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Trump: un confuso retrogrado

Con la fine del primo Millennio si erano intravisti i primi sintomi di una geopolitica fatta di alleanze variabili, ma oggi, nel secondo Millennio, stanno scomparendo gli schieramenti, anche se spesso mettevano insieme improbabili "amici", per far posto alla variabilità dei fronti e la velocizzazione di questo processo lo si deve in gran parte all’attuale presidente statunitense.

Le iniziali scelte isolazionistiche in politica estera e quelle poste a mettere in prima fila l'interesse per la sua “America” ha reso gli Stati uniti non più sinonimo potenza autorevole e in quanto tale ascoltata, ma di una nazione inaffidabile che offre ai suoi alleati, prima che amici, le occasioni per guardarsi intorno e allacciare nuovi e inverosimili legami non solo commerciali.

Trump, in poco tempo, si è inimicato i paesi mussulmani con le sue restrizioni migratorie, a gran parte degli europei non è simpatico e col pianeta Terra ha intrapreso una guerra senza quartiere con l'archiviazione del "Clean Power Plan", revocando il programma di tagli alle emissioni degli impianti a carbone, spalleggiato da Scott Pruitt, responsabile dell'agenzia federale Usa dell'ambiente (Epa), nell'abbandonare gli Accordi di Parigi, mettendo in discussione le prove del cambiamento climatico.

Più che un conservatore, il presidente di quelli che erano gli Stati Uniti, è un retrogrado che potrà mettere al bando i libri sull’evoluzione e mettere in discussione tutta la scienza.

Il regnante saudita si reca a Mosca, dopo aver visto Erdogan a braccetto con Putin, non solo per interessi economici derivanti dai prezzo del petrolio, ma anche per definire lo scenario siriano e decidere l'esito del conflitto in Siria, lasciando per la seconda volta Trump fuori dai giochi mediorientali.

Quello che i sauditi e i turchi non riescono a sopportare dagli Stati uniti potrebbero tollerare dai russi, acquistando sistemi d’armamento che permetteranno ad Erdogan e a re Salman di avere degli arsenali misti russo-statunitensi, per poterli studiare e mettere a confronto.

Non è ben chiaro se Trump è più contrariato dal fatto che i turchi e i sauditi acquistino i sistemi di difesa aerea S-400 russi o dal fatto che i tre paesi lavorino per far sedere al tavolo dei negoziati per rappacificarsi con la Siria, preservando l'integrità territoriale, i rappresentati governativi e un’opposizione unita.

Sta di fatto che Trump si trova in difficoltà quando con degli alleati come la Turchia, membro strategico della Nato, deve fare i conti con vedute e interessi divergenti, oltre al fatto di adottare dei sistemi difensivi differenti.

Il rapporto tra Trump e il suo entourage è un continuo contraddittorio, sottoponendosi a grotteschi e repentini voltafaccia.

Il presidente cambia opinione come le mutande, per le mutande è un augurio, per le opinioni è una sciagura, che confonde tanto quanto il suo voler cancellare ogni scelta del suo predecessore Obama e da far sospettare che sotto quella chioma non c’è poi molto.

Più che “American first” è una America sola, come il presidente davanti ai giornalisti quando i suoi ministri sono in disaccordo con le dichiarazioni di quel momento, nel voler sanzionare l’Iran per delle pretese violazioni all’accordo sul nucleare, quando la Ue e la Russia lo smentiscono.

Gli Stati uniti stanno diventando una macchietta nello scacchiere internazionale e il voler fare la voce grossa con Cuba e con l’Iran, mettendo con la prima a rischio l’apertura all’imprenditoria turistica e con la secondo la reputazione di una nazione della quale non ci si può fidare se con un presidente si firmano degli accordi e con un altro si vengono messi in discussione, anche con la Corea del nord ha difficoltà a trovare un comportamento condiviso, rendendo la Corea del sud e il Giappone sicuri con l’alleato statunitense.

Anche l’avviare le pratiche per uscire, dopo aver disconosciuto gli accordi parigini sull’ambiente, dall’Unesco, non rende Trump e il suo paese popolare.

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Qualcosa di più:

Trump Il commesso viaggiatore tra i sauditi e gli israeliani
Trump: un elefante nella cristalleria del Mondo
Trump: un uomo per un lavoro sporco
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Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.227) 19 ottobre 2017 11:08

    Trump si è inimicato i Paesi musulmani? La verifica dei fatti ci dice che i suoi predecessori ne hanno fatto amichevolmente fuori a milioni. E se è vero che le minacce e gli insulti feriscono la sensibilità delle persone è anche vero che le bombe feriscono tutto il resto. Finora l’acrimonia di Trump verso gli islamici si è concretizzata nell’abbandono di ogni supporto diretto o indiretto all’ISIS, sostituito da un fattivo impegno nel combatterlo. Questo ha sicuramente ferito alcuni islamici: l’Arabia Saudita e i regimi suoi affini in primo luogo, ma anche l’aspirante Sultano turco, non credo che abbia ferito gli islamici brutalizzati da ISIS: i siriani ad esempio. Dal loro punto di vista, pragmaticamente, credo che preferiscano la maleducazione di un Trump alla buona educazione di una Hillary Clinton.
    Riguardo all’impegno sul clima effettivamente Trump ne ha fatte di grosse assai, ma bisogna pure considerare il fatto che i suoi predecessori, incoraggiando con le delocalizzazioni un massiccio trasferimento di impianti produttivi in altre parti del mondo, non hanno fatto molto di più. Considerato che il Pianeta è uno, non fa differenza se un’azienda americana inquina in Messico o in Cina piuttosto che negli USA; la differenza è solo nel tasso di disoccupazione interna e nella concentrazione dei profitti in poche mani. E siccome Trump è stato eletto col robusto contributo di quelli che un tempo lavoravano nelle aziende americane in america, si capisce facilmente il motivo per cui Trump sta ritirandosi da certi impegni sul clima e sta facendo pressing sulle aziende affinché tornino ad inquinare in casa.
    Riguardo ai rapporti con gli altri Paesi del mondo sicuramente il maleducato Trump ha spiazzato tutti: è riuscito perfino a disgustare gli europei, che tradizionalmente, da 70 anni a questa parte, sono stati del tutto dipendenti dagli USA e di botto si sono trovati senza più direttive. Ma questo per un cittadino europeo non è necessariamente un male perché, forse, ora, i leader europei si occuperanno con maggiore ed esclusivo impegno dei suoi legittimi interessi.
    Ad esempio sembra che Trump non sia interessato a proseguire sulla strada tracciata dalla educatissima Hillary Clinton dell’avvio di una nuova Guerra Fredda. Detto francamente, da cittadino europeo, a me non sorrideva molto l’idea di essere trascinato in un incomprensibile conflitto con la Russia per difendere i golpisti ucraini, peraltro pure fascisti, messi al potere dalla gentile Hillary. Per questo, pragmaticamente, preferisco la Bestia alla Bella.
    Circa il dossier Iran devo dire che apprezzo il greve umorismo trumpiano. Congresso, mass media, benpensanti politicamente corretti, lobby varie, hanno sempre insistito sul "Delenda Teheran", trovando ovviamente un argine nell’Amministrazione, che rendendosi conto delle conseguenze, si è premurata di non arrivare mai al conflitto giostrando con dilazioni e minacce vuote.
    Ora che Trump si è unito al coro del "Delenda Teheran", tutti quelli che sostenevano la linea dura si trovano a dover frenare per le ovvie conseguenze disastrose che avrebbe un conflitto con l’Iran. In primo luogo, di nuovo, gli europei. Ma anche un insospettabile New York Times, che si è premurato di ricordare le "inesattezze" sulle quali il Presidente fonda la sua bellicosità anti iraniana. Non è divertente? Per certi versi Trump ricorda Bertoldo, il contadino rozzo ma furbo che tiene testa al potente re Alboino.

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