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Terremoto | Domenica delle Palme a Smerillo, nel cratere marchigiano

La domenica delle palme sono andato a portare un fiore a mia madre che riposa nel piccolo cimitero del borgo antico denominato Smerillo in provincia di Fermo, arroccato su uno sperone di roccia all’interno del cratere sismico, versante marchigiano. Percorrendo la Salaria, da Roma verso Ascoli, attraverso dapprima il territorio del comune di Amatrice, poi oltrepasso quello di Accumoli, lambisco quello che fu l’abitato di Pescara del Tronto, passo sotto il castello di Arquata del Tronto, e durante tutto questo tragitto scorgo a destra e a sinistra macerie, case diroccate, capannoni con il tetto sfondato. Tutto come 7 mesi fa con in più vari insediamenti dei vigili del fuoco e della protezione civile.

Arrivato a Smerillo trascorro il pomeriggio e la sera con Antonio, un caro amico d’infanzia e, come ovvio, il discorso principale è incentrato tutto sul terremoto, anzi sui terremoti. Mi fa presente che ancora continuano i sopralluoghi tecnici, in netto ritardo rispetto alle date degli eventi, e spesso decretano ancora oggi l’inagibilità di edifici, a loro insindacabile giudizio, lesionati ma non solo. Per un principio di maggiore prudenza anche le abitazioni adiacenti, anche se solide, vengono dichiarate inagibili anch’esse. Se qualcuno obietta loro che quelle crepe, che loro magnificano come segnali inequivocabili, stanno lì da decenni forse sì provocate da altri terremoti ma di qualche decennio passato, vengono tacciati di ignoranza, con sufficienza, poiché il potere decisionale risiede esclusivamente nella loro discrezionalità di interpretazione.

Mi ricordo che anni fa un militare americano, Beo, scappato dal campo di concentramento di Servigliano l’8 settembre del ’43 e rifugiato a Smerillo e tornato lì dopo 50 anni con la moglie, mi fece vedere una crepa su un vecchio edificio e la attribuì ad un terremoto passato proprio quell’inverno tra il 1943 ed il 1944. Chissà se anche quello avranno dichiarato inagibile?
Antonio mi racconta anche della farraginosità delle procedure burocratiche, schede aedes, schede fast, tecnici della protezione civile da sentire, tecnici comunali da consultare, tecnici di parte da incaricare. Mi trasmette la frustrazione delle decine di migliaia di abitanti di luoghi che in questi lunghi 7 mesi non sono mai assurti agli onori dell’attenzione mediatica che ossessivamente ci racconta solo le sventure di Amatrice e di Norcia, e non presta alcuna attenzione ai centri minori, anche se tra questi ci sarebbero Tolentino, Camerino, la stessa Macerata, Falerone, Belmonte Piceno, e molti molti altri ancora. Solo nelle Marche furono inclusi inizialmente 31 comuni, ai quali furono aggiunti dopo il sisma di ottobre, altri 57 mentre molti altri ancora, pur avendo subito danni seri, sono stati tenuti fuori dal computo della Protezione Civile e da Errani.

Tutte le persone, conoscenti ma anche sconosciuti, che abbiamo incontrato di volta in volta, durante le ore trascorse insieme mi hanno raccontato, come torrenti in piena che esondano, aneddoti terribili, paure ancestrali, descrizioni minuziose di danni alle cose, l’esposizione dettagliata di dove erano e cosa hanno fatto quando hanno preso coscienza che il boato assordante era il prologo alla scossa imminente. Inoltre tutti indistintamente, vecchi e giovani, uomini e donne, mi hanno riportato l’incredulità verso la gran quantità di neve che a gennaio ha letteralmente seppellito tutti questi paesi già martoriati dal susseguirsi delle scosse sismiche. Quantità incredibili a memoria d’uomo, anche di quelle più antiche che hanno registrato eventi di tutti i colori e di freddi inverni lontani nel tempo.

Più di tutte le altre testimonianze, quella più angosciante e stata quella di una mia cugina che mi ha raccontato delle ultime scosse di gennaio ed il conseguente impulso a scappare di casa per poi rimanere bloccati sulla soglia di fronte ad un enorme muro bianco di neve compatta alto più di 2 metri. E mentre la parte raziocinante del cervello in millisecondi cerca di elaborare una strategia alternativa, la parte più ancestrale manda l’impulso imperioso di dover uscire da casa, di scavare immediatamente con le mani quella parete gelida pur di riuscire a scappare dal manufatto umano sottoposto a preoccupanti vibrazioni, pur nella consapevolezza dell’immensità sovrumana dell’impresa avviata in preda al panico ma assolutamente impossibile quindi inutile.
Da parte mia con il passare delle ore prendo via via consapevolezza di quanta sia vasta l’ignoranza di chi vive lontano ed al sicuro in merito all’ampiezza e alla profondità del dramma di tutte queste persone a me così care e, che passato l’afflato dei giorni immediatamente successivi ai vari episodi sismici documentati ampiamente da tutti i media, ora è tornata ad occuparsi di altro, al caldo delle proprie solide abitazioni ed a distanza di sicurezza dalle faglie, ha altre preoccupazioni prioritarie: gli attentati, Trump, la Siria, la Corea del Nord, ecc. ecc., avendo accantonato le serie preoccupazioni di chi invece dispera nel futuro prossimo.

Ormai i terremotati marchigiani sono rientrati nell’ombra mediatica, devono bloccare la Salaria e fare dei sit-in rumorosi di fronte al Parlamento per avere 120 secondi di rinnovata notorietà ma tutto finisce lì. Chi ormai si ricorda più i proclami di Errani, le previsioni puntualmente disattese di Curcio, gli impegni di Ceriscioli, le promesse di Gentiloni, le rituali parole di Mattarella “non vi lasceremo soli”?

 

FOTO: Brigate di Solidarietà attiva http://bit.ly/2eccima

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