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Stati Uniti, la crisi degli uffici mangia le riserve bancarie

Il forte aumento di crediti deteriorati all'immobiliare non residenziale statunitense ora si estende anche ai grandi gruppi bancari. Una crisi annunciata?

Lo scorso anno ho segnalato il rischio potenzialmente sistemico rappresentato, per il sistema bancario statunitense, dal cosiddetto immobiliare commerciale, segnatamente gli uffici. Analoga criticità esiste in Europa, naturalmente, ma negli USA i tassi sono più elevati. Ora, dai dati della Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), l’agenzia federale di assicurazione sui depositi, si scopre che le riserve per perdite su crediti delle maggiori banche statunitensi sono diventate inferiori allo stock di crediti incagliati o in arretrato con le rate.

ANCHE LE GRANDI SOFFRIRANNO?

Come segnala il Financial Times, le riserve medie di JPMorgan Chase, Bank of America, Wells Fargo, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley sono scese da 1,60 dollari a 90 centesimi per ogni dollaro di debito immobiliare commerciale che risulti in ritardo coi pagamenti da almeno 30 giorni. Nell’ultimo anno tali posizioni, per le stesse banche, sono triplicate a 9,3 miliardi di dollari. Per l’intero sistema bancario statunitense, i crediti deteriorati relativi all’immobiliare commerciale sono passati lo scorso anno da 11,2 a 24,3 miliardi di dollari, abbattendo il rapporto di copertura da 2,2 a 1,4, nuovo minimo da sette anni. Secondo alcuni osservatori, la crisi potrebbe toccare un picco di 60 miliardi di dollari di deteriorati entro cinque anni.

A inizio del mese di febbraio, la New York Community Bancorp, che aveva assorbito le parti presunte sane di Signature Bank, saltata lo scorso anno, ha annunciato nuove perdite su crediti immobiliari commerciali, ed è stata pesantemente punita dal mercato, arrivando a dimezzare la propria quotazione in pochi giorni.

Il punto è quindi che pare in arrivo uno tsunami di perdite su crediti immobiliari commerciali (uffici, centri commerciali ecc.), e di conseguenza le banche dovranno aumentare in modo corposo gli accantonamenti a perdite su tali crediti. Le autorità sono attese modellare gli stress test in funzione di questo specifico rischio.

Il deterioramento è tale che da più parti si ritiene che gli accantonamenti basati sui tassi storici di perdite siano del tutto insufficienti, vista la peculiarità della situazione corrente. Ricordiamo che il problema nasce soprattutto dall’insufficiente tasso di saturazione della superficie offerta, conseguenza dello sviluppo di forme di lavoro ibrido. Il forte aumento dei tassi d’interesse ha reso fragili le strutture finanziarie dei debitori, secondo lo stesso schema visto in Europa.

Col progressivo arrivo a scadenza di posizioni debitorie, la rinegoziazione avviene a tassi molto elevati, e questo rischia di dare il colpo di grazia a debitori che magari sin qui avevano retto al calo dei tassi di occupazione solo grazie a prestiti negoziati anni addietro a condizioni eccezionalmente favorevoli, in pratica il tasso zero.

LA CRISI TARDA, È SOLO RINVIATA?

Estendendo il ragionamento a tutta l’economia statunitense, si ritiene che la stretta monetaria non abbia sin qui prodotto i danni che ci si attendeva in conseguenza di due grandi fattori: in primo luogo, la persistenza di un deficit federale elevato, superiore al 6 per cento durante un’espansione; in secondo luogo, alla presenza di indebitamento a tasso prevalentemente fisso e lunga scadenza, che ha finora isolato la maggior parte dei debitori dalla stretta. Ma, poiché i tassi non scendono e le scadenze si approssimano, la situazione potrebbe peggiorare rapidamente, e l’immobiliare commerciale sarebbe la punta dell’iceberg.

Sinora, i problemi di crediti deteriorati dell’immobiliare commerciale hanno colpito soprattutto le banche minori e di dimensioni medie, risparmiando i colossi del credito, che infatti lo scorso anno hanno goduto del favore del mercato, ricevendo grandi masse di depositi in fuga dalle banche minori. Ora la situazione sta cambiando, in peggio, anche per loro.

Contrariamente a quanto spesso affermato, l’esposizione all’immobiliare commerciale da parte delle banche di minori dimensioni, quelle regionali e di comunità, non è del 60-70 per cento del totale bensì del solo comparto bancario. Le banche di maggiori dimensioni, quelle con attivi di almeno 160 miliardi di dollari, rappresentavano lo scorso anno circa il 12 per cento del volume di credito erogato all’immobiliare non residenziale, contro il circa 14 per cento delle banche regionali e il circa 10 per cento delle community bank.

Il rovescio della medaglia di questo dato è, appunto, che le grandi banche americane sono esposte in modo non trascurabile al comparto, direttamente e indirettamente, come del resto confermato dal balzo dei crediti deteriorati. E con discreta probabilità hanno sotto-accantonato per il rischio di perdite. Il totale del debito immobiliare commerciale statunitense è stimato in 4.500 miliardi di dollari, incluso il comparto multifamily, quindi in senso lato.

Creditori del Commercial Real Estate USA – Fonte

Si segnalano poi prassi contabili che potrebbero causare problemi di stigma e sospetti di mercato: secondo i dati della FDIC, Bank of America segnala che sui propri crediti i ritardati pagamenti (delinquencies) dell’immobiliare non residenziale sono balzati del 50 per cento nell’ultimo trimestre del 2023, a 2,1 miliardi di dollari. Nel contempo, la banca ha ridotto di 50 milioni di dollari gli accantonamenti a quella tipologia di perdite su crediti, che ora assommano a poco meno di 1,3 miliardi. Spetta al regolatore alzare la bandiera di avvertimento.

Occorre quindi tenere d’occhio questa tendenza, come del resto tutti gli effetti differiti legati alla condizione di tassi alti più a lungo del previsto (higher for longer), perché da qui potrebbero emergere problemi sistemici, oppure una più che probabile stretta creditizia, che inizierebbe quindi a mordere quando osservatori e commentatori iniziano a rilassarsi. Va da sé che, in caso di tensioni sistemiche, il mercato reagirebbe precipitandosi a comprare il presunto porto sicuro dei Treasury, liberandosi dell’azionario. Seguiremo questa crisi, che al momento pare piuttosto telegrafata.

P.S. In Europa, pare che le banche italiane non siano particolarmente esposte all’immobiliare commerciale. Meglio così.

Foto di CHUTTERSNAP su Unsplash

Questo articolo è stato pubblicato qui

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