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Venditori di Btp con cambio Shimano

E dopo tante tavole rotonde sull'educazione finanziaria, arrivano le televendite del Tesoro. Nel frattempo, il governo gioca con l'ISEE.

Lo spot del MEF sul collocamento del Btp Valore ha suscitato commenti e reazioni. Ad esempio, quelle degli specialisti di comunicazione. Che non vedono nulla di male in questo messaggio, anzi: tutto quello che serve a immaginare e produrre “progetti di benessere” è benvenuto, è la tesi. Servirebbe forse premettere e ammettere che, se il Tesoro di un paese fortemente indebitato ricorre a queste tecniche, omettendo deliberatamente ogni considerazione di rischio o di adeguatezza dell’investimento proposto al profilo del risparmiatore, forse c’è un problema ben più grande dell’analisi della sagacia comunicativa.

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI

Questa mi pare l’unica “lezione” di questa vicenda. Ma convengo che fare questi discorsi con dei pubblicitari rischia di essere futile. Perché Sanremo è Sanremo:

Ho anche letto commenti di risparmiatori impegnati nella logica del minore dei mali: perché, sostengono, lamentarsi dello spot del MEF, che peraltro colloca un prodotto “semplice e trasparente”, quando le società di gestione e le reti di distribuzione collocano prodotti costosi ed opachi da sempre? C’è più di un fondo di verità (battuta voluta), osservando i costi di prodotti obbligazionari attivi che non riuscirebbero a battere il benchmark neppure legandolo, gettandolo in una cella e buttando la chiave.

Ma il MEF non è una società di gestione né una rete di distribuzione. Se passiamo il tempo a organizzare convegni dove enfatizziamo l’importanza dell’educazione finanziaria e poi abbiamo un pitch dove ci viene detto che i Btp hanno tassazione agevolata, non entrano nell’attivo ereditario né nell’ISEE sino a 50 mila euro (con eccezioni, come stiamo per vedere), non credo facciamo un grande servizio ai risparmiatori che non distinguono il sopracitato Btp da un estintore.

Nessuno ha pensato a un caveat minimale, del tipo “la vendita prima della scadenza può causare perdite in conto capitale, in caso di aumento dei rendimenti di mercato”? Pare di no. Ma forse l’obiettivo resta uno e uno solo: tenere in posizione sino a scadenza, cadesse il cielo. Purtroppo la vita tende a disfare i programmi di ognuno di noi, quindi meglio sarebbe poter avere una informativa di base.

Alcuni commentatori hanno poi stigmatizzato la comunicazione del MEF dicendo che un interessante esperimento sarebbe pensare a cosa accadrebbe a una società di gestione che commercializzasse un proprio prodotto in questo modo. Pensiamoci.

DAL LETARGO ALLA TRANSUMANZA

L’aumento dei tassi sta determinando l’uscita dalla letargia per molti risparmiatori. Ad esempio, passano dal conto corrente quasi infruttifero ai titoli di stato, magari dietro sollecitazione e suggerimento degli addetti delle banche. Alcuni lettori mi chiedono: ma alle banche cosa viene in tasca, con queste sollecitazioni? Beh, intanto le commissioni di collocamento, pagate dal Tesoro. Poi, il mantenimento di buoni rapporti con quest’ultimo, che sono fondamentali. Ancora, i Btp finiscono nel dossier titoli, sul quale si pagano commissioni di “custodia”, anche se tutto è negoziabile.

Da ultimo, le banche possono “agganciare” i risparmiatori più avanti, prospettando loro altri prodotti, magari in caso i Btp perdessero valore in qualche momento, causa rialzo di rendimenti e/o spread. “Con questo fondo recuperiamo la perdita, si fidi”

Ma ci sono altri effetti collaterali, da questo grande disgelo e migrazione dei risparmi dai conti correnti ai titoli di stato. Prendete l’ultimo report trimestrale di Assogestioni, l’associazione delle società di gestione del risparmio che operano in Italia. In esso si legge che i fondi aperti, quelli dove si trova il retail,

Nel corso del quarto trimestre sono cresciuti di circa 60 mld euro, per l’effetto combinato di tre diversi flussi: la raccolta netta, negativa per 8,5 mld euro, un effetto mercato di quasi il 5% che vale quasi 50 mld euro e infine un effetto perimetro, per l’ingresso nella segnalazione statistica di un nuovo gruppo di gestione.

Quindi, vediamo: la risalita delle quotazioni di mercato (per la componente azionaria, soprattutto) determina da sola un aumento delle masse di quasi 50 miliardi di euro. Ma la raccolta netta è negativa, cioè i riscatti superano le sottoscrizioni, per 8,5 miliardi. In particolare,

I fondi bilanciati, flessibili e azionari (…) hanno registrato nel trimestre deflussi rispettivamente per 5,66, 8,34 e 2,59 mld euro. In netta controtendenza i prodotti obbligazionari che tra ottobre e dicembre 2023 hanno raccolto 7,82 mld euro, per afflussi di nuovi capitali totali di oltre 24 mld euro nell’intero anno.

Come si nota, le reti hanno comunque esercitato un’azione sulla clientela, inducendola a sottoscrivere prodotti obbligazionari, perché i rendimenti sono giudicati elevati e prossimi a calare, con conseguenti plusvalenze, in conseguenza del “prossimo” taglio di tassi delle banche centrali.

Non solo Btp, quindi: le reti hanno fatto il loro mestiere. Ma è indubbio che i clienti potrebbero ribattere: per quale motivo dovrei comprare un fondo obbligazionario, che spesso ha dentro anche Btp, quando il “fai da te” mi costa molto meno? Quindi per le società di gestione c’è un problema commerciale, senza dubbio. Già nel 2023 abbiamo visto la corsa ai riscatti delle polizze di Ramo I, quelle a contenuto obbligazionario, spesso per investire direttamente in titoli di stato e avere maggiore rendimento e minori costi. A meno di usare le Ramo I per altre note “esigenze”.

Diciamo quindi che l’azione del Tesoro rappresenta una sfida per società di gestione e reti, per produrre valore per i clienti. Non è detto ci riusciranno, quindi una certa (loro) apprensione ci sta tutta. Se poi questa vicenda dovesse servire a smettere di vendere fondi obbligazionari attivi con commissioni da taglieggio, ancor meglio.

Il problema è che se, da un lato e dall’altro, abbiamo una comunicazione non esattamente informativa, chi ci rimette nel medio termine è sempre e solo il risparmiatore. Questo non andrebbe scordato.

L’altro rischio è quello che conosciamo e che sta aggravandosi: i Btp spiazzano tutti gli altri prodotti. Potremmo dire che, se il possesso diretto di titoli di stato spiazza le società di gestione, chissenefrega. Ma, quando i titoli di stato spiazzano il debito privato, sorge un problema rilevante per il sistema-paese. Ricordate?

TOGLI I BTP, METTI I BTP

Vi dovevo una nota a margine sui Btp fuori dall’ISEE. Misura regressiva che rischia di aggravare lo spiazzamento del settore privato, come forse saprete. Ebbene, ieri è uscita la notizia che l’esclusione dei Btp dall’ISEE non varrà per i beneficiari dell’assegno di inclusione e dell’indennità per supporto di formazione e lavoro, secondo quanto previsto nella bozza del decreto PNRR, “al fine di consentire il raggiungimento delle categorie più vulnerabili del Programma nazionale per la garanzia di occupabilità dei lavoratori (Gol), di cui alla missione 5, componente 1, del PNRR”.

Ci sta, direte voi. Il punto vero è che l’ISEE dovrebbe servire sempre per “il raggiungimento delle categorie più vulnerabili”, non a intermittenza. Così invece si finisce a “microgestire” il welfare, nel modo più demenziale possibile. Approfitto quindi per buttare lì un’idea al MEF, gratuita: organizzate un grande concorso a premi per sottoscrittori di Btp. In palio auto, bici con cambio shimano, buoni acquisto e -perché no- crociere. Ma lasciate perdere questa idiozia dell’ISEE taroccato. Che poi, dipendesse da me, io ribalterei i pesi dell’indicatore sintetico, mettendo il patrimonio all’80 per cento.

Foto di Steve Buissinne da Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

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