• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > Thanksgivukkà e l’intelligenza ebraica

Thanksgivukkà e l’intelligenza ebraica

Un articolo sulla "intelligenza ebraica" si presta a facili equivoci e ad altrettanto facili polemiche, ma una riflessione pacata forse ci sarà concessa.

Primo dato

Un articolo de Il Foglio titola “Gli ebrei d’America stanno morendo di laicità”.

Che incuriosisce perché è voce abbastanza diffusa, ma evidentemente fasulla (a parte ciò che riguarda gli ultraortodossi), che gli ebrei in genere facciano vita a sé e che siano piuttosto legati alle loro tradizioni e tetragoni al mondo esterno.

In realtà dice l’articolo, citando il New York Times, “si tratta del ‘primo sondaggio in dieci anni’ sullo stato di salute dell’ebraismo statunitense. Dati choc per un fenomeno conosciuto ma mai davvero analizzato scientificamente. Il matrimonio interreligioso è salito al 58 per cento (...), e arriva addirittura al 71 per cento per gli ebrei non ortodossi”.

La conseguenza è ovvia. Non nascono più ebrei ‘puri’ (per usare una terminologia adatta alla bisogna) e anche quei “mezzi ebrei” figli delle coppie miste tenderanno ovviamente a considerare sempre meno stringenti i legami culturali o religiosi con le origini ebraiche del genitore ebreo.

L’articolo afferma anche “che due terzi degli ebrei non appartiene a una sinagoga, un quarto non crede in Dio e un terzo ha un albero di Natale in casa durante le feste. La secolarizzazione riguarda anche l’educazione: due terzi degli ebrei americani non impartisce ai figli una educazione ebraica”.

Particolare non trascurabile nella transitoria "fusione" delle tradizioni il fatto che quest'anno la festa più importante della tradizione americana, il Thanksgiving day, e quella tipica ebraica, la festa delle luci chiamata Channukkà, si festeggino nello stesso giorno, immediatamente ribattezzato Thanksgivukkà. La prossima volta capiterà di nuovo fra 79mila anni (così ho letto, non so se sia vero), mica scherzi.

Insomma buona parte della comunità ebraica americana sta lentamente “evaporando”. Non abbiamo dati né su quella sparsa nel resto del mondo né su quella israeliana (dove una certa recrudescenza del sentimento religioso è stata notata negli ultimi tempi, ma partendo comunque da dati tradizionali relativamente bassi in confronto agli standard cristiani o, tantopiù, islamici). Ci troveremmo dunque di fronte alla lenta ma progressiva sparizione di uno dei più antichi gruppi etnico-linguistici e culturali della storia, nella sua componente non israeliana.

Secondo dato

Se uno chiede a quanti ebrei è stato conferito il Premio Nobel, la maggior parte delle persone penserà ad Albert Einstein, ovviamente.

Poi, per motivi di vago orgoglio nazionale (italiano), qualcuno magari si ricorderà anche di Rita Levi Montalcini o, i più raffinati, di Emilio Segrè o di Franco Modigliani. Gli appassionati di letteratura preferiranno ricordare invece Saul Bellow e Elia Canetti. Oppure Nadine Gordimer.

Quasi nessuno invece penserà a Boris Pasternak., l’autore del famoso Dottor Zivago.

Quest’anno il premio Nobel per la fisica è stato assegnato al belga François Englert - collega del più noto Peter Higgs, padre del bosone omonimo - e il Nobel per la Medicina a due americani, Randy Schekman e James Rothman; mentre il premio per la Chimica a tre scienziati Martin Karplus, Michael Levitt e Arieh Warshel.

Higgs a parte, tutti gli altri hanno origini ebraiche.

Se uno volesse approfondire la questione può visitare un sito specifico, il JEWISH NOBEL PRIZE WINNERS che elenca i tanti nominativi di persone, ebree o figlie di almeno un genitore ebreo, vincitrici di Nobel.

Che sono pari al 22% di tutti i Nobel assegnati da sempre per la Chimica, al 39% dell’Economia (vi prego evitate le prevedibili battute su ebrei e quattrini!), al 12% della Letteratura, al 26% della Fisica e al 27% anche per la Medicina.

Mediamente quasi il 25 per cento di tutti i Nobel assegnati nella storia del premio è andato ad un ebreo e se si tiene conto che tutti gli ebrei sparsi nel mondo sono circa lo 0,5 per mille dell’intera popolazione mondiale (circa 14 milioni su 7 miliardi di persone), la percentuale di premi Nobel attribuiti ad ebrei appare a dir poco strabiliante.

Insomma, c’è una vistosa e innegabile sproporzione fra la percentuale dei premiati e l'incidenza della popolazione ebraica su quella mondiale.

Questa cosa è nota e molto spesso si sente parlare, con malcelata invidia o con insopportabile supponenza, di una non meglio definita “intelligenza ebraica”. Il che ci porta ad un passo (o forse anche oltre) da discorsi decisamente razzisti.

Ma non esiste alcuna razza ebraica, naturalmente; anzi il più noto degli ebrei moderni, quell'Albert Einstein già citato, alla domanda posta sul modulo d’ingresso negli Stati Uniti che chiedeva a quale razza appartenesse, rispose seccamente “umana”. Alla razza umana. Perché esiste una sola razza, quella umana appunto, come gli studi di genetica più recenti hanno dimostrato in maniera inequivocabile.

Allora, se escludiamo drasticamente qualsiasi ipotesi "genetica", perché esiste una sproporzione così eclatante fra i tanti Nobel attribuiti a scienziati ebrei e il numero di ebrei viventi nel mondo ?

Una battuta circola da tempi immemorabili nelle comunità ebraiche e dice che là dove ci sono due ebrei ci sono almeno tre pareri diversi (e forse è nella tradizione ebraica che affondano le radici della litigiosa "sinistra" politica).

Lo stesso concetto è espresso, in modo più articolato dal rabbino romano Di Segni: “La società occidentale è abituata a definizioni precise, a dogmi, alla necessità di inquadramenti dottrinali; la condizione ebraica, (...) rifiuta di formulare, tranne che in rarissime eccezioni, principi dogmatici e verità assolute”.

Due ebrei, tre pareri discordanti è il modo popolare e burlesco di definire l'assenza di dogmatismo della tradizione culturale e religiosa ebraica.

Adesso forse possiamo fare una riflessione seria, aliena da qualsiasi razzismo, filo o anti ebraico, e ipotizzare come dei tre monoteismi (cioè delle tre tradizioni religiose che ruotano attorno al Mediterraneo e che hanno dato origine, influenzandosi fra loro e con le componenti non religiose, alla civiltà di tutto il mondo, a parte l’Estremo Oriente) l’ebraismo sia l’unico che non ha mai adottato un modo di pensare dogmatico, fatto di verità assolute. In cui, di conseguenza, la ricerca della verità - qualunque sia l’argomento trattato, a partire dall’essenza divina per arrivare alla fisica quantistica - è frutto di dialettica, di un pensiero relativamente libero, di approfondimenti nel dibattito, di una capacità di tenere fuori dalla mente le idee preconcette e, appunto, i precetti dogmatici.

Non è, o non è sempre stato, così per tutto, alcuni dogmatismi esistono anche nell’ebraismo, ma l’antichissima abitudine al pilpul - l'analisi dettagliata ed interpretativa dei testi che in italiano potremmo definire "spaccare il capello in quattro" - ha reso la cultura ebraica ben diversa da quella cristiana, da sempre assuefatta ai dogmatismi stabiliti dall’alto e dall’alto imposti a ottundere le menti; come anche da quella tradizione islamica che era ben libera e capace di produrre altissima curiosità e cultura nei secoli d’oro della sua espansione, ma che forse ha smesso progressivamente di essere produttrice di idee e di cultura scientifica (ma non di arte) almeno dal X secolo, da quando fu imposta una lettura letterale - quindi non interpretabile - del Corano.

Non è senza significato che islàm significhi "sottomesso (a Dio)" mentre Israele - che fu il nuovo nome di Giacobbe - significa "colui che ha combattuto con Dio e ha vinto". 

Allora possiamo dedurre che l’alta percentuale di Nobel ebrei non dipende da una inesistente maggiore “intelligenza ebraica”, ma da una tradizione millenaria scevra di dogmatismi e capace al contrario di produrre curiosità, domande, stimoli di ricerca e quindi, alla fine, anche un'intelligenza più plastica e multiforme.

Un'intelligenza che si è sviluppata maggiormente in ambito scientifico che in quello umanistico e, in questo contesto, più in ambito romanzesco che in quello poetico; che deve molto invece alla tradizione arabo-andalusa del IX-XIII secolo (ma poi sviluppata perlopiù in Italia).

Forse per essere poeti si deve essere più "sottomessi" all'ineffabile che capaci di dibattere pervicacemente su ogni questione; anche se poi si rischia di perdere, appunto, la capacità critica.

Insomma, si parla di tradizioni culturali, non di razze; spero che questo sia chiaro.

Nel mondo occidentale, visto l'alto grado di assimilazione, come abbiamo visto all'inizio dell'articolo, e una certa percentuale di emigrazione verso Israele (per motivi politici o religiosi) dall'altra, la presenza ebraica tende a rarefarsi. Con un sottile rischio di impoverimento delle capacità puntigliosamente dialettiche che sono forse il più importante retaggio della cultura ebraica. Da cui potremmo imparare a "spaccare il capello in quattro" e a non adattarsi mai alla conoscenza acquisita ritenendola intoccabile. Nemmeno a quella ebraica, ovviamente.

Per chiudere questo articolo mi piace inserire una citazione tratta da "Sono ebreo, anche", di Arturo Schwarz:

"Può sembrare paradossale che una persona come me - che si professa anarchico e quindi ateo e, per giunta, surrealista - rivendichi la sua ebraicità e che proprio nell'ebraismo trovi i motivi che rafforzano le sue convinzioni. In realtà, tutto ciò sarebbe contraddittorio se nell'ebraismo non fossero enunciati le stesse aspirazioni e gli stessi principi fondamentali che hanno determinato la mia filosofia di vita. In sintesi: il rifiuto del principio d'autorità, la brama di conoscenza, il rispetto del diverso, l'anelito di giustizia, il rispetto della natura, il diritto alla felicità, il riconoscimento della valenza salvifica e iniziatica della donna".

Non è robetta trascurabile.

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.189) 30 novembre 2013 00:30

    Non essendo razzista non ho particolare confidenza con le classificazioni razziali degli uomini.

    Le razze sono abituato ad attribuirle ai cani. E qui succede un fatto strano: nel mondo dei cani i bastardi sono intelligenti, mentre i cani di razza sono stupidi. Non è difficile trovare i motivi, nei bastardi c’è una ricchezza genetica e di esperienza che i cani di razza solitamente non hanno.

    Nel mondo degli uomini mi vorrebbero far credere che esiste una razza superiore alle altre.
    Boh? Per la mia esperienza dovrebbero essero più stupidi.

    Ma se i premi Nobel si potessero comprare forse una spiegazione la troverei ...

  • Di Lucidus (---.---.---.180) 30 novembre 2013 07:55

    Che bravo !

    Dichiarandosi non razzista, forse ateo, ma visibilmente ossessionato dal ebraismo e parlare di una superiorità della dialettica ebraica...
    Che inganno! E quasi magico!
  • Di (---.---.---.254) 2 dicembre 2013 19:51

    Stavolta devo complimentarmi con lei: bell’articolo.

    Peccato che non le sia ancora chiaro che oggi un "sionista" definirebbe Arturo Schwarz un ebreo self-hater.

    P.S. Anche la radice del marxismo affonda nell’humus della cultura ebraica.

    • Di (---.---.---.161) 2 dicembre 2013 20:17

      Peccato che lei, più anonimo del solito, non sappia esimersi dal decidere a priori che cosa direbbe tizio di caio e viceversa. E che ciò che dice tizio può essere condivisibile per caio, tranne quando tizio dice cose non condivisibili da caio. E viceversa. Ma non per questo caio, essendo d’accordo ma anche in disaccordo con tizio, debba essere considerato "merdaccia nazionalista", come lei, sempreché sia lei, è abituato a definire.

      In altre parole lei è talmente lontano dalla logica ebraica che non capisce altro che un assoluto. Ponendosi a priori in opposizione ad essa.

      In ogni caso, di Arturo Schwarz leggo da Wikipedia "Nato in una famiglia di origine ebraica, da padre tedesco e madre italiana, visse in Egitto fino al 1949, quando ne fu espulso per la sua presunta attività sionista". Perbacco, c’è scritto proprio "sionista"...

      Poi leggo che lo stesso "È membro della board of governors dell’Università di Tel Aviv, della Bodalerle Accademy of Art and Design di Gerusalemme e del Tel Aviv Museum of Art; è membro fondatore e honorary fellow dell’Israel Museum di Gerusalemme e del Tel Aviv Museum of Art, oltre ad essere membro fondatore della Università Ben Gurion del Negev... Nel 1996 gli è stata conferita dall’Università di Tel Aviv la Laurea Honoris Causa di Doctor Philosophiae...Ha donato parte della sua collezione di opere d’arte, soprattutto dadaiste e surrealiste, ai musei di Tel Aviv e di Gerusalemme... ha donato una sua collezione di 700 pezzi di opere d’arte all’Israel Museum di Gerusalemme".

      Un’attività intensa e di continua collaborazione e riconoscimenti per e con le istituzioni israeliane. Sarà anche un ebreo self-hater, ma di sicuro non un israeli-hater.
      Saluti

      FDP

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.161) 2 dicembre 2013 21:01
      Fabio Della Pergola

      Che le radici del marxismo affondino nella cultura ebraica è noto. Avrà pure scritto le scemenze de "La questione ebraica" ma qualcosa avrà pure assorbito dalla famiglia...

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.161) 2 dicembre 2013 21:05
      Fabio Della Pergola

      P.P.S. I miei articoli sono tutti belli! Ma visto che lei ha apprezzato questo, provvederò a farne velocemente uno capace di farla infuriare. Senza offesa, naturalmente.

    • Di Persio Flacco (---.---.---.254) 3 dicembre 2013 00:19

      << Peccato che lei, più anonimo del solito, >>

      Ho solo dimenticato di loggarmi...

      << non sappia esimersi dal decidere a priori che cosa direbbe tizio di caio e viceversa. E che ciò che dice tizio può essere condivisibile per caio, tranne quando tizio dice cose non condivisibili da caio. E viceversa. Ma non per questo caio, essendo d’accordo ma anche in disaccordo con tizio, debba essere considerato "merdaccia nazionalista", come lei, sempreché sia lei, è abituato a definire. >>

      Il nazionalismo, quando diventa estremo, è sicuramente merdaccia. Ma questo non definisce la merda come schifo assoluto: a qualcuno piace. Alle mosche, ad esempio.

      << In altre parole lei è talmente lontano dalla logica ebraica che non capisce altro che un assoluto. Ponendosi a priori in opposizione ad essa. >>

      Non so a quale assoluto si riferisca, io parlo di scelta, di responsabilità.

      << In ogni caso, di Arturo Schwarz leggo da Wikipedia "Nato in una famiglia di origine ebraica, da padre tedesco e madre italiana, visse in Egitto fino al 1949, quando ne fu espulso per la sua presunta attività sionista". Perbacco, c’è scritto proprio "sionista"... >>

      Lei pensa che il sionismo sia rimasto sempre uguale a se stesso: si sbaglia. Nome uguale non necessariamente definisce cose uguali.
      - What’s in a name? that which we call a rose by any other name would smell as sweet -

      << Poi leggo che lo stesso "È membro della board of governors dell’Università di Tel Aviv, della Bodalerle Accademy of Art and Design di Gerusalemme e del Tel Aviv Museum of Art; è membro fondatore e honorary fellow dell’Israel Museum di Gerusalemme e del Tel Aviv Museum of Art, oltre ad essere membro fondatore della Università Ben Gurion del Negev... Nel 1996 gli è stata conferita dall’Università di Tel Aviv la Laurea Honoris Causa di Doctor Philosophiae...Ha donato parte della sua collezione di opere d’arte, soprattutto dadaiste e surrealiste, ai musei di Tel Aviv e di Gerusalemme... ha donato una sua collezione di 700 pezzi di opere d’arte all’Israel Museum di Gerusalemme".
      Un’attività intensa e di continua collaborazione e riconoscimenti per e con le istituzioni israeliane. Sarà anche un ebreo self-hater, ma di sicuro non un israeli-hater.>>

      Nemmeno io sono un israeli-hater, al contrario: sono preoccupato per il suo futuro se a guidarlo sono le mosche.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.161) 3 dicembre 2013 00:32
      Fabio Della Pergola

      Se a guidarlo sono Natanyahu e i coloni mi preoccupo anch’io, ma la questione, non ciurli nel manico, è nella sua definizione di ’sionismo’ e nella "merdaccia sionista" (come da suo commento all’Ovadia intervistato dal Manifesto). La merdaccia sionista è esattamente quella che ha dato vita allo Stato di Israele, quello che Ovadia ritiene un obbrobrio per la purezza dell’ebraismo della diaspora (cioè quelli morti e carbonizzati che rappresenterebbero la verità dell’ebraismo in quanto non nazionalisti). Le fa sempre finta che oggi il sionismo di sinistra non esista oppure che la sinistra israeliana (quel che ne resta) non sia sionista; e questo dimostra come non capisce un tubo di Israele e degli ebrei israeliani.

      Ma è solo una questione fra noi, ormai tediosa. Saluti.

    • Di (---.---.---.122) 4 dicembre 2013 22:55

      << Se a guidarlo sono Natanyahu e i coloni mi preoccupo anch’io, >>

      Davvero? Eppure passa il suo tempo a dare sul becco a chi si permette di criticarne l’ideologia e le scelte politiche che ne conseguono. Come se Natanyahu fosse Israele e Israele fosse Natanyahu.

      << ma la questione, non ciurli nel manico, è nella sua definizione di ’sionismo’ e nella "merdaccia sionista" (come da suo commento all’Ovadia intervistato dal Manifesto). La merdaccia sionista è esattamente quella che ha dato vita allo Stato di Israele, quello che Ovadia ritiene un obbrobrio per la purezza dell’ebraismo della diaspora (cioè quelli morti e carbonizzati che rappresenterebbero la verità dell’ebraismo in quanto non nazionalisti). >>

      Lei è assai disinvolto nel sostenere tesi insostenibili, lo riconosco. Lei sostiene che in 120 anni di storia travagliata e di cambiamenti epocali il Sionismo è sempre rimasto uguale a se stesso; che pur essendo passato dalla fase di movimento fondativo dello Stato di Israele, ideologicamente pluralista e democratico, alla fase di movimento ultranazionalista, le sue idee guida sono rimaste identiche. Dovrebbe leggere ciò che scrive ogni tanto.

      << Le fa sempre finta che oggi il sionismo di sinistra non esista oppure che la sinistra israeliana (quel che ne resta) non sia sionista; >>

      Anche nel movimento fascista esisteva una corrente sedicente "di sinistra". Mi permetta di riderne.

      << e questo dimostra come non capisce un tubo di Israele e degli ebrei israeliani. >>

      Alcune cose le capisco: da sempre la maggioranza degli ebrei israeliani vorrebbe che il conflitto con gli arabi abbia fine (ed è stupefacente che ancora oggi lo voglia, dopo decenni di propaganda "sionista"). Non ha ottenuto altro che espansione delle colonie e conservazione dello status quo. Del resto Rabin non è morto di polmonite.

      << Ma è solo una questione fra noi, ormai tediosa. >>

      Per una mente faziosa le cose sono sempre assai semplici. La questione ha una rilevanza e una profondità che a lei sfuggono.

    • Di (---.---.---.161) 5 dicembre 2013 02:53

      E ciononostante lei è sempre qui. Pedante e anche piuttosto arrogante, Saccente e ripetitivo. Ossessionato dalla lobby sionista e nient’altro. Insomma, due palle.

      Mi sono permesso di darle sul becco ? Io a lei ? Poverino.

      Ma non è piuttosto il contrario dal momento che su qualsiasi cosa io scriva mi ritrovo lei a rompermi gli zibidei con la fissa della "lobby sionista" ? Ma non sarà il caso che si faccia vedere da uno bravo ? Le ossessioni sono una brutta bestia se trascurate, lo sa ?

      Auguri, FDP.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares