• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

Home page > Tempo Libero > Cinema > Youth, di Paolo Sorrentino

Youth, di Paolo Sorrentino

Io sono un istrione e la genialità è nata insieme a me … cantava Aznavour, e lo può ben dire anche Sorrentino. Ha regalato alla giovinezza (Youth) un film su due vecchi, Michael Caine e Harvey Keitel, esilarante e irresistibile in molti tratti, onirico e lugubre in altri, solenne ed elegante come il grande albergo sulle Alpi svizzere – Wiesen si chiama il villaggio e ci passa il trenino dei Ghiacciai – dove i due s’incontrano durante un mese da vent’anni.

Si interrogano su cosa succeda ai ricordi col tempo, su ciò che si vede da vecchi, tutto molto lontano e rimpicciolito, mentre da giovani è tutto molto vicino, a portata di mano, ma anche su quante gocce di pipì hanno fatto quel giorno, se più o meno di quattro. In fondo l’albergo ha più l’aria di una casa di riposo per anziani, Marco Travaglio la descrive così: l'hotel per super-ricchi immerso nelle Alpi diventa una friggitoria e un bollitore di carni flaccide, tette cadenti, trippe sballonzolanti, peni avvizziti ormai pronti per la dipartita... .

Ma è una casa di riposo dove vanno pure membra giovani e levigate, come quelle di una miss Universo stellare (nella locandina del film c’è un sedere in primo piano coi due che guardano estasiati), qualcosa di molto vicino a Dio, dice Keitel, e all’età dei due protagonisti un magnifico corpo di donna è destinatario della più pura celebrazione, che non può venir sporcata da “cattive” intenzioni. Keitel stesso paga una giovane prostituta che frequenta l’albergo, solo una volta… perché lo accompagni ad una passeggiata.

Caine è un ex direttore di concerti - abbastanza cacasenno come Jep Gambardella e come Geremia de’ Geremei di due precedenti film di Sorrentino - che di concerti non vuole più saperne, neanche per la regina d’Inghilterra. Keitel è un regista di cinema tuttora in attività, che però s’interroga sul senso del suo mestiere e a cui compaiono di colpo su un prato di montagna tutte le sue interpreti femminili: La vita va avanti anche senza questa stronzata del cinema. Eppure stava girando il suo L’ultimo giorno della vita, film a cui è arduo dare un finale e che non si concluderà per l’improvvisa defezione della perfida protagonista (la tv è il futuro!), Jane Fonda, e perché Keitel si butterà dalla terrazza dell’albergo, proprio come Monicelli (sarà un tributo anche questo, come quello della dedica del film che Sorrentino fa a Francesco Rosi). Geniacci che si interrogano sul fare cinema: Turturro, o Moretti, in Mia madre diceva, Basta cinema, fatemi uscire dalla finzione, ridatemi la realtà, mentre noi cinefili ci interroghiamo sul perché vederli: sogni, vite degli altri, “materiale di consumo” che suscita emozioni, e le emozioni sono tutto quello che abbiamo, lo dice Keitel.

Caine un concerto davanti alla regina lo dirigerà, in onore dell’amico che se ne è andato, ma la sua direzione è sciatta e molle, sembra una ginnastica lieve per anziani, migliore è quella che ha immaginato nei pascoli, solo e con le mucche, i muggiti e i campanacci. Riandrà a Venezia dove ha diretto per tanti anni, a rivedere la tomba di Stravinskij e a trovare la moglie in ospizio, quella per cui non aveva mai avuto abbastanza tempo per via delle sue necessarie sperimentazioni in materia sessuale con altre donne. Moltissime le comparse, più o meno significative o importanti, un numero ubriacante di presenze che Sorrentino è solito portare.

Peccato: i 17 minuti di applausi alla proiezione pubblica di Cannes 2015 non sono bastati per alcuna statuetta.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità