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Strage continua, strage di Stato

Cominciamo dando i numeri, sui quali non dovrebbero esserci disaccordi (ma poi scopriamo che non è così, proprio come alle manifestazioni non c’è accordo tra la questura e gli organizzatori): 16 morti ogni giorno, 25 scontri ogni ora, un morto ogni ora e mezzo.
 
È il resoconto di una zona di guerra, di un Paese bagnato dal sangue? Sì e no.
Sono i morti della strada, sono le cosiddette vittime della strada. Vittime di una morte assurda e di un silenzio rotto soltanto dagli episodi più clamorosi; tradite dalla carenza di una giustizia che sembra perdonare i colpevoli, come fossero irresponsabili o come se quelle morti fossero delle ragazzate.
Elena Valdini racconta questa “Strage continua” (pubblicato da poco da Chiarelettere, 2008, Milano), una strage che riguarda non solo i morti e i mutilati, ma le famiglie, gli amici, tutti noi. Testimoni impotenti di un destino che potrebbe essere evitato.
 
Ed è buffo pensare alle reazioni di fronte alla caduta di un aereo: che cosa accadrebbe – si domandano Massimo Cirri e Filippo Solibello nella prefazione – se gli aerei cominciassero a cadere ogni giorno? Quanto tempo servirebbe per intervenire e per cercare una soluzione? Tre, quattro, cinque giorni e il traffico aereo sarebbe paralizzato. Sulle strade, da anni, muoiono molte più persone di quante ne muoiano negli incidenti aerei. Eppure una “ipnosi collettiva” le relega alle stragi del sabato sera, per le quali ci si indigna qualche minuto per poi dimenticarle e, soprattutto, per non correre ai ripari.
La stessa distrazione avvolge la terza domenica di novembre, che dal 26 novembre 2005 è la giornata in memoria delle vittime della strada (istituita dalle Nazioni Unite).
 
Elena Valdini ci invita a cercare su google news i numeri di questo sterminio: spaventoso e ingiustificabile. Scontri su strada, li chiama. Ed elenca le mancanze dell’Italia sia sul fronte della sicurezza che di quello della giustizia. Che non è vendetta, ma richiesta di giustizia, inutile a riportate in vita o in salute il proprio caro, ma in grado di placare in piccola parte il tormento di chi rimane. Due mesi di sospensione della patente per chi ha investito e ucciso Alessandro, 14 anni. Ed è solo un esempio tra gli innumerevoli.
 
Accanto alla denuncia c’è il racconto delle iniziative che vogliono combattere questa strage, nate spesso dal dolore privato e indirizzate a prevenire e ad aiutare le vittime e i familiari. Nate dalla società civile. Invece lo Stato Italia si guarda bene dall’attuare una seria politica di prevenzione: mentre la Francia, la Svizzera e la Svezia investono oltre venti euro per cittadino per la sicurezza stradale, nel triennio 2004-2006 nemmeno le briciole sono state destinate a questo aspetto; sono stati elemosinati solo 90 centesimi per il 2007-2009. Una strage di Stato che costa, oltre all’incalcolabile danno delle morti e delle conseguenze permanenti, 35 miliardi ogni anno.
 
Quella educazione stradale che lo Stato snobba, viene promossa dall’Aifvs (Associazione italiana familiari e vittime della strada), che a cominciare dalle scuole racconta questa drammatica realtà. Ne emerge una mappa insanguinata dell’Italia che non risparmia nessun angolo, nessuna strada.
“Negli ultimi dieci anni in Italia è scomparsa una città delle dimensioni di Pavia, o di Asti, Grosseto, Caserta, Como, Varese, Treviso, Lucca, Lecce, Pistoia, Alessandria, Brindisi… vale a dire, una città di ottantamila persone”. Ottantamila. “Non si contano i dolenti, non si contano i necrologi”.
 
Sono le persone e le associazioni, e non lo Stato, a cercare di rimediare alla strage: Valdini alle pagine 181-195 elenca tutti i contatti utili.
E chi non muore spesso paga un prezzo altissimo di disabilità. E anche in questo caso si subiscono spesso, oltre al danno, le offese dell’indifferenza e del sopruso.
“È più facile trovarsi concordi sulla lotta alle mine antiuomo che d’accordo nel rispettare i limiti di velocità”, commenta Valdini con amarezza. E forse l’inizio è proprio questo: cambiare la percezione del fenomeno, la trascuratezza verso quella lunga lista di vittime innocenti.
 
L’inizio di una strada che deve comprendere un cambiamento sulle pene ai “pirati della strada” (forse l’epiteto rimane la pena più dura, perché spesso quella effettiva è di pochi mesi, pena sospesa, condizionale: in una parola, assoluzione, impunità), sulla sicurezza, sull’informazione, sulla battaglia all’assunzione di alcolici e stupefacenti per chi poi si mette alla guida, sulla potenza dei veicoli – vere e proprie macchine da guerra.
 
Un capitolo particolarmente straziante è quello dedicato alle perizie dei medici legali e degli psichiatri. “Per non dimenticare ciò che resta, dopo la strada: una mezza strada, una mezza cena; una mezza voglia, una mezza idea, «una casa scoperchiata»”. E per invocare un intervento decisivo e drastico. “La strage stradale non è più una faccenda altrui: è tempo di decidere da che parte stare. I tempi sono maturi perché qualcosa cambi”.

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