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Tra Battisti, Tolomei e Ida Dalser: i pasticci trentini di Mussolini

Un paio di anni orsono venne diffuso, con un discreto successo, il film "Vincere!", diretto da Marco Bellocchio e interpretato da Filippo Timi e Giovanna Mezzogiorno in cui si raccontava, in particolare, la difficile e tormetata storia d'amore tra Benito Mussolini e Ida Dalser, parrucchiera ed estetista trentina di Sopramonte (Trento), dalla quale nacque Benito Albino. 

Nessuno dei due sopravvisse: subito dopo la Prima Guerra Mondiale, infatti, il futuro "Duce del Fascismo" sposò Rachele Guidi (dalla quale ebbe cinque figli: Edda, Vittorio, Bruno, Annamaria e Romano, quest'ultimo sposato in prime nozze a Maria Scicolone, sorella di Sophia Loren, dalla quale ebbe Alessandra - in gioventù attrice, oggi deputato - ed Elisabetta) e si liberò di una compagna ormai scomoda facendola internare nel manicomio criminale di Pergine Valsugana e poi in quello di Venezia, dove morì e venne sepolta in una fossa comune.

Il figlio non fu da meno: arruolato nella Regia Marina, al rientro in Patria venne pure lui ricoverato nel manicomio di Mombello di Limbiate dove morì per essere sepolto in un'altra fossa comune.

Come tutti sappiamo, Mussolini era figlio di Alessandro, fabbro di Dovia di Predappio (Fc) di fede socialista, ideale che anche i figli Benito, appunto, e Arnaldo (nomi che richiamavano Benito Juàrez, presidente del Messico che si oppose all'occupazione francese e fece fucilare Massimiliano d'Asburgo, fratello di Francesco Giuseppe) e Arnaldo da Brescia (arso sul rogo dopo che Federico Barbarossa lo vendette al Papa dopo che aveva proclamato il Libero comune di Roma) condivideranno perlomeno sino alla vigilia dell'intervento, e di Rosa Maltoni, maestra elementare, di cui lo stesso Benito seguirà inizialmente le orme, per poi darsi alla politica e passare attreaverso diverse esperienze politico-sindacali sia in Patria che all'estero (principalmente in Svizzera).

Nel 1909 si trasferisce in Trentino, allora parte dell'Impero Austro-Ungarico all'interno del Tirolo, come dimostra la cartina qui sotto riportata.

Carta del Trentino-Tirolo nel sec. XIX

 

Qui strinse amicizia con Cesare Battisti (anch'egli socialista), geografo e giornalista sposato con la bresciana Ernesta Bittanti, dalla quale ebbe i figli Luigi (Gigino), Livia e Camillo, tutti in seguito dichiarati antifascisti (Gigino morì nel 1946 in un incidente ferroviario mai chiarito vicino a Sessa Aurunca, Sa) e con lei fondatori del giornale socialista trentino "Il Popolo", contrapposto a "Il Trentino" diretto da Alcide de Gasperi, deputato, come Battisti, al Parlamento dell'Impero Austro-Ungarico ma nel Partito Popolare [Cattolico] Trentino (dopo la Prima Guerra Mondiale, divenuto cittadino italiano, aderirà al Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo per poi divenire, sempre con Sturzo, principale fondatore della Democrazia Cristiana).

Accanto a quella di Battisti si andava, tuttavia, affermando in quegli stessi anni la figura di un altro irredentista roveretano, Ettore Tolomei, cugino - per parte di madre - di Alida von Altenburger [meglio nota come Alida Valli], di cui in effetti parla diffusamente nelle sue "Memorie di vita" (Milano, Mondadori, 1948).

Discendente alla lontana della dantesca Pia de' Tolomei (ma tale pretesa non è mai stata realmente e totalmente dimostrata) e - al contrario di Battisti - di fede nazionalista, avversò sempre e comunque l'idea del conterraneo che avrebbe voluto fissare il futuro confine a Salorno, mentre il roveretano fece di tutto (riuscendovi) affinché esso venisse portato al passo del Brennero ufficialmente per farlo coincidere con lo spartiacque alpino, in realtà per alzare un muraglione che avrebbe dovuto definitivamente separare il nostro Paese dall'Austria (indipendentemente che essa rimanesse o meno una Monarchia): il suo odio per gli austriaci (alimentato dal fatto che uno zio aveva combattuto a Bezzecca - dal 2010 frazione di Ledro - al fianco di garibaldi) era, infatti, tale che per tutta la vita egli perseguì, di fatto, la distruzione dell'Impero Asburgico, cui assistette mentre (come Battisti, ma con maggiore fortuna) combatteva nelle nostre file. Al termine del conflitto Tolomei entrò nel Parlamento Italiano nelle file nazionaliste al fianco del conterraneo e amico (nonché compagno di fede) Guido Larcher (in seguito generale della Milizia) passando infine nel Partito Nazionale Fascista. Entrambi i politici trentini divennero in seguito senatori, ma mentre all'indomani del 25 Luglio 1943 Tolomei (approfittando anche dell'età relativamente avanzata) si ritirò a vita privata nel maso di Gleno (Montagna, Bz), dove venne in seguito arrestato dai tedeschi che lo deportarono dapprima a Dachau e poi in Turingia (dove fu liberato paradossalmente dai sovietici, tanto che per i nipoti fu faticoso ottenerne il rilascio), il che gli evitò l'epurazione e la conseguente perdita del titolo di senatore, Larcher rimase fedele al Regime sino all'ultimo perdendo, insieme al rango, anche la pensione (verrà parzialmente riabilitato solo nel 1948).

Ma anche i rapporti tra Battisti e Mussolini furono tutt'altro che facili: pur manifestando sentimenti irredentisti e favorevoli all'annessione all'Italia, il patriota trentino desiderava, infatti, che questa avvenisse per volontà popolare e garantendo maggiori diritti ai ceti meno agiati, mentre l'ex-maestro romagnolo tentò invano di realizzare quanto sarebbe di lì a poco avvenuto in Russia (v. ns. articolo "Il modello di Mussolini? Stalin!"), influenzato in questo, oltre che da quelle marxiste, dalle teorie di Nietzsche e del "superuomo" che nel nostro Paese trovarono un acceso sostenitore e divulgatore in quel Gabriele d'Annunzio da cui lo stesso Mussolini deriverà molti dei suoi rituali, il saluto romano e slogan tra cui il celebre "Ejà! Ejà! Ejà! Alalà! Alalà!" (derivato dagli antichi greci, che lo urlavano come simbolo di incitamento e di vittoria).

In ogni caso la morte non risparmiò a Battisti la strumentalizzazione della sua figura da parte di Mussolini e del Fascismo (in seguito anche dall'Antifascismo, tanto che molte formazioni partigiane - tra cui quella in cui militò Tina Anselmi - ne portavano il nome), che ne volle perpetuare la memoria in numerose raffigurazioni tra le quali quella oggi presente all'interno del Monumento alla Vittoria a Bolzano, che al di là delle facili considerazioni ideologiche resta comunque un autentico obbrobrio architettonico (personalmente ho sempre sostenuto che se fossi un antico Romano ne domanderei la rimozione e sostituzione con una struttura molto più in tono con l'ambiente dolomitico).

Il Monumento alla Vittoria a Bolzano in una foto d'epoca

 

Ad ogni buon conto il Trentino-Alto Adige non ha mai realmente portata fortuna a Mussolini: benché negli ultimi anni si sia andato affermando nella nostra Regione un consistente movimento neofascista, è, tuttavia, altrettanto vero che all'indomani del 25 Luglio e, soprattutto, dell'Armistizio, il Trentino-Alto Adige venne unito alla provincia di Belluno andando a costituire l'Alpenvorland (= Circoscrizione Prealpina), avamposto nazionalsocialista nelle Dolomiti e teatro di aspri combattimenti nonostante la Resistenza Trentina non sia certo da paragonarsi - perlomeno come intensità - a quella del resto d'Italia (i martiri più illustri sono Gian Antonio Manci di Trento, amico e compagno di fede di Cesare Battisti, torturato dai tedeschi e suicidatosi per non tradite i compagni, e Pio Battocletti di Fondo, caduto in Valcamonica combattendo in una formazione partigiana locale), e solo alla fine della Guerra tornerà entro i nostri confini anche in seguito agli Accordi Degasperi-Gruber (1946), benché ancora oggi un esiguo ma battagliero movimento nazionalista e irredentista sudtirolese [già facente capo al Südtiroler Volkspartei (SVP), fondato da Silvius Magnago, ex-ufficiale dei Granatieri di Sardegna e poi della Wehrmacht, mutilato di una gamba in Unione Sovietica, ed oggi dai Freiheitlichen (= Liberali, ma decisamente di destra) e da Ein Tirol] chiede insistentemente la restituzione del Sudtirolo (o Alto Adige che dir si voglia) all'Austria, richiesta questa tuttora ripetutamente respinta non soltanto dal nostro Governo, ma anche dalle Organizzazioni Internazionali (ONU, Unione Europea, ecc.), per le quali l'appartennenza al nostro Paese continuerà ad essere implicitamente considerata legittima sino a quando esso rimarrà nell'ambito delle Democrazie Liberali.

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