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Un parco giochi per i bambini di Telabbas

(di Lorenzo Trombetta, Ansa).

Sono deserti gli scivoli e le altalene colorate, costruite con materiali di risulta del campo di profughi siriani a Telabbas, nel Libano del nord, all’indomani della morte di due bambini siriani in un altro campo distrutto da un incendio nella valle orientale della Bekaa.

Su una popolazione libanese di meno di quattro milioni, sono circa un milione e mezzo i siriani in Libano, fuggiti dalle violenze che da più di quattro anni infiammano il Paese. A Telabbas, pochi chilometri dalla frontiera siriana, si respira stamani un’atmosfera di lutto e di paura: la notizia della morte dei due bimbi nel campo di Marj, investito dalle fiamme ieri mattina, ha fatto calare sulle baracche e sul parco giochi, nuovo di zecca, i pensieri cupi di sempre: “Cosa ne sarà di noi?”.

Un mese fa tre bambini siriani erano morti in un altro incendio che aveva devastato un palazzo a Barr Elias, nella valle della Bekaa. E altri due avevano subito la stessa tragica sorte a marzo in una baracca a Dohat Aramun, a sud di Beirut.

Un clima di festa aveva invece dominato Telabbas solo pochi giorni fa. Dopo settimane di angoscia, alcuni capifamiglia avevano trovato i soldi per pagare l’affitto del terreno, di proprietà di un libanese della zona: tremila dollari all’anno non sono tanti per alcuni ma per i siriani che non hanno più nulla sono un’enormità. Il sussidio mensile che ricevono dall’Onu è di circa 15 euro per famiglia.

Per scrollarsi via l’angoscia, gli stessi capifamiglia, molti dei quali con un passato da operai edili in Siria o in Arabia Saudita, si sono messi all’opera per costruire giochi per bambini: “Per tre giorni è stato tutto un martellare saldare, verniciare, confrontare idee…”, racconta Alberto Capannini, uno dei volontari di Operazione Colomba presenti da un anno e mezzo nel campo di Telabbas.

“Abbiamo visto crescere dal nulla altalene, scivoli e giostre. Hanno lavorato persino di notte. L’entusiasmo era negli occhi dei bambini che vedevano i giochi tutti colorati, e in quelli dei padri, che finalmente hanno trovato un motivo per sentirsi utili, visto che qui il lavoro è un lusso per pochi”, prosegue Capannini.

Dal 2011 le autorità libanesi non hanno permesso la creazione di campi profughi protetti e raggiunti da servizi essenziali. In un Paese esteso quanto l’Abruzzo, sono sempre più saturi i territori del nord e della Bekaa, già abitati da segmenti vulnerabili della popolazione locale.

Citata stamani dai media di Beirut, Dana Sleiman dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) in Libano, ricorda che questi assembramenti informali sono spesso eretti in aree a rischio, senza alcuno standard di sicurezza e spesso non sono presidiati dalle autorità locali.

Guardando le altalene mosse solo dal vento, uno dei capifamiglia del campo di Telabbas ripete al volontario italiano: “Vogliamo che i nostri bambini abbiano un posto bello per giocare. Che sia come un piccolo luna park. In Siria ce n’erano moltissimi…”. (Ansa, 2 giugno 2015).

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