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Stati Uniti d’Europa?

A elezioni europee concluse possiamo tranquillamente osservare che di Europa si è parlato molto poco e che i risultati elettorali per gli euroscettici sono stati contenuti, e soprattutto essi sono divisi tra loro sul da farsi. Una cosa è certa, che la paura di vedere di molto svalutata la propria capacità di spesa, in un eventuale uscita dalla moneta comune, ha tolto molti voti ai 5 Stelle, voti che si sono riversati nel rassicurante Partito Democratico, la DC del duemila.

Purtroppo l’Europa, malgrado la veneranda età (i trattati di Roma risalgono al 1957) non si è assolutamente diretta verso l’integrazione per arrivare agli Stati Uniti d’Europa, ma a tutt’oggi è gestita in modo autoritario dalla famosa “troika”: Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea.

La crisi economica iniziata nel 2007, proveniente dagli USA, prima finanziaria e poi estesa a tutta l’economia, non è stata fronteggiata da una Europa compatta e coesa ma ha visto alcuni paesi europei più forti (Germania, Francia, Inghilterra) insieme ad americani, cinesi e russi approfittare della crisi per comprare a prezzi stracciati i migliori marchi della nostra produzione industriale e dei paesi più deboli della comunità europea.

Ben diversa sarebbe stata la storia se l’Europa avesse preso in carico il debito di tutti i suoi Stati emettendo Eurobond (vanificando così la speculazione internazionale su singoli paesi), unificato la ricerca tecnologica e scientifica senza mandare i migliori cervelli oltre Atlantico, unificato gli eserciti e allontanato la Nato, unificato legislazione sul lavoro, giustizia e leggi elettorali.

Per una Europa del genere, fuori da ogni alleanza militare e politica, il futuro sarebbe stato quello di prima grandezza tra le potenze mondiali, insieme a Cina, Russia, Usa, India. Per una Europa del genere varrebbe la pena impegnarsi, abbiamo fatto le elezioni una settimana fa e di tutto ciò non si è nemmeno parlato.

Comunque, per i disinformati dalla TV, ecco un elenco di fatti, sicuramente incompleto, che rendono la ripresa della nostra economia una chimera, che riguarda tutte le imprese italiane che sono state comprate da soggetti stranieri, a cui bisogna aggiungere le decine di migliaia di imprese italiane che hanno delocalizzato la propria attività in paesi stranieri dove pagano meno tasse e pagano meno la manodopera, determinando il licenziamento di centinaia di migliaia di lavoratori.

MARCHI DEL MADE IN ITALY CHE NON C’E’ PIU’:

settore agroalimentare

• CHIANTI CLASSICO (per la prima volta un imprenditore cinese ha acquistato una azienda agricola del Gallo nero) 

• RISO SCOTTI (il 25% è stato acquisito dalla società alla multinazionale spagnola Ebro Foods)

• PELATI AR - ANTONINO RUSSO (nasce una nuova società denominata "Princes Industrie Alimentari SrL", controllata al 51 per cento dalla Princes controllata dalla giapponese Mitsubishi)

• STAR (passata al 75% nelle mani spagnole del Gruppo Agroalimen di Barcellona (Gallina Blanca)

• ESKIGEL (produce gelati in vaschetta per la grande distribuzione - Panorama, Pam, Carrefour, Auchan, Conad, Coop) (ceduta agli inglesi con azioni in pegno d un pool di banche).

• PARMALAT (acquisita dalla francese Lactalis)

• GANCIA (acquisita al 70% dall’oligarca russo Rustam Tariko)

• FIORUCCI –SALUMI (acquisita dalla spagnola Campofrio Food Holding S.L.)

• ERIDANIA ITALIA SPA (la società dello zucchero ha ceduto il 49% al gruppo francese Cristalalco Sas)

• BOSCHETTI ALIMENTARE (cessione alla francese Financière Lubersac che detiene il 95%)

• FERRARI GIOVANNI INDUSTRIA CASEARIA SPA (ceduto il 27% alla francese Bongrain Europe Sas)

• DELVERDE INDUSTRIE ALIMENTARI SPA (la società della pasta è divenuta di proprietà della spagnola Molinos Delplata Sl che fa parte del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata)

• BERTOLLI (venduta a Unilever, poi acquisita dal gruppo spagnolo SOS)

• RIGAMONTI SALUMICIO SPA (divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società olandese Hitaholb International)

• ORZO BIMBO (acquisita da Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis)

• ITALPIZZA (ceduta all’inglese Bakkavor acquisitions limited)

• GALBANI (acquisita dalla francese Lactalis)

• CARAPELLI (acquisita dal gruppo spagnolo SOS)

• SASSO (acquisita dal gruppo spagnolo SOS)

• FATTORIE SCALDASOLE (venduta a Heinz, poi acquisita dalla francese Andros)

• PERONI (acquisita dall’azienda sudafricana SABMiller)

• INVERNIZZI (acquisita dalla francese Lactalis, dopo che nel 1985 era passata alla Kraft)

• LOCATELLI (venduta a Nestlè, poi acquisita dalla francese Lactalis)

• SAN PELLEGRINO (acquisita dalla svizzera Nestlè)

• STOCK (venduta alla tedesca Eckes A.G., poi acquisita dagli americani della Oaktree Capital Management)

• ANTICA GELATERIA DEL CORSO (acquisita dalla svizzera Nestlè)

• BUITONI (acquisita dalla svizzera Nestlè)

• PERUGINA (acquisita dalla svizzera Nestlè)

Elaborazione Coldiretti (comunicato stampa 4 luglio 2013)

 

Oltre a queste imprese dell’agroalimentare, imprese di tutti gli altri settori economici sono stati acquisiti da soggetti stranieri e l’elenco non è completo:

• Banca Nazionale del Lavoro acquisita da BNPParibas, Francia)

• BULGARI-GUCCI-FERRE’-COIN, Francia

• VALENTINO, Inghilterra

• STANDA – DUCATI, Germania

• SAFILO, Olanda

• REX-ZOPPAS-ZANUSSI-MOLTENI, Svezia (Elettrolux)

Inoltre, massiccia è la penetrazione dei grandi gruppi della distribuzione (Carrefour, Auchan, Leclerc, Ikea, etc.) che portano all’estero profitti da tutti i nostri consumi.

Aggiungiamo che i nostri cantieri navali sono in crisi grazie alla concorrenza di Cina e Corea del Sud che producono a prezzi inferiori e con minori attese per le consegne, anche Alitalia si avvia a diventare araba, mentre la Fiat (ora FCA) non è più italiana sia come sede che ai fini fiscali. Recentissimamente i russi sono entrati nella Pirelli con oltre 500 milioni di euro. ENI e Finmeccanica sono i cosiddetti gioielli ancora da cedere.

Da questi dati è evidente che miliardi di profitti di tutti i settori non restano più in Italia, aggiungiamo la piaga dei capitali esportati clandestinamente nei paradisi fiscali, pensiamo ai 2.107 miliardi di euro di debito pubblico che ci costa di interessi 80 miliardi di euro l’anno e la famosa ripresa della nostra economia, senza scelte eccezionali da parte del governo, appare una pietosa bugia, buona per cittadini trattati da sudditi.

Questi sono i risultati della tanto decantata Unione Europea e della tanto decantata globalizzazione le cui logiche sono quasi tutte da abbandonare. Penso sia utile diffondere queste informazioni, con le modalità che ciascuno ritiene di usare. 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.217) 14 giugno 2014 19:56

    Sig. Paolo,

    grazie per l’articolo, anche se lascia l’amaro in bocca.

    Vorrei solo puntualizzare che il programma per le europee del Movimento 5 Stelle andava esattamente nella direzione da lei auspicata. Forse il programma non è stato spiegato e propagandato bene, forse non è stato recepito a causa dell’oscuramento da parte di altri argomenti più banali e semplici.

    Cordiali saluti,

    Gottardo

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