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Un paese per vecchi

Il cavaliere immortale, nonché il più grande premier della storia unitaria italiana, ha commesso un imperdonabile errore politico. E, si sa, che in politica un errore è peggio di un delitto.

Ha cacciato dal PDL la minoranza dissenziente finiana, rea di voler democraticamente discutere, senza diktat padronali, i problemi del Paese da affrontare e risolvere politicamente.

Ora vorrebbe tornare indietro, ma non sa che pesci prendere. S’è reso conto che non ha più una maggioranza parlamentare sicura, non vuole le elezioni che avvantaggerebbero solo la Lega, i sondaggi segnalano il declino della sua stella, ma non vuole mortificare il proprio ego narcisistico, né il proprio orgoglio, ammettendo di aver sbagliato.

Quel che lo ha perduto è il suo carattere autoritario e presuntuoso, che non tollera le obbiezioni di alcun contraddittore, anzi sfida tutti in maniera arrogante e spericolata. Ha sfidato la Magistratura, senza valutarne i rischi. La sua cultura politica è inconsistente, incapace di dar vita al cambiamento modernizzatore del paese. Anzi "è l’indotto delle corporazioni, degl’interessi organizzati", di cui è egli stesso espressione.

Il berlusconismo è, in sintesi, una concezione plebiscitaria del partito ed un’idea proprietaria delle istituzioni e dello Stato.

La sinistra non gode di salute migliore. Divisa in molte correnti, che fanno riferimento a capi che non intendono rinunciare al potere ed ai privilegi, che si combattono ferocemente per conquistarsi una parvenza di leadership, che dura in molti casi lo spazio di un mattino; non hanno idee da proporre ai cittadini per la risoluzione dei loro problemi, anzi sono arroccati a difendere lo status quo.

Forse la sinistra non ha interesse a vincere le elezioni, perché poi si troverebbe a dover fronteggiare quegl’interessi corporativi della società che facilmente controlla ed utilizza a fini elettorali, quando è all’opposizione.

In mezzo allo spettacolo desolante di queste due coalizioni politiche si staglia l’immagine di un paese disfatto ed in declino.

I problemi sono quelli di sempre, ma la condizione peggiore per drammaticità è quella dei giovani.

Un terzo di loro è senza lavoro: alcuni neppure lo cercano, né si dedicano allo studio, scoraggiati da una mancanza di prospettiva futura. Molti continuano a vivere con i genitori non si sa in attesa di che e fino alla depressione. Altri si assuefanno ad una vita da precari. Quelli, infine, che hanno buone basi scolastiche, hanno avuto la possibilità e la voglia di fare buoni studi ed hanno conseguito una preparazione adeguata e brillante emigrano per soddisfare le proprie ambizioni e procurarsi un futuro migliore.

Sopraffatti da una politica oscena ed inutile, afflitti da problemi di grave disagio sociale,al limite della sussistenza, ed abbandonati dai migliori che se ne vanno, ci avviamo a diventare un paese per vecchi.

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