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Una Poesia contro il razzismo, di ieri e di oggi

Tanti sono i fatti e i misfatti che si sono consumati contro le persone che nel corso del tempo sono state costrette ad emigrare, dai loro luoghi nativi in tant’altri luoghi, in “patria” o nel cosiddetto estero. Per cercare esistenza, un destino migliore, fuggendo dalla fame e dalla sopraffazione.

In molti hanno perso la vita, uccisi, a seguito dell’odio rabbioso sollevato da vili mestatori, nullafacenti in arte e mestiere, professionisti della speculazione sulle sofferenze altrui, e di pratiche razziste dedicate ad oltraggiare l’altrui dignità umana. 

Numerosi sono i cittadini provenienti dalle sponde italiche che nel corso del tempo, emigrati nei luoghi più vari dei cinque continenti (assieme a tanti altri di diverso ceppo), per fame e disperazione, diventati “oggetti” di ludibrio, ghettizzazione ed assassinio.

O, diventati, schiavi, nell’esecuzione dei lavori più umili e faticanti. Pagando caro con il bene più prezioso, la vita, nelle “disgrazie” provocate dall’ingordigia altrui nei siti di lavoro. Proprio ieri si è commemorato il disastro di Marcinelle (Belgio) avvenuto in miniera – 8 agosto 1956 -, provocando la morte di 262 lavoratori. Centotrentasei sono gli italiani, provenienti da: Molise, Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Veneto (in memoria, per ricordare gli uccisi)

Tanti gli eventi singoli dove gli italiani sono stati presi di mira dalla furia sovranista dei razzisti locali. Fatti ubriacare dalle miscele imbevute d’odio propagate a piene mani. Una cronistoria lunga centosessant’anni di storia ( per ricordare l’era più recente). Si mette a parte l’assassinio scientifico razzista operato contro tutti i “diversi” della propagata razza eletta da parte nazifascista.

C’è una bella poesia dell’insigne aedo siciliano Ignazio Buttitta ( nato a Bagheria – Palermo il 19 settembre 1899, morto a Bagheria il 5 aprile del 1997).

U RAZZISMUIl razzismo. I versi sono belli e tragici, Si racconta la vita e la morte di un giovane italiano di Caliscibetta ( Enna) ucciso in Germania a ventun anni , per odio razziale. 

…..Sentite, che c’è proprio da udire, con il cuore e i sentimenti.

  • da Ignazio Buttitta,Il poeta in piazza, Feltrinelli, Milano 1974-

 

( a seguire il testo in italiano)

Era unu di chiddi, e sunnu tanti,
i canuscemu di facci e di pirsuna;
ca partinu ca sorti d’emigranti
ncerca di pani e ncerca di furtuna;
e c’è cu i chiama zingari e cu i chiama
genti du Sud parenti da fami.

Era unu di chiddi du travagghiu
c’havia i manu ricchi e i vrazza sani;
e na ciuccata dintra senza scagghiu
senza muddìchi e né crusti di pani,
e la ciocca aggiuccata cu la vozza
vùncia di chiantu nni li cannarozza.

Era sicilianu e carni nostra
Nunziu Lìcari di Catinanova;
di picciriddu sucava culostra
nta scorcia di sò matri, comu ova;
di granni appi spini e appi chiova
ventu e timpesta e mai un’arba nova.

E da Germania, pi disfiziu e pena,
scrivìa littri d’amuri e di focu:
“Si manciu o bivu agghiuttu vilenu,
semu spartuti ma u me cori è ddocu.
Cca sugnu un straniu, carni senza prezzu,
sùcanu sangu e dunanu disprezzu”.

C’è cu ritorna e c’è cu non ritorna
e lassa l’ossa dintra li mineri;
cu chiudi l’occhi e chiudi li sò jorna
senza li figghi allato e la muggheri;
e c’è cu resta ddà mortu ammazzatu
di manu strania supra u nciacatàtu.

Unu di chisti fu Nunziu Lìcari,
ora a famigghia ci arrivanu l’ossa;
e i picciriddi c’aspettanu u patri
tàliano a casa e ci pari na fossa:


scrivìa littri, e ora a littra è iddu
ammazzatu nnuccenti e a sangu friddu.

 

Il razzismo

 

Era uno di quelli, e sono tanti,
li conosciamo di faccia e di persona,
che partono con il destino d’emigrante
in cerca di pane e di fortuna;
c’è chi li chiama zingari e chi li chiama
genti del Sud parenti della fame.

Era uno di quelli del lavoro
che aveva mani ricche e braccia sane;
una covata in una casa senza becchime
senza molliche e senza croste di pane;
e la chioccia accucciata con il gozzo
gonfia di pianto nella strozza.

Era siciliano e carne nostra
Nunzio Lìcari di Catenanova;
da bambino succhiava colostro
nel guscio della madre, come uova;
da grande ebbe spine ed ebbe chiodi
vento e tempesta e mai un’alba nuova.

Dalla Germania, avvilito per la pena,
scriveva lettere d’amore e di fuoco:
“Se mangio o bevo inghiotto veleno,
siamo divisi ma il mio cuore è con voi.
Qui sono un estraneo, carne senza prezzo,
succhiano sangue e mi danno disprezzo”.

C’è chi ritorna, c’è chi non ritorna
e lascia l’ossa dentro la miniera;
c’è chi chiude gli occhi e chiude i suoi giorni
senza i figli e senza moglie vicino;
e c’è chi resta lì morto ammazzato
da una mano straniera sopra il selciato.

Uno di questi fu Nunzio Lìcari,
adesso alla famiglia arrivano le ossa;
e i bambini che aspettano il padre
guardano la casa e gli pare una fossa:
scriveva lettere, ora la lettera è lui
ammazzato innocente e a sangue freddo.
 

  • Il fatto di cronaca
    Nella cittadina tedesca di Rosenheim, in Baviera, il lavoratore siciliano Nunzio Lìcari di Catenanova è stato ucciso, domenica scorsa, dal tedesco Bergauer, di 21 anni, che lo ha brutalmente assalito con pugni e calci lasciandolo moribondo sulla strada. L’assassino ha dichiarato alla polizia che non conosceva la sua vittima e che aveva commesso l’omicidio perché si era accorto che si trattava di un italiano. “Io – ha aggiunto – non posso soffrire gli stranieri”.
    Il giornale bavarese “Muenchener Mercur” nel riportare l’avvenimento commenta che l’odio razziale, soprattutto contro gli italiani, è alla base del delitto. Nunzio Lìcari era padre di cinque figli e aveva avuto un passato di miseria.

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