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Se pensate che la Guerra Fredda sia finita vent’anni fa…

Da tempo sono in corso le trattative tra Sati Uniti e Russia per includere quest'ultima nel futuro sistema di difesa antimissile europeo. Un'ipotesi che solo due decenni fa sarebbe parsa fantascientifica. Ma in realtà le parti sono molto lontane tra loro e lo stallo politico che ne consegue contrasta con l'idea che la contrapposizione dei blocchi sia solo un ricordo del passato.

Durante il recente G8 tenutosi a Deauville, il presidente russo Dmitry Medvedev ha espresso la sua insoddisfazione per come i negoziati stanno procedendo, affermando senza giri di parole che le parti stanno solo perdendo tempo. Mosca vorrebbe avere il controllo parziale del sistema, ma Washington è restia ad accordarglielo.

Ma ciò che Medvedev trova frustrante non è solo la riluttanza degli Usa ad accettare le proposte avanzate dal Cremlino, quanto la vaghezza della Casa Bianca nel fornire garanzie che il nascente sistema di difesa missilistica non sarà rivolto contro la Russia. Garanzie che il presidente russo lamenta di non aver mai ricevuto.

La sensazione di accerchiamento temuta da Mosca è stata rafforzata dall'incontro tra Obama e il suo omologo polacco Bronislaw Komorowski a Varsavia lo scorso 28 maggio, ultima tappa del tour europeo de presidente Usa. L'inquilino della Casa Bianca ha sottolineato l'importanza di una collaborazione con la Russia nel nuovo sistema di difesa, ma ha anche ribadito la volontà di affidarne il controllo esclusivo alla Nato. Una circostanza che Mosca considera quasi una perdita della propria sovranità.

"Invito tutti a pensare in quale mondo vorremmo vivere. In questo caso, sarà un mondo con più lanciatori di missili nucleari. Lo abbiamo già vissuto. Non voglio che l'Europa torni ad esserlo", ha detto Medvedev.

Così le parti hanno convenuto di proseguire le consultazioni per cercare una soluzione reciprocamente accettabile, formula di rito per (non) dire che un accordo è tutt'altro che vicino.

Se un sistema comune di difesa non è fattibile, allora ognuno organizza al meglio il proprio. Puntandolo contro gli altri.

Nei primi di giugno, il generale russo Igor Sheremet, citando un rapporto di analisti militari nel corso di un'intervista all'emittente radio Ekho Moskvy, ha dichiarato che "I paesi occidentali disporranno di almeno 80.000 missili da crociera entro il 2020, di cui circa 2.000 a propulsione nucleare". Missili chiaramente destinati a fini di intimidazione, ha aggiunto.

Già lo scorso novembre il presidente Medvedev aveva annunciato un piano di sviluppo per un sistema di difesa spaziale da mettere in funzione entro il 2011. Il nuovo sistema combinerà la difesa aerea con le reti di difesa missilistica esistenti, integrando altresì i sistemi di allarme e quelli di controllo dello spazio aereo, ponendo il tutto sotto un comando strategico unificato.

Operativamente, i piani militari russi prevedono il coordinamento tra le batterie antimissile S-400 Triumf, i sistemi di difesa aerea S-500 e gli intercettori supersonici MiG-31 risalenti all'epoca sovietica. Il sistema S-500 garantisce una protezione in un raggio di a 600 km (oltre 370 miglia) ed è in grado di impegnarsi contemporaneamente su 10 obiettivi balistici. Lo scorso marzo il colosso bellico russo Almaz-Antei ha reso noto che almeno altri sei modelli avanzati di missili di difesa saranno disponibili entro il 2015.

L'idea di uno scudo antimissile non è nuova e risale almeno ai tempi di George W. Bush. Ufficialmente il sistema di difesa servirà a scongiurare le minacce provenienti da stati-canaglia come l'Iran, sebbene nell'ultimo vertice Nato di Lisbona la Turchia abbia chiesto e ottenuto che non fosse fatta espressa menzione di nessuno in particolare.

Il Cremlino preferirebbe invece una sorta di "approccio settoriale", in cui Russia e Occidente abbiano competenza esclusiva sulle aree geografiche (e geopolitiche) rispettivamente più prossime – vale a dire in quelle che un tempo furono le aree d'influenza dei due blocchi. L'Iran, posto a ridosso dell'Asia Centrale rientrerebbe sotto l'aura di competenza della Russia, che è legata a doppio filo con Teheran da solidi accordi commerciali. Pertanto un'eventuale risposta occidentale alle provocazioni di Teheran sarebbe impossibile.

Inoltre, gli Usa vorrebbero dislocare il nuovo sistema di difesa in Paesi ex socialisti come Romania (con la quale Washington ha appena raggiunto un accordo per la base di Deveselu, sul Mar Nero) e Polonia, ossia dirimpetto ai confini russi, secondo un piano di scadenze previste rispettivamente entro il 2015 e il 2018.

Per finire, restano in sospeso le questioni Ucraina e Georgia. La prima e soprattutto la seconda aspirano all'ingresso nella Nato per garantirsi un ombrello contro le pressioni di Mosca. La guerra russo-georgiana (8-12 agosto 2008) ha dimostrato quanto sia alto il rischio di conflitti tra Mosca e le ex repubbliche sue sottoposte. In caso di difesa missilistica comune, come dovrà reagire la Nato ad una nuova eventuale escalation di tensioni? Quattro anni fa l'Occidente ha biasimato l'assalto di Mosca senza tenere in conto anche le antecedenti provocazioni di Tbilisi. Se la Georgia ingaggiasse nuovamente una serie di scaramucce di confine con il gigante russo, cosa dovrà fare la Nato? Garantirà comunque la difesa della piccola repubblica del Caucaso, o si impartirà una giusta tirata d'orecchie al governo georgiano?

La vicenda in esame evidenzia quanto il “reset” nelle relazioni con Mosca, annunciato da Obama lo scorso anno, sia difficile da tradurre su un piano operativo.

La Russia, afflitta dalla sua cronica sindrome da accerchiamento, non si fida della Nato. Nel 2008 l'analista russo Pavel Bykov scriveva: “La storia dell'impero russo non si differenzia così marcatamente da quella degli altri imperi europei. Per molti aspetti è stata anche più umana. In ogni caso la Russia non ha avuto la possibilità di scegliere se essere un impero o un normale Stato democratico europeo. La scelta che si è presentata è stata se essere impero o colonia”*.

Mosca vuole che i confini siano chiari e definiti, espressione di una sovranità che faccia capo all'interno dello Stato e non anche a qualche fumosa entità sovranazionale. Condividere la difesa, emblema dell'indipendenza sovrana, con un centro culturale e strategico affine ma ad ogni modo diverso come l'Occidente, secondo Mosca equivale a mettere in forse la propria emancipazione.

Anche gli Usa sono diffidenti verso la Russia e non ne fanno mistero. L'approccio strategico della Casa Bianca verso il Cremlino è motivato da ragioni economiche:Washington teme che la crescente dipendenza dell'Europa dalle fonti energetiche russe finisca per allontanare il Vecchio Continente dalle posizioni americane per allinearlo a quelle russe. Perciò l'America di Obama, così come quella del mai rimpianto Bush, continua a fare pressioni affinché Georgia e Ucraina entrino nella Nato, allargando i confini dell'Alleanza alle porte di Mosca.

Caduto un muro se ne alzano altri. Vent'anni dopo, a Est di Berlino si respira ancora la stessa aria.

* P. Bykov, “La Russia ai pessimisti”, Ekspert, 13/01,2008, pag. 11; citato da Andrea Roccucci, “Medvedev il modernizzatore”, in I classici di Limes 3/10, “La Russia sovrana

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