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Una destra moderata e una nazione in perenne attesa

Sta per finire il periodo di una destra allargata imperniata sul culto mediatico della sola persona di Silvio Berlusconi. Tuttavia, la cosa ai suoi sostenitori fa giustamente paura. Infatti, l’idea che il berlusconismo si concluda fa nascere nella mente di quelli che lo sostengono il timore di non avere più un Lord protettore, sancendo la fine del loro status quo. Da qui, gli attacchi a Fini spiegano bene la cosa, ma per la nazione: nulla di fatto!

Lungi da me l’idea di essere un apologista di destra e fermo restando la mia idea che al governo ci dovrebbe essere non una casta, ma cittadini eletti che governino - pro tempore e in pieno accordo alla nostra Costituzione - su mandato e in nome del popolo e per il suo sommo bene, ciò che sta avvenendo è cosa insperata e straordinaria. I valletti preferiti - e non - del princeps alla fine sembra che abbiano capito. Non c’è futuro per una certa destra a stare con l’uomo di Arcore.

Fa bene FareFuturo a ricordare Montanelli, che aveva storto il muso alla notizia dell’entrata in politica del portentoso uomo della Provvidenza, ma Ff farebbe altrettanto bene a ricordare quello che The Economist affermò al di là della Manica molti anni or sono: “Mr. Berlusconi is unfit to rule!” ossia “il signor Berlusconi è inadatto a governare!” Peccato che la destra, ora ribelle, a quel tempo non l’avesse capito, si sarebbero potuti risparmiare al Paese anni di inadempienze, inutili perdite abissali di tempo e denaro e soprattutto evitare di perdere del tutto la fiducia di quell’oltre 30% e passa di popolazione che non vota perché schifa de facto la casta, sia quella di centro-destra che di centro-sinistra. Certamente, si sarebbero potuti risparmiare anche anni e anni di immondizia mediatica instillata nelle menti di generazioni che sarà cosa ardua da recuperare - ormai il danno è fatto.

Scrive il web magazine Ff: Una destra che non vive di chiamate alle armi, di scelte di campo, di spettri comunisti, che non confonde la politica con l’imprenditoria, che non affonda nel populismo, che accetta la divisione dei poteri, che non brama l’onnipotenza e non adotta categorie feudali come la fedeltà al capo e il tradimento.”

Era ora! Per il bene di se stessi, va bene, ma un po’ tardi per il bene dell’Italia!

Già Casini, confidando - a mio parere - di ricreare buona parte della vecchia DC e un Centro forte all’indebolirsi di Berlusconi, scelse qualche anno fa di allontanarsi dall’alleanza con l’allora Casa delle Libertà. È ora la volta di Fini, anche se in modo più forzato, forse perché ha visto venir meno il suo delfinato alla successione del dominus et deus al massimo scanno del PdL. Infatti, il Presidente della Camera sembra essere consapevole di rimanere al fine ultimo l’unico vero futuro leader della destra italiana - l’unico che abbia competenza e carisma per esserlo. Questo spiega perché gli scribi al soldo del loro faraone si stanno dando un gran da fare per screditare il gran visir; chissà da quanto tempo era pronto il dossier “Montecarlo” nel cassetto del sempre presente veltro del re! Una cosa è certa: gran parte degl’italiani si sono accorti da tempo a quale risma appartengono certi giornalisti, ma quello che sta succedendo in questi giorni rasenta la meschinità più becera e il servilismo più stupido e subdolo! … e intanto, mentre il borgo fuori le mura brucia al fuoco della crisi e dell’ormai sempre presente regresso, giullari e buffoni di corte fanno a gara ad intrattenere il loro principe deridendo e additando il suo ex primo cavaliere che gli si è rivoltato contro. Chissà quanto durerà questa storia? Paradossi e inutili schermaglie vanno avanti ad oltranza, mentre questa nazione ha un disperato bisogno di essere governata; e il dopo Berlusconi non sarà certamente un gran momento: quello che è stato seminato, quello si raccoglierà!

In più il settimanale L’Espresso dà la notizia che l’opuscolo, che il governo pubblicherà in autunno per illustrare agli italiani le conquiste del governo del fare, è un’altra ennesima presa per i fondelli. Infatti, l’economista Tito Boeri demolisce punto per punto le tanto blaterate conquiste economiche del governo attuale. Ma detto tra noi: non c’è bisogno né di un settimanale né di un insigne economista per capire quello che è sotto gli occhi di tutti; basta guardarsi intorno per capire che nel Paese dei politici quaquaraquà per antonomasia, oltre a non governare, sembra non esserci più limite a nulla!

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