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Tassa sugli extra profitti | Avida banca, ti punisco rafforzandoti

Cambia, per l'ennesima e forse ultima volta, la tassa sugli extra-margini bancari. Ora non c'entra davvero più nulla con le bellicose intenzioni originarie dell'esecutivo, e il suo gettito sarà simbolico

 

Alla fine, il governo Meloni ha ceduto: la tassa sui cosiddetti extraprofitti bancari, che in realtà era su un extra margine d’interesse, pare sarà rivoluzionata con il deposito dell’ultimo emendamento, che prevede possa essere destinata a rafforzare il patrimonio delle banche. Lo so, le due cose (“punire” le banche avare e aiutarle a diventare più forti) non sono equivalenti, anzi nulla c’entrano l’una con l’altra ma viviamo tempi complessi e spesso il senso del ridicolo viene disattivato.

LA GABELLA CAPITALE

Nel dettaglio, e in attesa di conferma, pare che “in luogo del versamento”, le banche potranno destinare “a una riserva non distribuibile un importo pari a due volte e mezza l’imposta”. Tale riserva viene computata “tra gli elementi del capitale primario di classe 1”.

Intanto, vi chiederete: perché due volte e mezza l’imposta? Perché la tassa è il 40% dell’extra margine d’interesse. Il reciproco di 0,4 è 2,5. In parole povere, se questo emendamento vedrà la luce in questa forma, il governo finge che l’extra margine di interesse sia identico al maggiore utile della banca interessata. Ovviamente nulla conferma che le cose stiano in questi termini. Intanto, le banche hanno anche entrate da commissioni e servizi e non solo da interessi, e poi ci sarebbe da considerare l’entità degli accantonamenti a rischio perdite e svalutazioni. Ma non andiamo per il sottile.

Poi, l’aliquota: da 0,10% sale a 0,26% ma cambia la base imponibile. Non più gli attivi a valore nominale ma quelli ponderati per il rischio (Risk Weighted Assets, RWA), che di solito sono ben inferiori ai primi, anche se tale differenza varia in funzione dell’attività della banca. Cosa ha ponderazione zero? I titoli di stato della cosiddetta white list. Quindi, non solo quelli italiani. Il che vuol dire che una banca può beneficiare della riduzione anche comprando Bund tedeschi e OAT francesi, ad esempio. Ma non poteva essere altrimenti.

L’aliquota di tassazione al 40% si applica alla differenza tra margine d’interesse calcolato al 2023, quindi a bilanci non ancora chiusi, e quello del 2021, se il primo eccede il secondo di almeno il 10%. In tal modo, scompare il fumus di retroattività del prelievo.

Ma quale sarà il gettito effettivo? In altri termini, quante banche sceglieranno di pagare l’imposta e quante di destinare il controvalore nozionale a rafforzamento patrimoniale? Questo andrà verificato, e forse all’emendamento governativo mancano ulteriori affinamenti che scopriremo in un secondo momento. Per ora, pare che la relazione tecnica non quantifichi il gettito, e di conseguenza l’iniziativa non serva a costruire la manovra 2024.

Ma c’è dell’altro: per aiutare le banche che dovessero risultare incapienti, cioè non disporre di utili sufficienti per accantonare l’imposta a capitale, è previsto il ricorso agli utili degli anni precedenti. Primo, non nuocere. O forse bisognerebbe cambiarlo in “primo, non legiferare nocive idiozie”.

UN GETTITO FANTOMATICO

Il gettito dell’imposta, sempre che esista, dovrebbe andare a integrare il fondo di garanzia sui prestiti alle piccole imprese, che a fine anno vedrà l’estinzione della garanzia pubblica legata alla guerra in Ucraina. Quindi niente aiuti ai mutuatari prima casa, agevolati o meno che fossero, contrariamente ai proclami delle ore immediatamente successive a quel famoso consiglio dei ministri serale, con conferenza stampa notturna del solo Matteo Salvini.

Che dire, quindi? Che l’imposta finisce col diventare ben altro dagli intendimenti iniziali. Da punizione per i “margini ingiusti” (decisi dalla premier nella sua superiorità morale), diventa occasione per ricapitalizzare le banche. Le quali banche forse sarebbero le uniche a decidere se e quando farlo, magari dietro spinta amorevole della Bce. Ma transeat. La riserva ex imposta, chiamiamola così, non potrà essere distribuita perché altrimenti diverrebbe tassabile con l’aliquota prevista, ma questo non è un problema.

Il problema potenziale potrebbe essere quello di limitare la politica di dividendi delle banche (questa potrebbe essere l’ultima ratio del provvedimento), ma dubito accadrà. Pare esserci un bias a favore delle banche di maggiori dimensioni, che tendono ad avere attivi ponderati per il rischio proporzionalmente inferiori rispetto alle banche piccole. Le quali banche piccole portano però a casa il fatto che l’imposta non graverà direttamente su ognuna di loro, nel caso ad esempio delle Bcc, ma solo sui loro organismi centrali.

Pare che l’ABI, il sindacato dei banchieri, non sia ancora soddisfatto perché chiedeva la deducibilità della gabella. Non si può aver sempre quello che si vuole, cantava il signor Mick Jagger con la sua band. Ma direi che il meteorite è stato abilmente schivato, e lo sarebbe stato anche nella surreale ipotesi di imposta a termine, cioè da restituire in più anni mediante credito d’imposta, come pure abbiamo letto. Nell’evoluzione di questa gabella non ho segnalato l’attivismo di Forza Italia, pare anche per evitare a Banca Mediolanum di sborsare soldi. Non sono così malizioso.

NIENTE CEDIMENTI, TRANNE AL RIDICOLO

Lo so, avete le vertigini leggendo queste tecnicalità lunari, se non siete addetti ai lavori. Quello che mi pare utile acquisire, come scritto sopra, è che questa misura non si sa più che diavolo sia, essendo stata stravolta in un modo grottesco rispetto ai proclami iniziali. Niente gettito, un po’ di lavoro per legali e fiscalisti delle banche, e amen. Ma almeno la premier potrà confermare di “non aver ceduto” sulla gabella, perché lei, come noto, “ci mette la faccia”.

Voglio segnalarvi che il governo assegnerà all’Antitrust il compito di vigilare circa l’eventualità che le banche traslino sui clienti il costo dell’imposta. Non poteva mancare questa grida manzoniana, soprattutto ora che l’esecutivo ha scoperto in che modo usare l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, avendo scoperto che il suo presidente pro tempore pare avere una forma mentis che pare lo renda molto più incline a dettare prezzi amministrati alle aziende anziché indagare difetti di concorrenza dei relativi mercati. Un caso, senza dubbio. Come un caso è l’istruttoria sul presunto abuso di posizione dominante di Ryanair, che arriva solo ora, all’indomani di un’altra esaltante ritirata dell’esecutivo.

Solo un paio di osservazioni. La prima, già nota: le banche italiane pagano già una addizionale Ires del 3,5%, e la loro aliquota Irap è maggiorata rispetto a quella normale, 4,65% anziché 3,9%. A voi le inferenze del caso. La seconda: in Olanda è stata introdotta una gabella a carico degli istituti di credito ma il suo gettito diretto non arriva a mezzo miliardo. Più che altro, e seguendo l’esempio americano, gli olandesi hanno introdotto la tassazione del riacquisto di azioni proprie a carico di tutte le aziende quotate. Vedremo se i nostri eroi, col loro tipico ritardo di percezione, emuleranno anche queste misure.

Abbiamo un esecutivo in crescente difficoltà con la realtà, come noto. La misura di questa crescente difficoltà è direttamente correlata alla frequenza di interviste inginocchiate a Meloni, in forte aumento. Ieri sera, ad esempio, la premier ha confidato al Tg1, in attesa dell’inizio dei festeggiamenti per il primo anniversario della vittoria elettorale, che “va fiera” dell’andamento dell’economia. Più che fiera, un luna park. Ma voi assecondatela, per il momento. Come è stata assecondata quando ha proclamato bellicosa che su questa extragabella non avrebbe ceduto di un palmo. Quello del naso rispetto al gettito, probabilmente.

Photo by Adam.J.W.C., CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

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