche i gruppi parlamentari che dovrebbero votarla e neppure il Presidente del Consiglio che lui tratta come se fosse di un altro partito. E, in queste condizioni, ti permetti di criticare chi, bene o male, ha chiamato a votare oltre 30.000 persone? Senza commento.

Peraltro la minoranza interna che, giustamente, non si sente vincolata a difendere una legge per cui non è stata interpellata, non assicura affatto di votarla. Per cui, se alla conta dovessero mancare i voti necessari o, peggio, dovesse esserci una defezione di massa dei parlamentari Pd, decenza vorrebbe che Renzi si dimettesse, anche perché qualsiasi interlocutore potrebbe dirgli: “Ma tu chi rappresenti ed a nome di chi tratti?”.

Cuperlo ha giustamente detto che il Pd non è una caserma. Infatti: è una casa di tolleranza con una maitresse autoritaria.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.137) 28 gennaio 2014 17:08

    In tutto questo, ci si dimentica sempre che l’Italia è il Paese dei Campanili, dove ancora oggi ogni paesetto di 500 anime si ritiene "diverso" e migliore di quello distante meno di 10 km.

    L’ultimo Paese, quindi, dove può funzionare un sistema bi-partitico: tanto meno un sistema basato sul leaderismo, dove è sicuro che prima o poi il Capo sarà defenestrato dai suoi stessi amici e sostenitori. 
    E lo stesso Berlusconi ne ha fatto l’esperienza, ed è ancora sulla piazza solo grazie all’enorme sostegno che gli hanno assicurato i media, suoi e non solo (RAI inclusa). La vera novità è rappresentata dalla Rete, che sta disinnescando l’informazione tradizionale a beneficio di una capillare che prevede una certa quota di partecipazione attiva del cittadino, spinto inevitabilmente dal mezzo ad approfondire la notizia cessando di essere esclusivamente soggetto passivo.
    Come di solito, negli USA per primi hanno saputo tenerne conto, vedi caso Obama: da noi, il M5S è il primo crogiolo dove si sta sperimentando un nuovo modo di fare sistema, ma indipendentemente dall’esito, c’è da scommettere che non sarà l’unico in Europa e nel mondo.
    Quando si affermerà in modo stabile nasceranno altri problemi, alcuni di dimensioni tali che in questo momento non riusciamo neppure ad immaginare, tipo l’enorme potere che acquisiranno gli Istituti incaricati delle consultazioni popolari.
    Ma per ora non è il caso di preoccuparsene: il progresso non può essere fermato per la paura del futuro.

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