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Una buona scuola è possibile, basta volerlo

Il livello qualitativo della scuola italiana ha seguito negli ultimi decenni un percorso in costante discesa. Non siamo noi a dirlo, che pure della scuola siamo in larga parte utenti a vario titolo e abbiamo quindi percezione diretta del declino, ma è l’Ocse a ricordarcelo puntualmente, e tragicamente, attraverso i suoi rapporti periodici. Noi, in più, siamo i primi testimoni della deriva clericalista della scuola pubblica, a partire dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, che ha incorporato i Patti Lateranensi e quindi anche l’obbligo di impartire l’insegnamento del cattolicesimo, fino ai giorni nostri e passando per una serie di ministri che certo non hanno brillato per laicità.

Senza andare troppo indietro nel tempo: Luigi Berlinguer, in carica quando fu varata la famigerata legge sulla parità scolasticaLetizia Moratti, nota per aver tentato di escludere l’evoluzionismo dai programmi scolastici; Giuseppe Fioroni, patrono degli insegnanti di religione entrati in ruoloMariastella Gelmini, paladina della Bibbia a scuola; Francesco Profumopotenziatore dell’Irc; Maria Chiara Carrozza, avversaria del referendum bolognese; l’attuale Stefania Giannini, che difese le paritarie piemontesi quando posero il veto all’apertura di nuove scuole statali.

Oggi il governo Renzi, come del resto quasi tutti i suoi predecessori, promette che rivoluzionerà la scuola pubblica per far sì che diventi “l’avanguardia del Paese”, e per questo propone un piano articolato in ben dodici punti. Ci si chiederà come mai il governo ha presentato un piano e non una vera proposta di legge. In effetti il piano è stato concepito per essere discusso coinvolgendo i cittadini, e non solo chi nella scuola ci lavora ma tutti i cittadini, arrivando infine alla formulazione di una legge che tenga conto di quanto espresso. Perciò è nata la piattaforma di consultazione popolare La buona scuola, un sito articolato in una serie di questionari compilabili fino al 15 novembre nella cui intestazione campeggia una dichiarazione altisonante: “Vogliamo ascoltare tutti, perché qui non c’è un ‘noi’ e un ‘voi’. C’è solo la nostra scuola”. Ma sarà veramente così?

Guardando al passato non sembra che il “voi”, intendendo con questo la gente e i suoi pareri, sia mai stato tenuto molto in considerazione. Una proposta di legge per riformare la scuola italiana nata dal basso esiste già ed è stata presentata due volte in Parlamento, la prima nel 2006, forte di un’ampia mobilitazione, e quella successiva poco più di due mesi fa, con un nuovo testo le cui prime righe recitano: “Il Sistema Educativo di Istruzione Statale: 1. si ispira a principi di pluralismo e di laicità”. Che sia proprio questo il problema? Che sia il riferimento alla laicità ad aver minato alle fondamenta quella proposta del “voi”?

ertamente la lotta per la laicità fu alla base di un’altra iniziativa popolare, quella del referendum bolognese vinto da chi chiedeva all’amministrazione comunale di smetterla di finanziare scuole private a scapito di quelle statali, ma poi bellamente ignorato sotto la pressione del mondo cattolico e dell’ampia fetta di politici clericali tra cui, come già detto all’inizio, l’allora ministro Carrozza. Anche dalla stampa sono giunti più volte suggerimenti sul miglioramento della scuola; MicroMega ha recentemente dedicato al tema un numero intero zeppo di validi contributi, tra cui anche uno della responsabile Uaar per le iniziative legali Adele Orioli.

Comunque, il passato è passato e magari adesso la musica è cambiata. Magari c’è veramente un cambio di rotta verso l’accoglimento delle istanze dal basso e verso una scuola efficiente e laica. O magari anche no, perché in effetti scorrendo le pagine del questionario non c’è nulla che possa far pensare a una reale volontà in tal senso. Tutto sembra organizzato in modo che chi compila il questionario non possa realmente esprimere la propria opinione ma sia spinto ad approvare l’attuale contenuto del piano. Le uniche alternative sono le poche caselle in cui è possibile scrivere più o meno liberamente, ma comunque sempre sul tema della domanda a cui fanno riferimento. Domanda che non parla mai di laicità, non nomina mai le scuole paritarie private neanche laddove si parla di risorse, non cita l’insegnamento della religione cattolica neanche di striscio e men che meno fa un seppur minuscolo riferimento alle alternative ad esso. E dire che, come evidenziato nel sondaggio che l’Uaar ha commissionato alla Doxa, perfino i cattolici non gradiscono l’attuale impostazione dell’Irc, con docenti nominati dai vescovi e pagati da tutti.

Si parla comunque di ampliamento dell’offerta formativa e dei docenti, con l’eliminazione delle graduatorie a esaurimento e la formazione di un organico funzionale in grado di coprire le supplenze e potenziare l’offerta didattica, e questo potrebbe avere anche una funzione in chiave laica. Ancora troppo spesso, infatti, con la scusa della mancanza di risorse o di personale, molte scuole si rifiutano di attivare un insegnamento alternativo all’Irc. Di conseguenza, l’aumento dei docenti a disposizione “dovrebbe” convincere anche i più riluttanti a ottemperare a quello che è un loro preciso dovere, supportato da varie sentenze che hanno anche stabilito che non vi sono oneri a carico del singolo istituto scolastico. Perciò invitiamo a compilare il questionario cercando di evidenziare tutti gli aspetti che abbiamo trattato sopra. Nella speranza che serva realmente.

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