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Valzer tra gli scaffali: un film di Thomas Stuber

A questo film si potrebbe abbinare la frase di una canzone di Mogol-Battisti: “è troppo grande la città per due che come noi non sperano però si stan cercando”. E' un film fatto di parole ma solo quelle necessarie, è più da sentire e lasciarsene prendere.

 Non c'è in realtà una grande città ma solo uno spazio sterminato, spoglio e non abitato attorno a un centro commerciale, affollato di scaffali e di muletti che girano tra essi e che spostano beni di consumo. Era una grossa ditta di trasporti prima della riunificazione delle due Germanie, così uno dei protagonisti, Bruno, che come altri ex autisti ora lavora nel grosso supermercato, dice tristemente di esser passato dalla guida di un tir a quella di un muletto. I viaggi di un tempo gli mancano e sente che tra non molto sarà troppo anziano per il lavoro tra gli scaffali; vive in solitudine poco lontano, e solitudine è quella che si coglie tra i colleghi stessi, ognuno con la sua auto parcheggiata fuori dal negozio, la riprendono per tornare a casa la sera quando è già buio. Paiono avere un po' di vita sociale solo all'interno del posto di lavoro.

Ci sono i due della canzone però, che non sperano però si stan cercando. Uno è Christian, nuovo assunto che viene affiancato a Bruno; taciturno, un giovane di pochissime parole e osservante con zelo della disciplina del posto di lavoro, un aspetto fisso e inquietante ma di cui si indovina un'anima gentile, mostra una rabbia contenuta per un torto che deve aver subito prima di quell'impiego. Per mezzo del grembiule da lavoro copre con cura ogni mattina i numerosi tatuaggi sulle braccia e sul collo. L'altra è Marion, sposa ancora giovane a un marito col quale ci vengono suggeriti dei rapporti burrascosi. Non felice evidentemente, cerca una persona gentile e la trova nel nuovo collega, che lei chiama novellino. Si cercano, si piacciono, durante un'assenza prolungata di Marion, Bruno dice al triste Christian che Marion tornerà presto, poi ci sarai anche tu, vedrai... Li vedremo assieme alla sepoltura di Bruno, che si è voluto congedare da tutto e tutti, e a quella vista diresti che il cor si riconforta (questo è Leopardi) .

Nessuna scena di sesso consumato ed esibito, la passione si sente, i due al massimo si danno un saluto all'eschimese, sfiorandosi coi rispettivi nasi. Il valzer non è l'unica musica del film, ricco di altri motivi e sembrano giri di valzer quelli che fanno i muletti correndo tra gli scaffali. Un altro suono si ode tra quegli scaffali, è il fruscio del mare, e sembra rendere leggiadro e romantico quel posto anonimo. Una favola triste e delicata, un film che si gusta ancora di più vedendolo due volte, si potrebbe accostare alle parole di un'altra canzone: a tapestry to feel and see, impossible to hold...(Carole King).

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