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Un bene sequestrato dallo Stato alla mafia andrà alla Chiesa di Palermo per edificare una parrocchia

L'agenzia per i beni confiscati alla mafia comunica che in adesione adesione alla richiesta in tal senso formulata dall’Arcivescovo di Palermo – Cardinale Paolo Romeo, il Consiglio Direttivo dell’ANBSC, presieduto dal Prefetto Giuseppe Caruso, nella seduta del 26 febbraio u.s.. ha deliberato la destinazione al Comune di Palermo di un terreno facente parte del compendio aziendale della Ienna Giovanni Srl, società confiscata e in liquidazione, per essere assegnato alla Curia Vescovile per la edificazione di una chiesa parrocchiale intitolata a Don Pino Puglisi; è ubicato nel quartiere Brancaccio del capoluogo siciliano.

Contestualmente, con separato atto, il Sindaco di Palermo ha concesso, a titolo gratuito, alla Parrocchia di San Gaetano – Maria SS Divino Amore, i terreni anzidetti.
 
Sempre sul sito dell'Agenzia si legge che “di recente si è appreso che il progetto in argomento è lo stesso che Don Pino Puglisi, nel luglio del 1993 (meno di due mesi prima della sua barbara uccisione), aveva commissionato ad un tecnico fiduciario.”
 

Ma si si ricorda anche che “il progetto di costruzione della parrocchia intestata a Don Pino Puglisi nel difficile quartiere Brancaccio di Palermo con la contestuale realizzazione di un adiacente centro sportivo polivalente assume un elevato valore simbolico e sociale e si inquadra in un momento storico di particolare coinvolgimento collettivo ove si considera che nel giugno 2012, il Santo Padre ha autorizzato la promulgazione del decreto per la beatificazione di Don Giuseppe Puglisi”.
 
Ma perché donare beni confiscati alla mafia alla Chiesa? Ad uno Stato laico cosa dovrebbe importare che, con tutto il rispetto che si possa nutrire verso Don Puglisi, ucciso dalla mafia, sia stato promulgato il decreto per la sua beatificazione?
 
Il problema è sociale ed etico. La Chiesa colma quella lacuna che lo Stato, anche volutamente, lascia che sia tale, ovvero delega alle parrocchie gli interventi nelle zone rionali o nei quartieri periferici più difficili, quando in realtà dovrebbe essere lo Stato ad intervenire e non la Chiesa.
 
Perché non edificare su quel terreno una scuola? Magari una scuola contro le mafie? No, si decide invece di destinare, gratuitamente, alla Chiesa, nel nome di Don Puglisi, un terreno sequestrato alle mafie. Siamo nel 2013 ma si continua ad operare e ragionare come nel 1200. Deve essere lo Stato e solo lo Stato con le sue istituzioni, con la società civile e laica a dover intervenire anche e non solo nel campo infinito delle mafie. Perché invece si continua a delegare il tutto alla Chiesa? Probabilmente lo Stato si sente in colpa per la morte di Don Puglisi e pensa, con tale atto, di ripulirsi la coscienza, ma serve ben altro per avere una coscienza libera e pulita, come prima cosa si deve rompere quell'omertà di Stato pro-mafia, che regna ancora sovrana.

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