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Vedute Marziane: Petrolio lucano

di Alessio Marchionna

La Veduta Marziana di oggi è quella di Guy Dinmore, corrispondente del Financial Times a Roma. L’articolo parla dello sfruttamento delle risorse petrolifere nelle aree protette della Basilicata. Non è solo un reportage dal nostro sud dimenticato. Ci aiuta a riflettere sulle scelte che il nostro paese sta facendo per superare le sfide del futuro. In particolare, su come il nostro governo risponderà a una domanda fondamentale: come far fronte all’inquinamento globale garantendo allo stesso tempo la crescita economica? Energie rinnovabili? Nucleare? Vedremo. Per il momento, la risposta non è delle migiori...

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«In Medio Oriente, i giacimenti di petrolio sono nascosti da deserti vuoti e aridi, mentre immense distese ghiacciate coprono quelli della Russia. Sfortunatamente per gli abitanti della Basilicata, una regione dell’Italia del sud, i giacimenti petroliferi terrestri più importanti di tutta l’Europa si trovano sotto foreste, terreni agricoli e antiche comunità rurali.

Fossi scavati tra querce e faggi fanno arrivare le condutture al complesso di Viggiano, dove il gas è separato e il petrolio viene mandato a una raffineria a 130 chilometri di distanza. Non sorprende che gli ambientalisti e gli abitanti della regione siano spaventati dai progetti delle compagnie petrolifere, tra cui l’Eni, il colosso dell’energia in parte ancora controllato dallo stato, Total, Shell e Exxon Mobil, che vogliono raddoppiare la produzione, in modo che il 10% del fabbisogno energetico del paese venga soddisfatto dalla Basilicata nei prossimi anni.

Gli attivisti hanno portato avanti una campagna dura e intensa negli ultimi 15 anni per far si che la Val D’Agri diventasse un parco nazionale. Alla fine ci sono riusciti, e nel marzo scorso è stata approvata una legge che definisce questi territori "area protetta", impedendo l’estrazione di risorse dal sottosuolo. Nonostante questo, l’Eni ha costruito una mezza dozzina di impianti dentro il Parco e molti altri appena al di fuori.

Le preoccupazioni sono aumentate nel corso di questo mese quando Stefania Prestigiacomo, ministro dell’ambiente e imprenditrice, ha rifiutato il commissario scelto dal governo regionale come garante della tutela del Parco, nominando un proprio commissario.

Il governo di centrodestra di Silvio Berlusconi sta anche preparando una legge che vuole togliere a regioni come la Basilicata il potere di veto sulla costruzione di impianti e infrastrutture. L’obiettivo del governo è quello di far aumentare la propria reputazione presso gli investitori stranieri.


L’inversione di tendenza della politica in favore dei grandi progetti industriali è iniziata quando il partito dei Verdi, i cui rappresentanti avevano svolto un ruolo chiave per bloccare alcuni progetti di questo tipo nel precedente governo di centrosinistra, sono usciti dal parlamento nelle elezioni di Aprile.

La maggior parte dei politici locali appoggiano i piani di espansione delle compagnie. Secondo molti questo atteggiamento è la conseguenza dei soldi che ricevono direttamente dall’Eni. Invece che portare ricchezza in una regione povera, quindi, queste attività non farebbero che aumentare il "clientelismo", che fa si che i soldi vengano spesi nel modo sbagliato.

Nonostante le promesse di nuovi posti di lavoro e investimenti, infatti, un quarto della popolazione di Grumento Nova, un paese situato nel cuore della Val d’Agri, ha deciso di emigrare. Gli abitanti locali danno la colpa dell’esodo all’inquinamento causato dal vicino complesso di Viggiano.

Pino Enrico Laveglia, un medico locale, ha fatto causa all’Eni perché crede che negli ultimi anni c’è stato un aumento significativo delle malattie respiratorie e di tumori tra gli abitanti, "Queste compagnie hanno portato con sé un vero disastro ambientale", ha detto Laveglia. "Prima del loro arrivo non c’era nebbia qui".

Anche gli abitanti raccontano la stessa storia: i giovani vanno via per cercare lavoro, sindaci corrotti prendono soldi dalle compagnie e l’inquinamento rovina l’agricoltura e il turismo. Quando dieci anni fa è iniziata la produzione di petrolio le loro aspettative erano alte, ma poi le promesse non sono state mantenute. Pochi credono nei sistemi di monitoraggio dell’ l’inquinamento e l’opinione comune è che la Basilicata stia sacrificando se stessa per il resto della nazione, ma nessuno in Italia lo sa.

Un’altra minaccia per queste zone idilliache viene dalla proposta di concentrare nella regione una discarica di scorie nucleari, necessarie per per rilanciare l’industria nucleare italiana. La decisione del governo di eliminare il potere di veto delle autorità locali potrebbe agevolare questo processo». Guy Dinmore, Financial Times, 17 Novembre 2008


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