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Suicidio, vendita di organi. Disperazione da non lavoro

Se il lavoro nobilita l’uomo, il non lavoro lo fa sentire un miserabile, queste sono le parole di Agnello Antonio che vive a Mesagne (Br).

 «Per sei anni ho lavorato in un supermercato, riuscivo a vivere bene con 1.500 euro, però il 31 dicembre 2010 sono stato licenziato dal titolare del supermercato. La grande distribuzione strozza i piccoli e così ha chiuso per fallimento. L’ultimo periodo ho lavorato a nero e ho una famiglia: una bambina di 11 anni e due gemelle di 7.

Mia moglie non lavora più dalla nascita delle gemelle. Da subito ho cercato di trovare un altro impiego e mi è stato proposto di fare il portiere, una sorta di custode in uno stabile dove c’erano uffici importanti. Dopo il primo mese, in cui lavoravo 24, a volte anche 48 ore consecutive, ho chiesto il mio stipendio. Mi veniva detto che avrei dovuto aspettare, sono trascorsi tre mesi e la mia paga è stata di 2 euro e 50 centesimi l’ora. Un vero e proprio sfruttamento. Ho capito che più hai bisogno e più possono e vogliono approfittare di te.

Trovai un alimentari che cercava personale e mi presentai. Avrei dovuto lavorare dalle 7 alle 14 per cinquecento euro al mese e risposi che ci avrei pensato. Dopo una settimana tornai di nuovo per cercare di spuntare un salario migliore. Ero incredulo, il proprietario mi stava dicendo: “In lire davo mezzo milione ai dipendenti part time e riuscivano a sopravvivere.” Insomma, non solo mi stava facendo i conti in tasca, ma la sua offerta era scesa a 300 euro.

Intanto io e mia moglie per sfamare i nostri figli saltiamo i pasti oppure mangiamo i loro avanzi. Quando ci chiedono: “Mamma, papà perché non mangiate?” per non farli preoccupare affermiamo che siamo a dieta. Non siamo mai rimasti indietro con le bollette perché mia madre di 84 anni ci aiuta con la sua pensione, oppure parenti ed amici ci hanno prestato soldi. Non voglio che arrivino cartelle da Equitalia. Viviamo in una casa di proprietà dei miei suoceri, quindi non paghiamo nessun affitto o mutuo. Però con l’introduzione dell’IMU al comune bisogna versare seicento euro.

Ho iniziato a mettere in vendita il televisore ed altri oggetti. Due volte a settimana vado a fare il parcheggiatore abusivo, riesco a raggranellare venti euro, altre volte chiedo di poter fare il custode in locali notturni, sempre a nero. Qualche mese fa mi sono rivolto ad uno strozzino, mi ha prestato mille euro e ne vuole in cambio il doppio, per ora senza scadenza.

In questa situazione alcuni pensieri iniziano a diventare costanti. La notte ho spesso immaginato di fare una rapina, in una banca o in un ufficio postale. Andare in galera per i propri figli, mi sono detto non è un reato, non mi farebbe vergognare. Ho pensato al suicidio, ho iniziato a cercare su internet vari modi per farla finita, finché non ho trovato un sito dove mettere in vendita organi umani (in Italia è vietato per legge il commercio degli organi, Nda). Ho messo in vendita il mio rene e ho trovato una vera e propria tabella in cui era riportato il valore commerciale delle varie parti del corpo.

Su Facebook ho scritto di questa mia intenzione e un’amica mi ha contattato per dissuadermi dal gesto. Mi ha fatto conoscere Giuseppe Iudici, un imprenditore pugliese che, prima da solo e poi con un’associazione, sta cercando di aiutare le famiglie in difficoltà. Tramite il comune è riuscito a farmi avere un bonus di cinquecento euro, quando sono andato in banca a cambiare l’assegno mi sono sentito felice, da mesi non avevo in mano tutti quei soldi. Subito ho pagato le bollette. Purtroppo la serenità dura poco perché senza un lavoro è facile ripiombare nel senso di angoscia

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