Somalia: la guerra dimenticata dai grandi della Terra

Infatti, il fronte anti governativo islamico, legato ad al Qaeda, ha scatenato una forte offensiva contro Mogadiscio. Sono centinaia i morti, migliaia i feriti e centinaia di migliaia i profughi. Una guerra civile diffusa che dura dal 1991, senza quartiere né regole, bambini soldato, massacri di civili, saccheggi e distruzione degli edifici delle Nazioni Unite.
Le milizie integraliste, combattono contro il governo provvisorio riconosciuto dall’Onu casa per casa. I civili, come sempre, sono al centro del fuoco incrociato. In passato, con l’intervento dell’esercito etiope, era stata ristabilita una parvenza di legalità in Somalia, ma le cosiddette Corti Islamiche si sono riorganizzate e, con l’appoggio dell’Eritrea, hanno lanciato una pesante controffensiva riuscendo a giungere di nuovo nella capitale, dove il 28 luglio scorso i ribelli hanno proclamato un’amministrazione parallela.
La traversata è molto rischiosa. Nel 2008 mille persone hanno perso la vita e i dispersi sono stati almeno 225. Nel 2007 i morti ed i dispersi sono stati rispettivamente 267 e 118. Dall’inizio del 2009 sono già 300 le vittime delle correnti e degli scafisti senza scrupoli. Se la situazione a Bosaso non precipita prima e se i migranti riuscissero a raggiungere le coste dello Yemen, il governo di Sa’ana si troverebbe a gestire una vera e propria emergenza umanitaria.
La legge yemenita riconosce ai cittadini somali lo status di rifugiati politici, che vengono accolti, curati, rifocillati e condotti nei campi profughi, dove ricevono protezione legale, fisica e sanitaria. Solo a Kharaz ci sono già 13mila persone, senza contare le migliaia di rifugiati e migranti che vivono nei sobborghi delle città più grandi in Yemen. Una situazione difficile da gestire, anche con l’aiuto dell’Onu e delle sue agenzie. Alcuni dati rendono l’idea dell’enorme pressione migratoria alla quale è sottoposto un Paese non ricco come lo Yemen: nel 2008 sono giunte sulle coste yemenite almeno 50mila persone. Solo nei primi mesi del 2009 sono state 30mila gli sbarchi.
Secondo i dati dell’Internal Displacement Monitoring Centre (Idmc), un’organizzazione non governativa che si occupa dei sfollati interni, sono almeno 100mila le persone in fuga dai combattimenti che hanno causato la morte di centinaia di civili. Ad aprile, inoltre, dopo anni sono riapparse le bandiere e i militanti del Pdry, la sigla del governo socialista del sud che dichiarò la secessione.
Nel 1994 alcuni ufficiali e politici di ispirazione marxista proclamarono la secessione della regione meridionale dello Yemen che assunse il nome di Repubblica Democratica dello Yemen con capitale Aden. Non riconosciuto internazionalmente, questo tentativo di secessione venne stroncato in due settimane di combattimenti dalle forze governative. La protesta era guidata dagli ex militari e funzionari pubblici che, in cambio della resa, avevano ottenuto la promessa di un reinserimento nella vita del Paese.
Scontri, arresti e disordini. Il primo ministro yemenita, Ali Mujawir, ha dichiarato: “abbiamo scoperto la presenza di un legame tra i terroristi di al Qaeda, i ribelli sciiti del nord e i secessionisti del sud. Quello che sta accadendo in questi mesi in Yemen ha una regia straniera. Questi tre gruppi satanici hanno contatti pregressi. Il nostro lavoro è quello di non consentire che lo Yemen diventi un rifugio sicuro per i terroristi”.
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