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Tangenti sanità Lombardia. "Sbagliare" o "rubare"?

Ennesimo scandalo sulla sanità e solita storia di mazzette che finiscono nelle tasche dei "furbetti".

Scoppia un nuovo scandalo con al centro la Lega che vede il consigliere Fabio Rizzi, uomo di fiducia del Presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, in qualità di deus ex machina di un vorticoso giro di mazzette che nell'ambito dell'inchiesta "Smile", condotta dalla Procura di Monza, ha già portato a 21 arresti. Lucravano sulle prestazioni odontoiatriche, con i soliti appalti truccati, corruzioni, pressioni, fatture gonfiate e tutti i soliti ammennicoli del caso. A pagare come al solito i cittadini, con ritardi nelle prestazioni, qualità dei materiali scadenti, ticket maggiorati e via dicendo.

Si dirà, nulla di nuovo sotto il sole del Belpaese e la cosa ormai scorre come acqua di fonte sulla pelle di un popolo narcotizzato dal ripetersi di eventi di corruzione dai quali nessuno sembra esente, soprattutto a livello politico. Fatto salvo, almeno fino a prova contraria il M5S, malgrado i cospicui tentativi mediatici di delegittimarlo; con la speranza che ciò non derivi soprattutto dal fatto che ancora non hanno messo le mani in pasta come Dio comanda.

Sia come sia oggi, dopo il crollo etico-morale palese del nuovo PD di Matteo Renzi, ormai una sorta di democrazia cristiana in fase decadente, impelagato come è su più fronti con personaggi al di sotto di ogni sospetto e banche di famiglia. Sembra che sulla questione morale nell'adempimento delle funzioni istituzionali, prima ancora che della furfanteria vera e propria, si stia facendo prevalere "la politica della ragion di Stato", o meglio del"budget elettorale", imbarcando cani e porci. Per un cittadino che ha a cuore la legalità i tempi sono veramente duri, per i furfanti o quanto meno per chi ha un livello etico "aggiustabile", siamo alla cuccagna.

Ma a prescindere dal merito di questa inchiesta che, statene certi non è la prima ma non sarà neanche l'ultima, mi ha colpito la reazione del gota leghista. Matteo Salvini, che sta facendo autentici virtuosismi funambolici per cancellare le nefandezze del passato leghista se ne esce con uno scontato "Chi sbaglia davvero, non merita la Lega", annunciando l'espulsione di Rizzi. Le intercettazioni sono esplicite e crude e i 15.000 euro in contanti trovati nella perquisizione della abitazione del consigliere leghista sono la ciliegina sulla torta. Al netto della giusta attesa di conferme giudiziarie, colpisce il termine "chi sbaglia", quasi una forma soft di rimozione psicologica, una ritrosia intellettuale nel chiamare le cose per quello che sono,una sorta di tentativo di fuga dalla gravità del fatto.

Ma come "chi sbaglia" Matteo? "Chi ruba", specie se sono soldi pubblici soldi pubblici, chi delinque, chi sganassa pur essendo in situazione di privilegio, questo dovevi dire caro Matteo. Rubare, rubare, rubare... altro che "sbagliare"! Sbagliare è un eufemismo di copertura che ha francamente stufato. Chiamate le cose per quello che sono.

Roberto Maroni se ne esce con un: "Sono veramente incazzato perché il lavoro che stiamo facendo per la trasparenza viene infangato da queste azioni (...). Se qualcuno commette reati e disattende la legge morale tutto diventa più difficile. Non vogliamo coprire nessuno. Se qualcuno ha sbagliato pagherà. Quello che è successo è un'offesa a me, al partito che rappresento e alla regione". 

A parte il fatto che qualche dubbio su questa "opera di trasparenza" è a dir poco legittimo visti i risultati, Fabio Rizzi è il suo uomo di fiducia, uno definito "molto vicino" al Bobo, non uno qualsiasi. Pur con l'attenuante (non giustificata) che la tentazione fa l'uomo ladro, è evidente che la topica di aver premiato con un posto di responsabilità un furfante (sempre se le accuse saranno confermate così come si evince dalle intercettazioni) non può finire con le solite frasi di circostanza. Caro Maroni ti devi dimettere! Questo è l'unico modo per rimediare (parzialmente) al danno.

Ma nel ripetersi ormai quotidiano di eventi di corruzione e latrocinio ai danni del popolo italiano, fa specie la formula di scorciatoia politica del "chi ha sbagliato ora paghi". Ho un dubbio che mi frulla nella testa. Non vorrei che queste frasi ripetute e circostanziali forniscano una plastica chiave di lettura del perché nessun governo, tanto meno quello attuale, si è preso la briga di una vera riforma della Giustizia , intesa non come i codici da "rivisitare" come diceva il Berlusca, ma di uomini e strutture inadeguate, inadempienti, incapaci quando non colluse. E non tanto la magistratura inquirente che in molti casi svolge un lavoro emerito per quanto ostacolato e infiltrato a tutti i livelli da tentativi di depistaggi o coperture, mi refirisco a quell'autentico buco nero, quel vortex infernale che è costituito dalla magistartura giudicante.

Ovvero i magistrati che emettono le condanne e che dovrebbero darne esecuzione. Siamo per così dire all'anno zero, nelle carceri italiane i furfanti che hanno l'imprinting politico , sono rari come le mosche bianche, malgrado l'Italia risulti al 70esimo posto nella classifica di Transparency International, il rapporto sull'indice di corruzione che ci colloca agli ultimi posti in Europa e dietro paesi tipo il Montenegro o il Senegal, tanto per citarne un paio.

Allora sarà mica proprio per questo che nessuno mette mano alla riforma della giustizia, scomparsa dal programma del Renzi versione "rottamatore"? Perché con una giustizia vera che funziona poi c'è il rischio che qualcuno "paghi veramente", non nel senso retorico del termine ma nel finire in galera e rimanerci fino ad espiazione della pena. Perché ora come ora "pagare" ha senso soltanto per i poveri cristi, mentre è totalmente insignificante per chi conta.

Insomma si fa bella figura a sventolarlo come un mantra ai quattro venti, una sorta di escamotage dialettico per darsi contegno ma si sa che in fondo non vale un fico. Perché l'impunità a certi livelli regna sovrana.

Ma è solo un dubbio o è una certezza?

 

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