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Voci dalla crisi 4 – Rubano per fame? Mi giro dall’altra parte o organizzo la colletta

Riprendiamo a dar voce al disagio di chi vive davvero la crisi economica. Oggi parliamo con Alfio, 39enne siciliano, operatore di sicurezza all’interno dei supermercati, che qualche volta viene meno ai suoi doveri per non venire meno al suo innato senso di umanità.

L'Italia è ormai in balia di se stessa, i consumi sono ai livelli dell'ultimo decennio del secolo scorso, complice inflazione e potere d'acquisto che hanno praticamente svuotato le tasche dei consumatori. La recessione spinge ogni giorno le personalità più deboli al malsano gesto del suicidio, ispirato probabilmente dal clima di sfiducia che si respira attorno alle politiche di un governo incapace e "socialicida", troppo attento ai voleri delle banche e troppo poco attento a quelli del popolo.

Oggi incontriamo Alfio, un 39enne tutto d'un pezzo, impiegato in un'agenzia di sicurezza privata, quelle che forniscono ai supermercati il personale che sorveglia in silenzio gli scaffali. In passato ha gestito una rivendita di libri e giornali. La crisi e l'apertura di un centro commerciale, a poche centinaia di metri dalla sua bottega, lo hanno costretto a cambiare lavoro. Prima il settore pubblicitario che "da noi in Sicilia non paga", mi dice. E ora questa nuova avventura lavorativa nell'ambito della sorveglianza privata: "Sì, sono un negoziante distrutto dai centri commerciali. E adesso lavoro nei supermercati, spesso dei centri commerciali".

“Non avrei mai pensato, nella mia vita, di dover intervistare un… anti taccheggio!”

“In effetti la tua definizione è imprecisa: la mia qualifica è “addetto al contenimento delle differenze inventariali”. In pratica sto attento a che nessuno rubi la merce dagli scaffali, ma se guardiamo la merce che sta in deposito”.

"In che senso la merce in deposito, scusami?”

Pensi che a rubare siano solo i clienti? No, purtroppo spesso succede che gli impiegati stessi si appropriano di qualcosa, direttamente in deposito. Brutta storia, è umiliante sia per loro che per me che magari fino a mezz’ora prima ci avevo preso il caffé insieme”.

"Quindi anche il personale certe volte si lascia andare ai piccoli furtarelli.”

"Soprattutto loro! Ho lavorato per diversi anni a Roma. In un supermarket ho beccato anche un direttore con le mani nel sacco: aveva trafugato ben seimila euro dalle casse. Viveva una situazione di dipendenza dalla cocaina, in molti sapevano. Lo scrissi nel rapporto, indagine interna della direzione generale sicurezza della catena di punti vendita e, per evitare la denuncia, il direttore dovette rassegnare le dimissioni. Qui al sud invece è più facile che siano gli addetti alle pulizie a cadere in tentazione, soprattutto quando il servizio è svolto da cooperative esterne alla struttura dei punti vendita”.

"Riesci a farmi l’identikit del taccheggiatore tipo?”

"Possiamo dividerli in due grosse categorie: chi ruba per fame e chi ruba profumeria e altre stupidaggini. E poi gli zingari: alcuni vivono così, sfamandosi di quello che riescono a rubare.”

"Tralasciamo quelli che rubano ombretti e dentifrici. Chi è e cosa porta via chi ruba per fame?”

"Di solito anziani o disoccupati. Portano via di tutto, specialmente scatolame, pasta, cioccolato. Solitamente sono persone che hanno perso il lavoro o anziani. Ma anche giovani madri. Qualche settimana fa ho fermato una ragazza. Poco più di vent’anni, tre figli, marito disoccupato. Aveva preso un pezzo di parmigiano, pastina, burro e bastoncini di pesce. Quindici euro di refurtiva. Abbiamo fatto una colletta tra i colleghi per pagarle quella poca spesa”.

"Drammatico davvero. Per fortuna la solidarietà non manca”.

"Sì, non ti nascondo che certe volte mi sono girato dall’altra parte, accorgendomi che un anziano rubava una scatoletta. Ma è un sistema sbagliato, credimi. Quando lavoravo al nord, ho prestato servizio per un po’ di tempo nella catena “Il Gigante”. Avevano un accordo con le onlus che gestiscono le mense dei poveri: i prodotti del reparto”fresco” (yogurt, formaggi freschi, etc.) vengono tolti dalla vendita cinque giorni prima della data di scadenza stampata in confezione e vengono distribuiti gratuitamente ai meno abbienti. Un grande gesto di civiltà. Da noi queste cose sono impensabili, siamo culturalmente arretrati, è dura ammetterlo”.

"Culturalmente?”

"Sì. Da noi non esiste cultura del rispetto dell’altro. Godiamo a vedere il nostro simile in difficoltà. Ricordo che diversi anni fa ho assistito ad una scena assurda, in un bar. Il titolare stava per ordinare la chiusura pomeridiana: c’erano tanti cornetti e il titolare iniziò a spezzarli e gettarli nel cassonetto. Fuori, invece, c'erano due disabili che, per racimolare qualche denaro, facevano i parcheggiatori abusivi. Uno dei banconisti lo aveva avvisato della possibilità di offrirli a quei ragazzi. Ma il principale non sentì ragioni: “Devi accontentarti di buttarli, sennò poi loro verranno all’orario in cui sanno che tu glieli regalerai”. Inutile dire che non sono più andato in quel bar”.

"Posso ben comprenderti. Credi che con la crisi si sia incrementato il giro dei furti al supermercato?”

"Credo proprio di sì, anche se non posso esserne sicuro: chi ruba in un supermarket va dove sa di non trovare un servizio di sorveglianza”.

"Il tuo è un lavoro di responsabilità? Guadagni abbastanza?”

Responsabilità e rischio, ma lo stipendio è da terzo mondo: 5,86 euro all’ora. Lordi, s’intende. Secondo te, sono molti per un lavoro in cui rischi anche l’incolumità fisica? Un mio collega, a Roma, ha subito un’aggressione da parte di un ladro, un ‘presunto’ colpevole che, vistosi scoperto, lo ha colpito violentemente alle parti basse: il mio collega ha perso un testicolo, mentre il ladro è fuggito”.

"Certo, è raggelante e molto rischioso. Che contratto hai?”

"Supermegaultrastraiper precario: ci sono riorganizzazioni aziendali in corso, a fine mese finisce il contratto a termine (tre mesi, n.d.r.) che ho sottoscritto ad inizio anno. Poi, probabilmente, saranno contratti a chiamata. Ma non so se rimarrò a lungo, non posso far loro da schiavo: se decidono di mandarmi in trasferta a 100km da qui, devo coprirle io le spese di viaggio. Lavorare sì, esser fessi no!”

"Pensi che riusciremo ad uscire da questa crisi?”

"Forse, ma serve un’inversione di tendenza: i centri commerciali hanno distrutto un’economia. Hanno ritmi da piantagione di canna da zucchero e aprono quando vogliono: controlli? Nessuno. Qui quando arriva un'ordinanza del sindaco, la direzione si mette a ridere. Aprire sempre e comunque. A Catania abbiamo nove centri commerciali nel giro di 20km. Ma a cosa servono? E cosa compri dentro questi posti? Arance spagnole a 50 centesimi? Siamo convinti di risparmiare oggi ma domani ci renderemo conto di quanto abbiamo in realtà “speso”, perché non promuoviamo i nostri prodotti. Per uscire dalla crisi devi colpire i grossi evasori e rilanciare la nostra immagine di produttori di qualità. Non siamo secondi a nessuno. Consumare solo prodotti italiani sarebbe già un buon passo.”

Ne siamo convinti. Ma riuscirà un popolo, assopito dalla cultura del consumo, a riprendere la retta via e ad andare all’essenza delle cose? Non ne siamo certi, ma possiamo solo sperare.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.123) 2 maggio 2012 11:40

    Anch’io ero alla Fame e ne sono uscito con azioni concrete e oggi posso proporre opportunità di crescita personale e attività che aiutano il mio Prossimo a creare la propria realtà di vita secondo le proprie Scelte e non subendo più la Crisi.

    Esiste un’opportunità per contrastare il precariato e la fame in un settore che al contrario in tempo di crisi è cresciuto molto, un piano B, una via d’uscita lecita e seria.
    Sono a disposizione per informazioni via skype nome utente: freetowealth
    Fausto Milan

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