• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Un fronte liberale e democratico per ricostruire l’Italia

Un fronte liberale e democratico per ricostruire l’Italia

Nulla sarà più come prima, nemmeno in politica. In molti lo andiamo sostenendo da molto tempo, con maggiore convinzione da quando la fallimentare parentesi della seconda repubblica si è sbriciolata impattando contro una crisi economica e sociale alla quale la stessa politica tradizionale non ha saputo fornire risposte adeguate; e da quando l'esperienza pubblica di Silvio Berlusconi ha dovuto riconoscere, probabilmente non senza che questi ne traesse di nuovo profitto personale, che un ciclo si è consumato e che occorreva cedere il passo a qualcosa di diverso e di migliore. E i segnali che, seppur prudentemente, continuano ad arrivare in questa direzione si fanno sempre più numerosi. Tanto che, come pure più volte ribadito, appare ineludibile che le imminenti elezioni amministrative rappresenteranno quasi una fastidiosa appendice di un sistema al collasso. E che immediatamente dopo lo spoglio delle schede tutti, a partire proprio dagli "stravaganti" partiti attuali, dovranno prendere atto di vivere una fase nuova dalla quale sono destinati a rimanere esclusi quei soggetti che rifiuteranno di concorrerne alla stabilizzazione proprio come sembrano auspicare di contro i cittadini.

L'indicatore più recente che conferma la rivoluzione concettuale già in corso è il documento della fondazione Italia Futura - il think-tank che fa riferimento a Luca Cordero di Montezemolo (nella foto) - intitolato "Cantiere Italia 2013" che per i contenuti può essere definito insieme un appello e una dichiarazione d'intenti. Firmato dal manager Carlo Calenda, dallo storico Andrea Romano e dall'economista e parlamentare Nicola Rossi è stato diffuso, come a volerne attribuire una valenza destinica, esattamente nella giornata conclusiva delle celebrazioni per il 150° dell'Unità d'Italia.

Le idee e gli obiettivi che ne emergono sono quanto mai chiari. Si parte proprio dalla disamina della grave crisi economica e finanziaria esplosa nel 2008 ma per mettere a fuoco le sue forti influenze sulle piattaforme identitarie e sull'agenda dei partiti politici del nostro Paese. Al punto da ventilare il rischio che, stretta fra i continui e trasversali casi di corruzione e di malcostume che li angustiano e la solita chiusura autoreferenziale per resistere alla foga antisistema della società civile nel tentativo di sopravvivere all'inevitabile rinnovamento culturale in atto, la politica nazionale non sia in grado di elaborare autonomamente una nuova offerta elettorale e programmatica che scommetta sul potenziale degli italiani e segua il sentiero ideale tracciato dall'incisiva azione riformatrice dell'esecutivo Monti. Circostanza che soffocherebbe le enormi energie creative e produttive del Paese condannandolo a un avvenire di rassegnate rinunzie in ambito globale.

E' proprio qui, rispetto all'eventualità di un orizzonte non completamente sgombro da foschi scenari, che interviene l'esigenza di aprire, in vista delle elezioni politiche del 2013, un cantiere per la costruzione di un fronte liberale e democratico che abbia pochi ma concreti punti di discussione e la fondamentale finalità di rimettere l'Italia su un percorso di sviluppo e di benessere. Ben sapendo, come sottolineano i rappresentanti di Italia Futura, che la politica tornerà legittimamente a dividersi ma forse non più su temi fino a qualche mese fa caldissimi come la giustizia e l'informazione, che comunque abbisognano di essere meglio registrati, ma sulle diverse visioni di economia e di società che ogni componente ha il dovere di mettere in campo.

In proposito, il quadro tracciato dalla fondazione vicina a Montezemolo sullo stato attuale di declino della politica non è per nulla azzardato e consente di immaginare nuove possibilità di iniziativa per quanti hanno a cuore le sorti del Paese da un punto di vista sinceramente riformatore e fuori dai consunti schemi ideologici della rissa permanente dell'ultimo ventennio. Il ritiro dalla scena di Berlusconi, infatti, con la sempre più evidente rinuncia del Pd a competere entro i confini delle politiche liberali per confermare ed anzi accentuare la propria vocazione progressista e socialdemocratica, aprono vere e proprie praterie nel mercato politico italiano fornendo l'occasione di ricomporre una vasta area culturale attorno a un progetto per il Paese capace di dare rappresentanza a quei milioni di cittadini, probabilmente la maggioranza, che non credono più che la risposta alle gravi questioni del presente e del futuro possa venire riesumando ricette del secolo scorso ormai usurate.

A riflettere bene, si tratta di ragioni che di recente stanno trovando asilo ed espressione anche in altri segmenti della politica stessa e dell'associazionismo. Da parte dell'associazione Libera Italia, ad esempio, fondata da assolute eminenze della cultura nazionale come Massimo Teodori (che la presiede), Luigi Covatta, Gianfranco Pasquino, Claudio Petruccioli, Giulio Giorello e Giovanni Sartori, e della quale già mi sono occupato nelle settimane passate, provengono auspici assai simili. Nel suo programma si legge che a causa della infame parentesi della seconda repubblica e delle promesse di rinnovamento non mantenute, è venuto meno il fondamentale rapporto fra elettori ed eletti, la corruzione del sistema politico si è estesa, la democrazia dell'alternanza è stata svilita alla mercé di un bipolarismo rozzo e inconcludente, fondato su forze dall'incerta cultura politica come Pdl e Pd. Il tutto ha finito per alimentare la deriva ribellista della società ai soggetti politici in quanto tali, del resto effettivamente ridotti a una "partitocrazia senza partiti". Con la conseguenza, anche nell'analisi di Libera Italia, che milioni di elettori oggi non sanno a chi dare fiducia.

Un bacino immenso e privo di rappresentanza, che dalle odierne rilevazioni demoscopiche pare identificarsi senza riserve nella coraggiosa e rigorosa azione riformatrice del governo Monti ma che rischia di non avere punti di riferimento quando fra un anno si recherà alle urne. Pure l'associazione di cui è presidente il prof. Teodori, così come la fondazione Italia Futura, ritiene che quel vuoto ideale possa essere colmato solo creando un'aggregazione di forze liberali guidate dalla stella polare della modernizzazione e animate dal comune progetto di affrontare le sfide degli anni duemila senza volgere lo sguardo al passato, respingendo le politiche di destra o di sinistra ispirate al massimalismo e al populismo come pure quelle appiattite su uno smorto moderatismo. Perché tutti gli ideologismi, come la storia insegna, finiscono nel conformismo.

C'è poi il Terzo Polo, l'unica componente politica che a dispetto dei numeri attuali sta dimostrando di essere sintonizzata col reale sentimento popolare sostenendo con coerenza e senza nulla a pretendere il governo di Mario Monti. Anche da quelle parti si parla in questi giorni di "cantiere Italia", in particolare fra le fila di Futuro e libertà che è l'anima forse più laica e liberale di un rassemblement ancora tutto da definire a livello di prospettiva. Da Pietrasanta, sede della convention di Fli, Gianfranco Fini ha lanciato un messaggio inequivocabile e molto coincidente con quelli innanzi riassunti, provenienti dall'area montezemoliana e da Libera Italia: la politica che verrà sarà diversa da quella di oggi, e non solo per le "combinazioni" fra le forze in campo. Da questa consapevolezza bisogna trarre stimolo per spingere il Paese nella "terza repubblica", riedificandolo sui pilastri repubblicani del liberalismo e del riformismo democratico e dicendo addio agli steccati ideologici e alle inutili nostalgie per profili identitari che storicamente hanno diviso l'italia e che non hanno più ragione di esistere. Il '900, insomma, è finito e i concetti di destra e di sinistra ancorati a quel periodo vanno considerati per ciò che davvero sono: misera archeologia politica.

All'Italia sono pertanto necessari un progetto e un soggetto all'altezza di realizzarlo "centrali" ma non centristi, innovatori ma non moderati, alternativi a quanti - a destra come a sinistra - confondono la piazza con la democrazia e riescono a restare a galla solo in virtù della chiamata alle armi contro un "nemico" da abbattere. Progetto e soggetto, inoltre, che servono per unire politicamente i tanti italiani di buona volontà disposti ad impegnarsi per la crescita del Paese in assolutà discontinuità con tutti i governi della seconda repubblica. E in continuità con l'esperienza di Mario Monti. Una piattaforma, infine, che promuova il liberalismo anche in economia come sta appunto provando a fare il governo dei tecnici e che punti a rafforzare i processi democratici coinvolgendo quei cittadini sempre emarginati, specialmente dal 1994 in poi, e investendo sulla loro capacità d'azione e di giudizio. Perché per ricostruire un rapporto di reciproco rispetto tra Stato e corpo sociale bisogna passare, in democrazia stessa come nel welfare, dalle vecchie concezioni basate sull'appartenenza e sull'assistenza a nuovi modelli che antepongano la responsabilità condivisa e premino il merito.

Questa è pertanto la sfida che attende le forze politiche, le associazioni e le singole sensibilità della società civile chiamate a contribuire alla nascita di una grande aggregazione liberale e riformista, per fornire agli italiani una proposta vincente e credibile che vada oltre i recinti tradizionali degli schieramenti della seconda repubblica e resista alle nostalgie della prima. Tuttavia, affinché le condizioni per un effettivo rinnovamento politico si realizzino, è ovvio che molto dipenderà dalle regole con le quali l'anno prossimo gli elettori - se ancora ne avranno voglia - dovranno esprimere il loro consenso. Ma il tentativo va fatto a prescindere, anche se non si farà in tempo a cambiare l'indecente legge elettorale vigente, sapendo che in questo momento è possibile occupare lo spazio lasciato vuoto dall'incapacità di altri come forse mai era avvenuto prima. E sapendo, altresì, che in pochi mesi possono verificarsi ancora molti fatti significativi capaci di stravolgere ulteriormente il panorama politico rendendo finalmente superata l'anomalia dell'incivile bipolarismo italiano.

 

Sì, più passa il tempo e più aumenta la sensazione che alle prossime elezioni politiche potrebbero essere tre le maggiori offerte programmatiche in campo: una conservatrice/populista imperniata su quel che rimarrà della vecchia alleanza fra Pdl e Lega; una di stampo social-laburista e progressista costruita attorno a quel che rimarrà invece dell'attuale Pd; ed una appunto liberale e riformatrice, capeggiata magari da uno degli attuali ministri e pronta a ricevere ulteriori apporti e contributi (da Walter Veltroni?) e a sorprendere tutti approfittando delle debolezze e delle contraddizioni, destinate presto o tardi ad esplodere grazie anche all'azione del governo Monti, degli altri due contendenti. Chi vivrà vedrà.

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares