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Un po’ Harlem, un po’ Gomorra

Ogni volta che sono all’estero e pronuncio la parola Napoli, e mi chiedono: "Gomorra"?


Io rispondo No! American Gangster.

Già: per me Napoli è anche un pò Harlem, non solo Gomorra.

Harlem è anche l’altra faccia della medaglia, non solo quella di chi riesce a costruire virtuosi imperi grazie alla polvere bianca, ma anche quella di chi la mattina finge di contrastare la criminalità organizzata, e la sera nasconde le mazzette del boss sotto la cuccia del cane.

Gomorra è solo la Napoli massacrata dalla camorra e dall’ignoranza.
Gomorra è solo la Napoli trucidata dalla criminalità e dalla prepotenza.
Gomorra è solo la Napoli che interessa a giornali e telegiornali.

Per chi ancora non avesse visto lo stupendo film di Ridley Scott con Denzel Washington e Russell Crowe, American Gangster è la storia di Harlem degli anni ’70, quartiere di Manhattan, ed è la vera storia di Frank Lucas (D. Washington) trafficante internazionale di droga e Boss di Harlem. American Gangster è anche la storia di Richie Roberts (R. Crowe), detective ebreo ed incorruttibile. Richie i problemi ama risolverli davvero, e cerca di estirparli alla radice, indagando sia sui traffici di droga e sulle varie piazze di spaccio, sia sulla corruzione e sulla concussione che dilagano nel suo commissariato.

Indaga sui topi di fogna, ma anche sulle talpe in famiglia.

Richie riuscirà a scomporre pezzo per pezzo tutti i tasselli che compongono
il sistema perfetto che mortifica Harlem e la sua gente, grazie a Frank, indotto a pentirsi, e grazie ai suoi nomi. Questo film mi ritorna in mente, ma soprattutto mi ritorna in mente la domanda finale di Frank a Richie, ogni qualvolta leggo notizie come questa.

L’ennesimo ristorante che chiude per "camorra".

Chiuso dopo quattro attentati del racket in cinque anni. Il racket o le estorsioni, per alcuni sociologi sono i ricatti morali, economici e sociali. Anch’io ho un amico che subisce il racket. Anzi, "il pizzo" Made in Italy.

Ma subisce un’altro tipo di pizzo.

Non quello che fa chiudere fabbriche e ristoranti, ma quello che li tiene in vita. Subisce il pizzo perchè viene sottopagato in un pub. Il pizzo, o meglio in sociologia, subisce un ricatto morale, economico e sociale. Per intenderci, Genny, il mio amico è ’nu buon guaglion. Va a giurisprudenza, tiene 28 anni, dopo 7 anni tra 1 pò si laurea. Lavora in un pub il sabato e la domenica, per 30 euro al giorno. Il mio amico Genny sogna di fare il magistrato, non quello che li arresta, ma quello che li fa arrestare. Ogni volta che li vede, quelli che si vengono a prendere la "mesata" nel pub... li vede.

Li arresterebbe, vorrebbe farli arrestare, sognerebbe.

Ma piuttosto che ripassare il condizionale, abbassa la testa e va a lavorare. Così come abbassa la testa ogni sabato e domenica sera. Ogni tanto lavora tanto, tanto di più, guarda il suo titolare ed abbassa la testa. Allunga la mano, si prende i 30 euro, e senza Irpef , senza Inps, senza Inail, senza Cgil Cisl o Uil, si mette sulla Vespa e se ne torna a casa.

Il Titolare subisce il pizzo. Genny subisce il pizzo. E’ una ruota infernale.

Però purtroppo le associazioni anti-racket nascono solo per i titolari, non per i buoni ’uaglioni.

E non dimentichiamo Monnezzopoli.

Forse se "l’emergenza monnezza" non ci fosse stata non ci sarebbe stato nemmeno Berlusconi IV.

L’Italia intera dovrebbe ringraziare Napoli se oggi abbiamo Berlusconi
con il 70% dei consensi
. Vedere la monnezza sfruttata in campagna elettorale come "conditio sine qua non" è stato stupendo. Un’ immagine che resterà nella storia della politica italiana.

Credo che il governo Prodi sia caduto per la monnezza e non per Mastella. Grazie agli incendi dei cumuli, alle manifestazioni contro le discariche. L’Italia che affogava nella diossina tutti i giorni veniva ripresa dal Time, dal Washington Post, dall’ Equipe, dal The Guardian, dal New York Times. Poi l’ 8/5/08 Berlusconi ritornò ed ecco che l’Italia tornò a risplendere. Una spruzzatina mediatica di Wc-Net ed ecco ritornare i cinesi con le macchine fotografiche. I cinesi sono tornati, ma non sono più tornati milanesi e veneziani.

Da quando hanno saputo che dalle mie parti arrivavano i loro rifiuti tossici hanno deciso di rinunciarci. Si sono trovati di fronte ad un bivio che li poneva nell’imbarazzante situazione di scegliere tra loro stessi o i rifiuti tossici.

Hanno scelto per la seconda opzione.

Meglio una pizza con la sottiletta che con la mozzarella alla diossina. Le verità è che Gomorra non descrive la verità, ma descrive una verità.

Una parte della verità.

L’altra parte, quella della grande piaga del lavoro nero, quella della strategia dell’emergenza rifiuti, ma anche quella dei 23 vigili urbani arrestati per abusi edilizi, quella dei politici intercettati che giocano a dama con le poltrone, è e resta solo l’altra parte.

Quella di Harlem, di American Gangster.

Quella che non vincerà l’Oscar con Gomorra, quella che non sarà un’etichetta negativa. Quella che si conosce, ma troppo poco. Quella che si combatte, ma troppo poco. Quella che però è la parte fondamentale, ciò quella che rende il sistema inefficiente.


La domanda che fa il boss Frank al detective Richie è:

"Ma è vero che hai trovato 1 milione di dollari nel bagagliaio di un auto e li hai restituiti?" "Ma allora quanto vuoi, dimmi cosa vuoi?"

Ed il detective Roberts risponde: "Voglio i NOMI".

A Napoli i nomi sono di quelli che oggi puntano il dito, e domani già hanno dimenticato le magagne che hanno fatto ieri.

A Napoli i nomi sono di quelli che conoscono i problemi ma leggono i giornali. E soprattutto sono i nomi di chi pretende di risolvere i problemi, guardando i telegiornali.

Proprio come se stessimo in Italia.

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