Strage di Bologna. Fuori dal contesto

Marco Travaglio docet: i fatti separati dalle opinioni.
Marco Travaglio nel suo libro "La scomparsa dei fatti" aveva scritto:
"Se si aprisse un dibattito sulla Resistenza italiana al nazifascismo, senza parlare della Repubblica di Salò e dell’occupazione nazifascista dell’Italia, i partigiani diventerebbero un’associazione di terroristi o una banda di criminali che si divertivano a sparare ai loro connazionali solo perché vestiti di nero".
E’ quello che viene in mente quando si osservano i fischi con i quali, da anni, i rappresentanti del governo vengono accolti dai cittadini di Bologna, ogni 2 agosto.
Commemorazione dev’essere, e commemorazione è stata. Infatti i bolognesi non dimenticano. Forse è Bondi, che parla di "odio politico e ideologico", che dimentica. Dimentica le traversie del processo; dimentica il depistaggio operato da Licio Gelli (fondatore della loggia P2 di cui faceva parte anche Berlusconi) e dai membri del SISMI Francesco Pazienza, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte; dimentica che ci sono voluti 15 anni per avere una sentenza definitiva per gli esecutori della strage, identificati nei neofascisti Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, mentre i mandanti sono ancora ignoti.
E’ ovvio che, fuori dal contesto, i fischi a Bondi durante la cerimonia di commemorazione sono una cosa piuttosto sgradevole, ma si possono interpretare i fischi senza tener presenti i depistaggi, le false informative, i dossier fasulli, le reticenze, il segreto di Stato? Si possono criticare quei fischi senza ricordare cosa si sta fischiando?
Eppure, buona parte dell’informazione che conta si limita a fare da cassa di risonanza delle dichiarazioni dei politici, la stessa informazione che Freedom House ha collocato l’Italia al 72esimo posto per la libertà di stampa, nella fascia dei paesi semi-liberi.
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