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Svastica in parrocchia

I sacerdoti della chiesa di santa Lucia a Roma hanno subito fatto ricorso ai social network per prendere “le distanze da ogni parola, simbolo e gesto utilizzato all’esterno della chiesa riconducibili a ideologie estremiste lontane dal Vangelo”.

 Subito, ma a cose fatte, dopo il commiato funebre ad Alessia “Tungsty” e dopo la pubblicazione del relativo filmato. Fuor di elusiva perifrasi, la parola è il grido “presente!”, il simbolo è la svastica, il gesto è il saluto nazista, le ideologie sono la nazionalsocialista e affini.

Quanto tutte queste faccende estreme sono davvero “lontane dal Vangelo”? E la Chiesa cattolica quanto ne è davvero “distante”? Si direbbe il consueto refrain buono per tutte le occasioni. C’è mancata soltanto la stantia amenità sul nazismo anticristiano, pagano e magari tipicamente ateo. Se da un lato sarebbe quantomeno anacronistico cercare di rinvenire riferimenti alla svastica o ai totalitarismi sui Vangeli, dall’altro è persino più ridicolo pretendere di trovarci traccia dei principi democratici liberali o dei diritti umani, come invece alcuni non si vergognano di fare di continuo. A dirla tutta, non si danno neppure indicazioni evangeliche sull’edificazione di chiese dove celebrare specifiche liturgie funebri da parte di un apposito clero con tanto di esposizione, lì e in ogni dove, di croci, sia pure non uncinate. Per tacere di tutti gli altri riti, usi e abusi “riconducibili” al cattolicesimo o agli altri rami del cristianesimo. Sono tutte cose molto “lontane”.

Resta il fatto che il nazismo è sorto e ha prosperato in Paesi di antica tradizione cristiana senza che ci sia mai stata alcuna netta presa di distanze da parte di tutti quanti si richiamavano al Vangelo, gerarchie e masse di fedeli. Diversi gerarchi nazisti provenivano da famiglie cattolicissime, a cominciare da Hitler, Goebbels, Himmler e Streicher. Numerosi prelati cattolici furono essi stessi nazisti, come Adolf Bertram, Conrad Gröber, Alois Hudal, Alojzije Stepinac, Jozef Tiso, Alois Pompanin. Lo stesso Pio XI fu autore di un concordato col regime nazista. A sottoscriverlo materialmente fu il futuro Pio XII, che anche da pontefice continuò a confidare nonostante tutto nel nazifascismo quale baluardo contro quelle che riteneva le peggiori minacce internazionali: l’Urss e gli USA, insieme al protestante Impero Britannico e alla Francia laicista.

Quanto alle accuse di paganesimo o simili, spesso parzialmente ricordate, non erano certo riservate al nazismo. Colpivano anche gli altri Paesi appena menzionati, ovvero tutti i sistemi che non accettavano la supremazia dei princìpi della Chiesa sulla politica. Sebbene poi non mancassero le critiche al razzismo biologistico, dalla Chiesa venne sempre promosso l’antisemitismo religioso. Ancora dopo l’armistizio, l’incaricato pontificio Tacchi Venturi chiese al governo Badoglio di mantenere le leggi razziali (tranne che per ebrei convertiti al cattolicesimo o uniti in matrimoni misti), mentre Pio XII rifiutò di firmare la condanna alleata del genocidio. Dopo la guerra emanò la cosiddetta scomunica dei comunisti, ma neppure allora fece nulla del genere contro i nazifascisti. Di fronte alla martellante propaganda agiografica, non si insisterà mai abbastanza sul silenzio di questo pontefice davanti alla deportazione degli ebrei romani svoltasi sotto il suo santissimo naso, come a proposito della Shoah tutta di cui pure era informato. Per non parlare del ruolo della sua Chiesa nel favorire la fuga di numerosi gerarchi nazisti per sottrarli a qualsiasi giudizio e condanna per i loro crimini.

Tornando al recente funerale, il parroco di santa Lucia ha dichiarato di non aver autorizzato l’epilogo nazista. Menomale. E non aveva subodorato nulla. Evidentemente nulla sapeva neppure della defunta, delle sue frequentazioni, delle decine di addolorati convenuti. A sostegno del proprio candore potrebbe invocare la ben nota circostanza che le cerimonie cattoliche sono ormai solo vuote convenzioni. Se ancora oggi tante famiglie si rivolgono alla Chiesa per le esequie dei propri cari, non lo si deve tanto a una sentita appartenenza religiosa quanto al passivo conformismo e alla scarsità di alternative. I sacerdoti che officiano i funerali si limitano spesso a pronunciare frasi di circostanza su persone che non conoscono affatto, mettono insieme un po’ di questua e tirano a campare.

Se poi stavolta in chiesa sono entrate frotte di baldi camerati in assetto neonazista, che hanno pure aggiunto colorite code alla cerimonia senza che nessuno avesse alcunché da obiettare, si sarà stati giusto un poco più sbadati del solito. Tra l’altro, una volta tanto che la chiesa è piena e il sagrato pure, non si può mica andare troppo per il sottile. Va però almeno aggiunto che non si è trattato affatto di un caso isolato. Anche a limitarci allo stesso anno e alla stessa città di Roma, a marzo presso la chiesa di sant’Ippolito si era svolto un funerale assai simile. Viene quindi da chiedersi quanti se ne celebrino mediamente in giro per le chiese del Paese ogni anno. I pochi casi di cui si viene a sapere si devono all’occasionale segnalazione di eventuali passanti o di dirimpettai curiosi. I sacerdoti, come anche i familiari e i conoscenti, non reagiscono né condannano, non vedono mai nulla, o non vedono nulla di male, lasciano fare, salvo dissociarsi prontamente a posteriori, se proprio si viene a sapere qualcosa.

Di fatto anche stavolta non c’è stata nessuna denuncia, mentre lo stesso intervento d’ufficio delle autorità è parso all’inizio poco chiaro. È stato aperto un fascicolo e, almeno secondo qualche autorevole organo di stampa, “fra i reati che potrebbero essere ipotizzati ci sono apologia di fascismo e vilipendio della religione di Stato”. C’è almeno da sperare che tanta confusione alberghi solo in certe redazioni e non nelle questure o nelle procure. L’Italia, almeno stando alla Costituzione, sarebbe un Paese laico e non ha dunque alcuna religione di Stato. Il reato di vilipendio della religione di Stato è stato definitivamente abrogato dalla Consulta nel 2000 e, visto che risaliva al regime fascista, suona piuttosto grottesco che venga oggi contestato proprio unitamente all’apologia di fascismo. Come si è già visto, ci vuole una buona dose di pregiudizio o di ipocrisia per insinuare che fascismo e cattolicesimo non possano andare a braccetto, che questo sia incompatibile con quello o addirittura che quello sia un’offesa a questo.

È anche vero che restano in vigore altri obsoleti reati filoclericali come quelli di “offese a confessione religiosa mediante vilipendio”, sia “di persone” sia “di cose”. Tuttavia i nostalgici di casa nostra, come i loro alleati in Ungheria o in Polonia, mostrano il massimo ossequio superstizioso per sacerdoti officianti e oggetti sacri. Fino a prova contraria vanno considerati sinceramente devoti. La diocesi di Roma finora si è limitata a deplorare una generica “strumentalizzazione ideologica grave, offensiva e inaccettabile”. Non si ricordano però altrettante lamentele per presunta strumentalizzazione in tutti gli innumerevoli casi in cui formazioni più o meno naziste hanno partecipato a iniziative cattoliche reazionarie, specie se omofobiche e no choice. Talvolta hanno fatto capolino in modalità ben visibili, durante Family Day, Congresso delle famiglie, marce, rosari, preghiere collettive. Il problema insomma sembrerebbe soltanto l’esibizione, troppo esplicita, del vessillo nel sagrato. Va bene tutto, ma niente pubblicità troppo kitsch, per favore.

Infine si è più plausibilmente letto che il reato ipotizzato, oltre alla violazione della Legge Scelba, riguarderebbe la Legge Mancino: “Organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i vari scopi l’incitamento alla discriminazione all’odio o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Ecco, i motivi religiosi d’odio ci sono senz’altro tutti.

Andrea Atzeni

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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