• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Salute > Traffico marittimo e salute: 50000 morti in Europa e danni irreversibili (...)

Traffico marittimo e salute: 50000 morti in Europa e danni irreversibili per l’ambiente

Eravamo convinti che le emissioni inquinanti “terrestri” da parte di centrali elettriche, industrie o traffico veicolare fossero, almeno in Europa, le più preoccupanti per la salute umana.

Ebbene ci eravamo sbagliati, o meglio abbiamo ignorato o comunque sottovalutato per troppo tempo come lo sviluppo rapido dei trasporti marittimi fosse diventato un protagonista primario dell’inquinamento atmosferico globale, con conseguenze rilevanti per l’ambiente marino costiero, per quello sottomarino e per le specie ittiche presenti negli oceani e nei mari intorno all’Europa..

In questa “disattenzione generale”, qualcuno ha seguito da vicino il fenomeno, ne ha analizzato l’impatto e partecipa ai lavori dell’ECCP, l’European Climate Change Programme.

Si tratta di due ONG (Organizzazioni Non Governative) Seas At Risk e Transport & Environment le quali, insieme a AirClim, North Sea Foundation, European Environmental Bureau e Bellona Foundation, hanno anche pubblicato in un documento comune, “Air pollution from ships”, un’analisi sui danni connessi allo sviluppo dei trasporti marittimi nell’area di competenza europea: Mar Baltico, Mare del Nord, area nord est dell’Atlantico, Mediterraneo e Mar Nero.

Ma l’incremento delle emissioni delle navi cosa provoca? Ecco una breve sintesi.

JPEG - 28 Kb
Paolo Domenici (CNR - IAMC)

Danni per la salute umana a carico dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio sono provocati, con circa 50.000 morti l'anno in Europa, dai fumi emessi dal traffico internazionale di navi, contenenti anidride solforosa (SO2) e ossidi di azoto (NOx). Per gli effetti rimandiamo al rapporto dell’Agenzia regionale protezione ambientale del Veneto. Ovviamente non mancano le polveri sottili e ultrasottili, più note come PM10 e PM2,5 e inferiori, che vengono trasportate nell’aria anche sotto forma di una specie di aerosol e contro le quali le mascherine di protezione non servono a nulla, come sostiene Giovanni Marsili, direttore del reparto Igiene dell’aria dell’Istituto superiore di sanità, nel numero di gennaio di IL, il mensile del Sole 24 ore. Infatti più sono sottili le polveri più esse oltrepassano le barriere del naso e della gola per finire, quando inferiori a 4,7 micron, direttamente nei bronchi con “azioni infiammatorie e tossiche” e cancerogene (foto).

• Il riscaldamento del pianeta dovuto alle emissioni di gas serra individua come responsabile principale l’anidride carbonica cui le navi già nel 2007 contribuivano per oltre “1 miliardo di tonnellate” e che “in assenza di politiche di mitigazione potrebbe raddoppiare o addirittura triplicare entro il 2050”. Il rapporto precisa che sarebbe sufficiente ridurre la velocità di navigazione di un 10 per cento per ridurre “il consumo di carburante di circa il 20 per cento con un corrispondente calo delle emissioni di CO2 “ riducendo anche le emissioni di biossido di zolfo o anidride solforosa e particolato.

JPEG - 25.5 Kb
Penetrazione delle polveri nell’apparato respiratorio
Penetrazione nell’apparato respiratorio delle polveri in realzione alle loro dimensioni (Wikipedia)

Oltre il noto processo di eutrofizzazione delle acque costiere (effetto dell’uso di fertilizzanti e detersivi), il mare, a causa dell’incremento della concentrazione di anidride carbonica sta anche modificando lentamente il normale livello di acidità (processo di acidificazione) che minaccia la sopravvivenza dei pesci e di altri organismi marini. Questo fenomeno è fra l’altro oggetto di due recenti ricerche condotte da Paolo Domenici (foto) dell’Istituto per l’ambiente marino costiero del CNR di Oristano (Iamc-Cnr) e pubblicate su Biology Letters e Nature Climate Change. La conclusione è che “l’incremento negli oceani della CO2, aumentata del 40% negli ultimi duecento anni e stimata per la fine del secolo tra 700 e 900 parti per milione contro le attuali 380 ppm, abbia enormi conseguenze sul comportamento e la sopravvivenza di numerose specie marine”. Per la verità Martin Rees, presidente della prestigiosa Royal Society già tre anni fa aveva affermato che se le emissioni di CO2 non verranno dimezzate entro il 2050 (rispetto ai valori del 1990) i cambiamenti alla biodiversità dei mari saranno irreversibili.

Alla luce di queste informazioni che sono solo una parte di un problema molto complesso in cui è in gioco la qualità della vita o, in modo più stringente, la vita stessa degli abitanti attuali e futuri del pianeta, la salvaguardia dell’ambiente marino, storicamente, è stata sempre sacrificata sull’altare del business dei trasporti marittimi o della pesca indiscriminata.

Per citare un esempio, è solo del 1973 una Conferenza per la prevenzione dell’inquinamento da navi a Londra. E da allora il ritardo su questi temi è cambiato ma la massima istituzione internazionale, l’IMO, l’Organizzazione Marittima Internazione dell’Onu, ha impiegato anni per far adottare con la convenzione Marpol, dopo trattative con i 37 paesi firmatari, olio combustibile con il 4,5% di zolfo nel 2005, che è sensibilmente superiore al combustibile usato per autotrazione.

Eccezione a questa situazione sono le aree speciali definite SECA (Sulphur Emission Control Areas) che riguardano Mar Baltico e Mare del Nord incluso il Canale della Manica dove la percentuale di zolfo deve essere contenuta dal luglio 2010 entro l’1%. Ma il Mediterraneo non rientra in queste Aree speciali e gli stati membri costieri, come l’Italia, non fanno nulla per richiederne l’introduzione.

JPEG - 41.2 Kb
Depositi ossidi di zolfo e azoto
Fonte: Air Pollution from Ships. Elenco paesi con alta percentuale di depositi inquinanti atmosferici di zolfo e ossidi di azoto imputabili al traffico marittimo (dati 2008-EMEP European Monitoring and Evaluation Programme)

Un altro piccolo miglioramento riguarda le emissioni di ossidi di azoto delle navi di nuova costruzione che, entro il 2011, dovranno essere tagliate del 20% rispetto allo standard del 2000.

Per tutti i porti dei paesi UE è invece prevista l’utilizzazione di combustibile allo 0,1% per i soli traghetti passeggeri e per le navi che superano le due ore di ormeggio in porto.

Nel complessivo incremento del trasporto marittimo in generale si è inserito, almeno nel Mediterraneo, un “nuovo tipo” di turismo, quella crocieristico, che in Italia è balzato dai 2 milioni e 389 mila passeggeri del 2000 agli oltre 9 milioni del 2010 con oltre 5.000 toccate (accosti) nave, ma che nel 2011 ha superato i 10 milioni di passeggeri.

Alle navi da crociera, veri e propri paesi galleggianti con migliaia di persone a bordo , il rapporto “Getting a Grip on Cruise Ship Pollution” di Ross A. Klein per Friends of the Earth, addebita emissioni quotidiane che per una sola nave da crociera sono paragonabili a quelle di circa 12.000 automobili. Dovrebbe pure creare qualche allarme che “una nave come Explorer of the Seas di Royal Caribbean International produca ogni giorno oltre 150.000 litri di acque reflue e ben 19 tonnellate di rifiuti solidi”.

JPEG - 83.8 Kb
Porto di Civitavecchia - Agosto 2011

I fumi delle navi, che in assenza di venti, creano una vera e propria nuvola sui porti molto visibile da lontano, emanando talvolta un odore acre nell’aria, sono stati percepiti come una vera e propria minaccia anche dagli stessi cittadini delle città portuali. E sull’onda delle proteste, sono nate associazioni locali che hanno organizzato manifestazioni e convegni come AmbienteVenezia che ha anche pubblicato un dossier che evidenzia i danni in laguna causati dal moto ondoso delle navi che passano a pochi metri da piazza San Marco, ma anche le emissioni di fumi nocivi che ricadono sulla città. Anche il movimento Nessun Dorma, a Civitavecchia, ha avanzato all’Autorità portuale la richiesta di installare le banchine elettrificate (shore connection) almeno per le navi da crociera e una centralina per il monitoraggio della qualità dell’aria in porto, ammesso che i fumi delle navi con camini alti 60 metri ricadano nell'area utile della centralina. 

Nonostante qualche Autorità portuale sbandieri progetti di "Green Port'' si tratta solo di buoni propositi. E rimane valida la domanda su come si possa risolvere un problema di inquinamento ambientale quando ben 8 navi da crociera siano ormeggiate in un porto, contemporaneamente ad altri traghetti e navi da carico. Ammesso infatti che il carburante utilizzato sia conforme alle normative, è il numero e la dimensione delle navi che complessivamente genera una situazione insostenibile.

Tutto questo è noto alle Istituzioni pubbliche del settore ma manca la giusta attenzione e la volontà e, in questo modo si allontana di fatto qualsiasi soluzione. Eppure non sarebbe impossibile limitare questo inquinamento abnorme. Per ottenere successo è indispensabile la convergenza di alcuni fattori, normativi, politici, finanziari e tecnologici.

I primi due richiedono un’attenzione e una pressione dell’opinione pubblica, mentre l’aspetto finanziario dipende dalle scelte di investimento pubblico, un po’ come accadde per l’ammodernamento del parco automobili.

Le tecnologie sono l’unico fattore in continuo sviluppo, in parte già disponibili, e non hanno particolari problemi di applicazione per ridurre efficacemente l’inquinamento ambientale da fumi.

Il rapporto Air pollution from ships fa riferimento ad alcuni sistemi o tecnologie conosciute anche con il nome di Clean Shipping Technology. Tra questi, lo “Scrubber”, un dispositivo utilizzabile per il filtraggio di oltre il 90% circa di anidride solforosa e particolato, poi ci sono i sistemi di abbattimento dell’azoto contenuto nei fumi (IEM), e ancora l’iniezione di acqua diretta (DWI), i motori ad aria umida (HAM), il ricircolo dei gas di scarico (EGR) e soprattutto l’SCR, Selective Catalytic Reduction. Si tratta di una tecnologia adottata anche dai camion negli Stati Uniti, che riduce quasi a zero le emissioni di ossidi di azoto (NOx) e gas serra.

JPEG - 10.5 Kb
Cinderella - Viking Line

Così, a fronte di tante soluzioni, poco impiegate, è dalla Svezia che ci arriva un esempio di cosa si dovrebbe fare. La compagnia Viking Line, sulla nave Cinderella, ha infatti adottato l’SCR, abbattendo le emissioni di ossidi di azoto (NOx ) del 97%, utilizzando anche carburante a basso tenore di zolfo (<0,5%). E c’è anche un’altra buona notizia perché la Cinderella quando è ormeggiata nel porto di Stoccolma connette gli apparati di bordo alla rete elettrica di terra (shore connection) evitando di tenere i motori di bordo in funzione, con un ulteriore vantaggio per l’ambiente. E qualcosa cambia sui carburanti: dal 2013, la Viking Line introdurrà una nuova nave che come combustibile utilizzerà gas naturale liquefatto...

Come si comprende gli adeguamenti “ambientali” delle navi sono costosi ma è solo così che si può ridurre l’inquinamento, investimenti che però gli armatori italiani non sembrano intenzionati a sostenere. Anzi è accaduto che a fronte delle proteste dei cittadini delle città portuali, causate dal sensibile contributo all’inquinamento dell’aria delle navi da crociera, il presidente degli armatori italiani, d’Amico, non abbia trovato di meglio che minacciare di lasciare lo scalo portuale.

Ma in un mondo dove i guadagni sono di pochi e i costi spesso rimangono a carico della collettività, quanto potrebbe risparmiare la sanità pubblica impegnata in una corsa ad arginare gli effetti prodotti dalla inattività delle nazioni e delle compagnie di navigazione per abbattere, in Europa, l’inquinamento ambientale prodotto dal traffico marittimo?

Secondo le ONG che hanno redatto il rapporto Air pollution from ships i risparmi sarebbero valutabili in circa 64 miliardi di euro l’anno.

Così, una risposta su cosa fare parrebbe semplice e immediata ma a condizione di dare almeno lo stesso valore alla vita delle persone. Ci rendiamo però conto che qualcuno crede che il male capiti sempre ad altri, così…

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.111) 8 febbraio 2012 06:50

    Fa piacere che si sfati finalmente un tabù ossia l’esistenza dell’inquinamento marino, almeno lo era per la mia città di residenza, Civitavecchia, che fino alla scorsa estate non si era accorta di questo problema nonostante il porto ed i suoi traffici avessero raggiunto livelli da record ed il cielo; duarnte l’estate si tingesse di giallo/rossastro in particolare condizioni atmosferiche.Tuttavia non dobbiamo fare ostracismo, quale paladino dello Sviluppo Sostenibile ho persino fatto una proposta a costo zero, idrovora sonica, un sistema che rompe le molecole dei carburanti delle navi con gli ultrasuoni e, migliorando la combustione, riduce sia il consumo di carburante, del 7-8% ( ma essendo grandi quantità quelle consumate da una nave il risparmio è notevole) ed abbatte l’emissioni inquinanti di circa il 30%. Ebbene nonostante nn ci siano costi da parte dell’armatore ma solo vantaggi il sistema viene ignorato. Un armatore ha dovuto alzare le mani perchè nonostante avesse constatato i vantaggi dopo un anno di prova su una nave, per non mettersi contro i suoi amministratori che avevano un contratto legato al consumo dei carburanti, ha dovuto rinunciare. Poi della riduzione dell’inquinamento chi se ne frega!!!
    Non demordiamo, sono a disposizione di qualsiasi armatore a cui interessano i guadagni e non rimane indifferente ai benefici ambientali che se ne potrebbero ricavare da certe azioni. 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares