Strage di via D’Amelio: tutti quelli che si salvarono dall’olocausto giudiziario
Signor Presidente,
anche questa estate, come dettato dal manuale dei mistificatori del triste teatrino mediatico che da 17 anni ha fissato le sue ridicole recite attorno alla ricorrenza del 19 luglio, si è mandato in scena lo scolorito copione sulla “emersione” di nuovi pentiti, di nuovi indizi, dello smascheramento di falsi “pentiti” dell’ultima ora di cui bisogna ancora capire con certezza l’effettiva funzione, di antichi depistaggi istituzionali e di nuove (e non certamente disinteressate) verità svelate dal figlio di quel Vito Ciancimino. Le verità di Massimo Ciancimino hanno costretto al clamoroso autogol Luciano Violante che, recuperando “il suo ricordo”, ha svelato “l’involontario favore” processuale concesso al Generale Mario Mori.
Quest’anno però… la “quasi svolta”: il senatore Beppe Lumia e l’On. Fabio Granata (entrambi mi hanno sempre pubblicamente manifestato rispetto e solidarietà) Le hanno proposto un appello bipartisan per aprire finalmente un’inchiesta parlamentare sulle stragi di mafia che è stata da Lei prontamente accolta.
Nemmeno successivi e rozzi errori di Giancarlo Caselli riuscirono a tramutare quelli che ritenevo ancora indegni dubbi. Oggi tutto lo scenario è illuminato a giorno, anche in presenza del “pentito” di circostanza di turno, Angelo Fontana, di cui non mi fiderei nemmeno se si confessasse davanti alla morte: ai Magistrati onesti, consiglierei di guardare di più alle cose che dice di non sapere, che a quelle che ha dimostrato di conoscere per accreditarsi come “pentito”. Lui non può non sapere di via D’Amelio e lo scrivente, a Lei ed alla sua commissione, spiegherà il perché!!!
L’emersione della mia granitica verità cominciò a Roma dove il pomeriggio del 25 febbraio del 2002, per cominciare i lavori per la produzione della fiction televisiva ispirata alla mia storia - fortemente voluta dall’On Alfredo Mantovano – nella sala Vivaldi dell’Hotel Majestic, avvenne l’incontro fra lo scrivente, l’On Alfredo Mantovano, il Magistrato che aveva fatto le indagini giudiziarie per conto della commissione Antimafia dottor Gianfranco Donadio, i due produttori, il regista, due sceneggiatori e forse anche qualche accompagnatore.
Speravo con tutte le mie forze di sbagliarmi, ma più indagavo a difesa di Vittorio Teresie della Procura di Palermo più il mio movente sulla strage di via D’Amelio si faceva prepotentemente largo.
In quei circa 4 anni che mi videro viaggiare, da Vicenza a Palermo e viceversa, ogni settimana in aereo per espletare il mio compito di Consulente del Sindaco Leoluca Orlando e di Presidente dell’Associazione Antiracket di Palermo per motivi di sicurezza dormivo presso gli alloggi ufficiali della Caserma Lungaro.
I fatti di cui vi documenterò e argomenterò vi dimostreranno che la verità sulle stragi non potrà mai essere accertata da quella stessa potente corporazione - Magistratura - che ha dentro le sue inadeguatezze il velenoso seme omissivo: da Cesare Terranova (25 settembre 1979) a Paolo Borsellino (19 luglio 1992) l’uscita di scena di quegli eroi era la soluzione al problema giudiziario che metteva in difficoltà “il tavolino” del potere esecutivo e dell’opposizione del nostro Paese.
La Magistratura dominante, sempre pronta ad accogliere “il velenoso pentimento” dei peggiori infami e assassini, di gente meschina e interessata a depistare la verità, è sempre fuggita dalle mie ragioni di patriota e di uomo libero, chiudendosi in quel silenzio che all’inizio può apparire giustificato dalle indagini ma poi esprime “l’arroganza esecutoria” di chi detiene il massimo dei poteri contro la verità.
La mia storia “offre in piena visione” le storiche motivazioni delle rinunce d’un popolo da sempre ostaggio dell’inganno politico che si nutre di quel bisogno che abbassa notevolmente il livello della dignità umana dei cittadini e concretizza il profitto affaristico e politico delle iene e degli sciacalli, dei teatri del potere ad ogni costo. Già negli anni 80, nei tuguri prefettizi palermitani, infami sgherri istituzionali alla Bruno Contrada, scrivevano di me che ero psico-labile è curavano con dovizia certosina, le luride lettere anonime utilizzate dal contesto infernale della calunnia mafiosa di sinistra, contro lo scrivente.
A conferma dell’indegna, omissiva e diffamatoria condotta di quei “siti istituzionali” che agivano in sintonia con la Procura di Palermo, contro i miei patriottici idealie contro le ragioni di migliaia e migliaia di lavoratori che sottoscrivevano sempre a centinaia le mie denunce contro Fincantieri e “cosa nostra”, ci sono le risultanze investigative della relazione approvata all’unanimità da questa commissione Antimafia il 26 gennaio 1999, relatore Alfredo Mantovano e Presidente Ottaviano Del Turco.
Questo è il sistema che ha “sconfitto” l’uomo Gioacchino Basile ma non le sue ragioni: una storia inconfutabilmente vera che con il tradimento istituzionale e l’isolamento di molti “politici siciliani” della mia stessa area politico-sindacale è stata relegata fra le pieghe della cronaca anche in presenza dei notevoli sforzi e della piena solidarietà dell’On. Alfredo Mantovano.
La mia storia è ben conosciuta dal senatore Beppe Lumia, dal senatore Costantino Garraffa, dal senatore Achille Serra, dal suo vice e mio estimatore ed amico On. Fabio Granata; e poi ancora dall’On. Antonio Di Pietro – nel 2001 fui candidato al senato con la sua lista-, dal Presidente del Senato Renato Schifani, che fu mio avvocato in cassazione per il procedimento del lavoro e da tantissimi altri parlamentari e senatori della nostra Repubblica i quali mi hanno sempre espresso pubblicamente stima e solidarietà.
So perfettamente che nessuno è mai riuscito a salvare le sue ragioni e la sua vita provenendo dalle seppur dignitosa povertà delle periferie siciliane, dove i problemi più gravosi che gli onesti si trovano ad affrontare non sono quelli che si trovano davanti ma quelli che si lasciano dietro. Ma le assicuro, sul mio onore di uomo libero, che non uscirò dalla scena della mia vita vinto dalle “esigenze democratiche” di quegli infami che, con le stragi del 1992, si salvarono dall’olocausto giudiziario e che, esercitando poi il ricatto e l’inganno moralista, predisposero su quelle eroiche macerie umane le loro infami fortune economiche e politiche.
Per darLe in pittorica visibilità l’infernale scenario palermitano le notifico che il “pentito” Francesco Onorato, pochi giorni dopo aver ucciso Salvo Lima, girava di casa in casa fra i suoi parenti ed amici invitandoli a votare per Sergio Mattarella, fratello di Piersanti, ucciso da “cosa nostra” e figlio di Bennardo, quello citato con insistenza, nella strage di Portella della Ginestre...
La morte chiude la sofferenza dell’uomo; il tradimento vissuto – già da ben 27 anni - squarcia ogni giorni le carni degli uomini liberi… Il mio dolore non ha tregua…
Sulla base delle Sue responsabilità Istituzionali e del giuramento fatto alla nostra Costituzione ed alla nostra Repubblica, detiene poteri validi ed efficaci a far accertare, se la mia verità sui fatti che determinarono l’urgente strage di via D’Amelio è degna d’attenzione oppure se lo scrivente è un calunniatore da mandare in galera.
Il sottoscritto ha dato la sua vita in olocausto ai suoi valori: non è il Magistrato ben retribuito che dovrebbe agire con onore e troppe volte non lo fa; non è il poliziotto o il carabiniere che agiscono per retribuito dovere; non è il figlio di Vito Ciancimino; non è il “pentito” di turno; non è la calunniatriceche il nostro Stato ha premiato con la medaglia d’oro…; non è l’infame politico che agisce per suo lurido profitto sfruttando i più elementari bisogni della nostra gente;….è semplicemente Gioacchino Basile
Per questo e per le cose che per motivi di opportunità argomenterò ampiamente in sede di audizione, Le chiedo rispettosamente di ascoltarmi insieme alla Sua commissione, con le dovute garanzie previste dalla legge, nell’interesse dell’Onore del nostro Paese.
Nella malaugurata ipotesi che Lei sfuggisse al suo giuramento di lealtà alla nostra Costituzione,escludendomi dalle audizioni di merito, costringendomi a rivolgermi all’alta Corte di Giustizia Europea dei diritti dell’uomo per denunciare il mio Paese Le comunico, fin d’adesso, che anche Lei contribuirà a dare per l’ennesima volta al nostro Paese ed alla sua storia l’infamia del disonore di coloro che, pur sapendo, tacciono…
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