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"Senza proprietà non c’è libertà. Falso!". Un libro Laterza di Ugo Mattei

L’organizzazione sociale basata sulla proprietà privata è ingiusta. E nulla può rivelarlo meglio di un fenomeno catastrofico e globale come l’ultima crisi finanziaria. Eppure, di fronte all’enormità del disastro, la schiera dei sostenitori del sistema economico dominante s’infoltisce, invece che estinguersi: curioso movimento che testimonia di quanto esso si nutra più dell’ideologia che lo sostiene che dei propri effetti reali. Uno degli slogan preferiti da questa ideologia è quello secondo il quale “la proprietà privata è la guardiana di ogni altro diritto”.

Ma è veramente così? E se mai lo è stato davvero: lo è ancora? Viene piuttosto il sospetto che dietro la proprietà privata si nasconda un potere privante che si arroga (non solo legalmente; ma con la perversa malafede di star facendolo per il bene di tutti) il diritto di decidere chi possiede e chi no, chi sta bene e chi no, chi sopravvive… e chi deve soccombere. Un uomo che non possiede nulla e che, per tirare avanti, è costretto a fare un certo tipo di lavoro accettando un certo tipo di salario, non può veramente dirsi libero. Si può sfruttare l’uomo per il bene dell’economia? Si può essere “proprietari” della natura (come quelle multinazionali che brevettano i DNA delle piante esistenti)? Di chi è guardiana la proprietà privata: della libertà dell’uomo, o del potere dominante? In vari modi e con diverse enfasi la problematicità (per usare un eufemismo) della proprietà privata è stata trattata spesso in filosofia, da Rousseau a Proudhon (autore del celebre: “La proprietà privata è un furto”) passando, ovviamente, per Marx. È necessario arrivare a demolire l’idea stessa di proprietà privata per criticare efficacemente l’attuale assetto economico e sociale? Non c’è dubbio infatti che esso vada criticato, e in maniera concreta e urgente; ma se il suo stesso presupposto (la proprietà privata) vada abolito senza mezzi termini… resta un aspetto da esaminare con molta cautela, in una trattazione ben più ampia e a 360 gradi di quella proposta in questo saggio dalle dimensioni (non dalle ambizioni) modeste, che pure ha il pregio di assumere una posizione netta e di esporla senza infingimenti né riduzioni. Tema da approfondire in un dibattito pubblico sui mezzi d’informazione di massa.


U. Mattei, Senza proprietà non c’è libertà. Falso!, ed. Laterza, 2014, pp. 84, euro 9.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.176) 6 settembre 2014 23:07

    In senso molto generale si può definire la proprietà come il potere di disporre di una cosa in modo esclusivo e totale.

    Il concetto di proprietà ha senso se esiste la possibilità che la cosa in questione sia contendibile, altrimenti non avrebbe senso poggiarlo sul termine "potere", che implica la capacità dell’individuo di imporre la disponibilità esclusiva sulla cosa, cioé di negare la pretesa di un altro soggetto di disporre della stessa cosa.

    Ad esempio si applica al caso di un predatore che esercita il potere di interdire ad altri predatori la possibilità di godere del suo territorio di caccia. Non avrebbe senso nel caso in cui non vi fossero altri predatori che pretendano di usufruirne.

    Nei gruppi formati da esseri sociali, regolati da norme di comportamento che consentono l’esistenza del gruppo stesso, la proprietà inizia a prendere la forma di un "diritto" nella misura in cui gli altri membri del gruppo riconoscono all’individuo il potere di disporre in modo esclusivo e totale di una certa cosa astenendosi dal contendergliela.

    La proprietà diventa quindi un diritto quando il gruppo sociale riconosce all’individuo la facoltà di disporre in modo esclusivo e totale di una cosa senza che questi debba esercitare un potere suo proprio.

    Nelle società umane la proprietà è un diritto dell’individuo riconosciuto, sancito e regolato dalle norme del patto sociale.

    In altri termini: la proprietà deriva dal riconoscimento di un diritto in capo all’individuo da parte della società.

    E poiché sarebbe contraddittorio che la società riconoscesse un diritto individuale che per essa fosse nocivo, se ne conclude che la società riconosce come utile il diritto di proprietà individuale nei limiti e nelle modalità di godimento da essa stabiliti.

    Tutta questa lunga premessa serve per affermare un principio: il diritto di proprietà individuale non ha nulla che trascenda la società che lo riconosce e sussiste nella forma e nelle modalità di godimento da essa stabilite e fino a quando lo riconosce utile.

    Il diritto di proprietà, dunque, attiene alla sfera delle libertà individuali, ma nella misura e con le modalità di godimento stabilite dalla società.

    L’individuo che rigetti questa condizione può porsi fuori dalla società, oppure può porsi contro di essa, fondando la proprietà non sul diritto ma sul suo potere di imporla.

    E questo è ciò che avviene oggi: un piccolo gruppo di individui impone alla società il suo potere di disporre in modo esclusivo e totale delle cose al modo che gli è più congeniale.

    Ricordo a questo proposito con quale efficacia è stato contrastato e sconfitto il movimento Occupy Wall Street, al quale lo stesso presidente degli Stati Uniti: Barack Obama, aveva espresso simpatia e comprensione.

    Il Movimento rivendicava esattamente questo: la società può, e deve, porre limiti al diritto di proprietà affinché questo non divenga dannoso per essa.

    E’ stato sconfitto.

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