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Vietnam, blogger a processo per "propaganda"

La “pipa del contadino” rischia di rimanere spenta a lungo. Conosciuto in rete con quello pseudonimo, anche titolo del suo blog, ieri Nguyen Hoang Hai, uno dei più noti attivisti online del Vietnam, è entrato in un’aula di tribunale per rispondere del reato di “propaganda contro lo stato”, che potrebbe costargli da tre a 20 anni di carcere. Forse già oggi si conoscerà il verdetto.

 

Nguyen Hoang Hai era stato arrestato quattro anni fa, nell’aprile del 2008. Un anno prima, aveva fondato il Circolo dei giornalisti liberi del Vietnam e si era esposto con alcuni blog critici nei confronti della politica estera della Cina e nei quali aveva denunciato la corruzione del governo locale e le violazioni dei diritti umani. Aveva preso anche parte a manifestazioni pacifiche. Atti intollerabili, per il governo vietnamita.


In un primo processo, nel settembre 2008, era stato condannato a due anni e mezzo per un’accusa inventata di frode fiscale. Finita la pena, anziché rilasciarlo, lo hanno incriminato per “propaganda contro lo stato”, trattenendolo per altri 18 mesi in violazione dello stesso codice di procedura penale del Vietnam che prevede, per “i reati particolarmente gravi”, un periodo massimo di detenzione preventiva di quattro mesi rinnovabile per non più di tre volte.

Invano, le organizzazioni per i diritti umani e il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie hanno sollecitato il governo vietnamita a rilasciare Nguyen Hoang Hai.

Quattro anni di carcere, praticamente isolato dal mondo, hanno rovinato la salute e il morale di Nguyen Hoang Hai. Il suo avvocato è riuscito a vederlo solo un mese fa e lo ha trovato in cattive condizioni.

Le condizioni detentive nelle carceri vietnamite sono dure: il cibo è scarso, le cure mediche insufficienti e i prigionieri dipendono quasi del tutto dai familiari. Poi ci sono i trasferimenti punitivi: nel 2009, dopo aver passato alcuni mesi in isolamento completo, Nguyen Hoang Hai è stato spostato in un altro carcere, lontano dalla sua città, Ho Chi Minh City. Le torture sono frequenti, e mai indagate.

I processi contro i dissidenti sono una farsa: imputati presunti colpevoli, niente avvocati e testimoni a propria difesa, familiari tenuti fuori dall’aula del tribunale, verdetto deciso prima dell’inizio dell’udienza.

La libertà d’espressione è sottoposta a fortissime limitazioni. Decine di avvocati, scrittori, sindacalisti, uomini d’affari, sacerdoti, attivisti per i diritti umani, così come altri giornalisti e blogger, stanno scontando lunghe condanne per aver espresso pacificamente il loro dissenso.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Sandro kensan (---.---.---.49) 18 aprile 2012 12:12
    Sandro kensan

    In Vietnam sono messi peggio visto che colpiscono i blogger che fanno propaganda contro lo Stato. Ma anche rivelare le magagne dello Stato è un grave crimine punito molto gravemente in occidente.

    Vedi wikileaks e il suo leader Assange che ha rivelato quanto male è mesa la democrazia nei nostri paesi e che verrà probabilmente processato in America per alto tradimento, mi pare ci sia la pena di morte.

    Almeno questo dissidente non rischia di morire per le sue idee.

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