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Willie Nelson, grande vecchio della musica americana ancora… in sella

Willie Nelson è probabilmente uno dei cantanti e autori e musicisti americani le cui opere maggiormente incarnano la tradizione musicale del proprio Paese. Non vi è genere che il grande vecchio della musica statunitense (quest’anno Nelson ha compiuto i suoi "primi", gli auguriamo, ottant’anni…) non abbia esplorato a partire dagli inizi della sua fortunata carriera cominciata nella seconda metà degli anni Cinquanta del secolo scorso: dal country and western da bivacco alle dolci melodie da drive-in passando per il blues, il R&B, l’honky tonk, il country rock più melodico, il R&R, le atmosfere raffinate e jazzate di certe sue recenti realizzazioni e le influenze mariachi, per la rivisitazione di classici della musica americana di tutti i tempi che lui, sorta di "sussurratore" romantico dei giorni nostri, ha trasformato in godibilissimi gioielli di eccellente easy listening.

Alle citate coordinate musicali di carattere generale vanno aggiunti, a completamento di un ipotetico ritratto del cantante texano, gli elementi di originalità che sono presenti nella musica di Nelson e che contribuiscono a fare di lui un cantante musicista sui generis: l’inconfondibile timbro nasale di voce e il suono vellutato della sua chitarra Martin con corde in budello.

Mi piace in certi momenti ascoltare Willie Nelson perché il mito dell’America, sul sottoscritto, non ha mai smesso di avere effetto. Ascoltare la sua musica poi, per molti equivale a far decollare la fantasia, virtualmente intraprendere "viaggi sentimentali" su strade e lunghe highways americane, fermarsi ogni tanto durante un tragitto a rimirare, di volta in volta, un’alba desertica, un tramonto che fa da sfondo alle montagne del Colorado, una inquadratura crepuscolare sulla prateria. Non che gli Stati Uniti d’America siano solo questo e che una realtà complessa sotto tutti gli aspetti come quella americana di oggi debba essere considerata unicamente per l’amenità dei paesaggi che offre, ovviamente; è che la musica di Willie Nelson appare senz’altro più adatta a suscitare l’immaginazione più sfrenata e stereotipata di chi si immagina gli USA fatti in un certo modo e più consona a coloro che delle cose amano vedere solo il lato positivo e meno problematico.

Nel corso degli ultimi decenni Nelson e la sua musica sono diventati un’icona del pop americano delle più rappresentative. Sarà il naturale carisma di questa sorta di Presley dei nostri tempi, di questo signore texano che siamo abituati a vedere impegnato nelle cause più diverse, da quelle di carattere umanitario a quelle ambientali, a quella per la liberalizzazione della marijuana, o forse per quel suo aspetto da nonno hippy o ancora per quella sua chitarra che sembra aver conosciuto la guerra di secessione tanto precarie appaiono le sue condizioni. Ascoltate però almeno alcuni tra i suoi ultimi dischi: è soprattutto per la qualità della sua musica, naturalmente, che passa la sempreverde popolarità del personaggio.

Songbook di gran pregio, American classic (2009), per esempio, è il disco di un crooner perfetto che anche Sinatra avrebbe potuto realizzare. Il complesso degli ingredienti sapientemente amalgamati tra cui una voce suadente, l’orchestra, un piano scintillante e fiati e ritmi jazzy concretizza dodici eccellenti versioni di altrettante intramontabili canzoni della tradizione musicale americana. Da ascoltare. E’ del 2009 anche Lost Highway, una collezione di canzoni country e raffinato rock leggero di ottima qualità, un disco gradevolissimo che ripropone gli stilemi del texano anche attraverso songs, vere e proprie chicche, come Maria, Mendocino county line e Beer for my horses. Country Music, del 2010, in alcune tracce risulta essere strumentalmente assai scarno ed è completamente dedicato alla tradizione.

L’album contiene sedici tracce roots con profusione di violini, steel guitars, armoniche a bocca e banjo. Let’s face the music and dance (2013), infine, è l’apoteosi "dell’ascolto facile". Ottima la scelta dei brani, l’enfasi viene ancora posta sul pianoforte, sui ricami della chitarra classica solista e sull’armonica, mentre sbocciano qua e là reminiscenze messicane. Il CD contiene più di una perla: oltre al brano che regala il titolo alla raccolta, Walking my baby back home, Is the better part over e vari altri sono pezzi che una volta ascoltati metterete sul piatto ancora tante, tantissime volte.  

E’ proprio vero: Willie Nelson, grande vecchio della musica americana è ancora… in sella!

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