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Jobs, un folletto buddista

Non un Buddismo ascetico e di contemplazione, ma a proprio uso e consumo, come è tanto di moda tra le persone che “contano”, con il quale Steve Jobs è riuscito a coniugare la filosofia orientale con i soldi, tanti soldi, l’essere vegetariano con l’inquinamento ambientale in modo sfrenato.
Dopo alcune settimane dalla scomparsa di Steve Jobs, necessarie per elaborare il lutto e i drammi interiori nel sentirsi orfani, si può tentare di vedere con distacco l’operato di questo strano buddista che ha fatto del consumismo e della tracotanza la sua ragione di vita.
 
Una scomparsa che non ha condotto all’estinzione dei barracuda capaci, con genialità, di distrarre dalla quotidianità le persone e di sfruttare le debolezze dell'umanità per fare soldi sui sogni altrui.
 
Non un Buddismo ascetico e di contemplazione, ma a proprio suo uso e consumo, come è tanto di moda tra le persone che “contano”, con il quale Steve Jobs è riuscito a coniugare la filosofia orientale con i soldi, tanti soldi, l’essere vegetariano con l’inquinamento ambientale in modo sfrenato.
 
Sin dall’inizio Jobs è stato geniale nel scegliere una mela, già logo dei suoi amati Beatles, modificandola con un morso, per marchiare il suo primo pc e poi per tutta la catena Apple e soprattutto per la collezione identificata con il magico prefisso – i – per impacchettare prodotti costosi da identificare con facilità, invogliando l’acquirente a riconoscere con un oggetto, rendendolo succube. Una scelta che ha portato Steve Jobs a confrontarsi con i Beatles per la mela della discordia.
 
IPhone è solo della Apple, ma gli Smartphone sono di molte marche, come i walkman, mentre sono solo della compagnia di Steve Jobs gli iPad. Con i suoi prodotti trend, Steve Jobs focalizza la sua grande capacità, superando l'epoca del pc dai volumi semplicemente funzionali e utilitaristici, nel perfezionare la linea e rendere appetitosi i prodotti sviluppati da altri.
 
Uno stilista dell’hi-tech che ha contribuito in modo smisurato a colmare le discariche africane e asiatiche, stimolatore della creatività, ma senza incrementare l’occupazione negli Stati Uniti, irrispettoso dei Diritti Umani, sfruttando la manodopera, e delle normative ambientali in Cina.
 
Sentire la mancanza di una persona è giusto, è umano, ma forse sono altre le persone di cui dovremmo sentire la loro mancanza e magari dedicare un pensiero a chi è vittima della fame e dei conflitti, senza alzare l’iPhone, stile tifo da stadio.
 
Mago dell’apoteosi capitalista, capace di insinuare, tra i tanti nobili pensieri delle persone, il desiderio travolgente di possedere un oggetto particolare, necessario alla propria sopravvivenza, ad un prezzo rilevante per molti e molti disposti a tutto per ottenerlo.
 
Un oggetto bello e costoso che rende le persone uguali nel credere di essere individui speciali, innalzati dallo stato di mediocrità da un insieme di microchip di minerali come il coltan, spesso provenienti da aree di conflitto, ma che la Apple, per evitare imbarazzi, ha scelto di aderire al Conflict-Free Smelter, un programma statunitense per rendere pubblico l’utilizzo e la provenienza di tali minerali, optando per altre fonti.
 
I primi iPhone, come anche i primi iTablet, non erano riusciti poi tanto bene, ma nessuno è perfetto, specialmente quando ha fretta e fa i gattini ciechi, come la gatta del proverbio, per raccogliere i soldi degli ingenui imbambolati dalle luci di un futuro migliore, grazie ai giochini di Steve Jobs.

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