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Wikileaks? “Un’impresa criminale, va fermata”

Le polemiche negli Stati Uniti su Wikileaks e Julian Assange non accennano a placarsi. Anzi. Marc Thiessen, in un durissimo editoriale sul Washingont Post, sostiene che il sito “vada fermato“. La pubblicazione di 91000 documenti “riservati”, infatti, sarebbe “una violazione dell’Espionage Act”, e fornirebbe “un supporto materiale al terrorismo”. Wikileaks sarebbe dunque “non una organizzazione che diffonde informazioni, ma un’impresa criminale“, e Assange andrebbe assicurato alla giustizia. In ogni modo:

Assange is a non-U.S. person operating outside the territory of the United States. This means the government has a wide range of options for dealing with him. It can employ not only law enforcement, but also intelligence and military assets, to bring Assange to justice and put his criminal syndicate out of business.

Un esilio islandese dunque non basterebbe – in barba alla legge recentemente approvata – per evitargli di finire sotto processo negli States: l’arresto può avvenire con o senza il benestare della comunità internazionale, argomenta Thiessen.

Eva Rodriguez, sul suo stesso giornale, si dice preoccupata per le posizioni del collega:

Did my colleague, Marc Thiessen, just call for a drone strike in Iceland?

Inoltre, anche ammesso sia fattibile,

Is Thiessen suggesting it would be a good idea to disregard an ally’s sovereignty, perhaps do irreparable damage to our relationship with it and the international community just to get our hands on Assange?

Thiessen ha già fatto pervenire una replica, precisando che non si tratta di “drone strikes”, ma di utilizzare tutti gli strumenti di cyber-sicurezza disponibili per fermare Assange.

Michael Sherer, su Time, dichiara invece apertamente che si tratterebbe di un “rapimento” di Assange da parte degli Stati Uniti. E mette fortemente in dubbio la validità del ragionamento di Thiessen da un punto di vista legale:

To adopt Thiessen’s view, one would effectively have to reject the Supreme Court’s opinion in New York Times Co. v. United States, the so-called Pentagon Papers case from 1971.

A prescindere dal giudizio di Thiessen, ad ogni modo, le voci critiche nei confronti di Assange sono probabilmente destinate a moltiplicarsi, dato che Newsweek ha rivelato lo stesso giorno come i talebani si stiano servendo dei documenti rivelati da Wikileaks per identificare e “punire” chi abbia “collaborato” con gli Stati Uniti e le autorità di Kabul.

Insomma, il dibattito è aperto: Assange hale mani sporche di sangue” oppure no? E soprattutto, andando al cuore del problema: quante vite umane vale la verità? Domande che si aggiungono a quelle di chi pensa che quella verità fosse già nota, almeno in massima parte.

Assange nel frattempo fa un inedita assicurazione criptata digitale. Segno che la questione è complicatissima e delicata, e vale il mettere a repentaglio la propria vita. Per ora non azzardo commenti, mi limito a rimandarli a quando avrò avuto il tempo di informarmi più approfonditamente, e a segnalarvi le domande che mi passano per la testa.

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