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Scuola: premio al merito in Germania; una rivoluzione impossibile in Italia

Germania: 300 Euro al mese agli studenti meritevoli, poveri o ricchi che siano.

Scuola: premio al merito in Germania; una rivoluzione impossibile in Italia

Dal vocabolario italiano: “Merito, ciò che rende degni di stima, di ricompensa”.

 

La Germania ha recentemente approvato una legge che prevede l’elargizione di un premio in denaro (300€ mensili) agli studenti universitari più meritevoli.

Questo, ed è il particolare importante, indipendentemente dal reddito delle famiglie da cui questi ragazzi dipendono economicamente.

In altre parole, il figlio di un milionario se studia con profitto avrà dallo stato dei soldi tutti i mesi, il figlio di un nullatenente se studia con scarso profitto non avrà nulla.

Un simile sovvertimento dei principi sociali dominanti negli stati assistenziali a cui siamo abituati da decenni ha scatenato polemiche a non finire.

Il nocciolo della contestazione riguarda il diritto allo studio, e la presunta sottrazione di risorse ai bisognosi a favore di chi, invece, ne ha già abbastanza di suo.

Sarebbe ipotizzabile una legge simile in Italia? No, per una serie di motivi.

Innanzitutto in Italia il diritto allo studio è stato sancito non tanto dalla legge ma dalla mancata applicazione della legge. Infatti grazie al drastico abbassamento del livello minimo di conoscenze richiesto per iscriversi all’Università, insieme alla incontrastata evasione fiscale (l’Università in Italia si paga in proporzione al reddito famigliare) chiunque si sia barcamenato in qualche modo fino ad un diploma, può approdare all’università pagando poche centinaia di Euro all’anno di retta. Ma, se le tasse non fossero evase in modo così massiccio, gli indicatori di reddito usati per determinare le tasse universitarie sarebbero assai diversi e le rette pagate decisamente più alte. Inoltre, se fossero applicate alla lettera le disposizioni in tema di valutazione degli studenti nei licei ed istituti vari, molti diplomati si arenerebbero tra i banchi senza mai giungere ad un diploma e quindi all’Università.

In conclusione, il diritto allo studio fino ai livelli più alti in Italia è stato raggiunto abbassando il livello di istruzione richiesto per accedervi e non facendo pagare nemmeno chi dovrebbe. Ovviamente questo ha significato la morte della meritocrazia.

Il risvolto drammatico di tutto questo è che il livello medio di istruzione è stato appiattito sulla capacità media, appunto, degli studenti di apprendere, mortificando le menti migliori e più volenterose. Così facendo si è reciso sul nascere le giovani piante più rigogliose e promettenti che avrebbero potuto svettare sulle altre dando frutti utili a tutti.

La Germania ha fatto una scelta coraggiosa perché ha deciso di premiare il merito, indipendentemente da dove questo si trovi. Ha anche fatto una scelta profondamente a favore del popolo tutto: se anche solo una mente brillante sarà aiutata in questo modo ad esprimere il suo potenziale, magari sarà la mente che farà la scoperta più importante (e lucrosa per il sistema paese che la ospita) del prossimo decennio e ripagherà la società con gli interessi (tasse che pagherà, posti di lavoro che creerà) per la cifra ora ricevuta.

La situazione italiana della scuola in generale e dell’Università in particolare rispecchia l’andazzo complessivo degli ultimi cinquanta anni della nostra società: il merito è faticoso, il talento è da invidiare e sopprimere

I frutti che tale politica ha portato sono sotto gli occhi di tutti, basta vedere come si posiziona il bel paese nella classifica delle nazioni depositarie di brevetti, nella qualità della ricerca scientifica (fatta in Italia, non vale calcolare quella fatta da italiani espatriati), nel valore aggiunto tecnologico (mediamente basso) che i beni trasformati dall’industria italiana hanno.

In conclusione la scelta tedesca dovrebbe far riflettere perché ha indicato una via – forse l’unica - per assicurare un futuro a nazioni vecchie e ricche come quelle europee che saranno sempre più esposte alla concorrenza di nazioni giovani e “affamate”, soprattutto asiatiche.

Sfatando il tabù dell’uguaglianza forzata, affermando a chiare lettere che una mente intelligente e volenterosa merita di essere premiata perché ci guadagnano tutti (anche gli scarsi che vogliono starsene tranquilli nel loro brodino), ha gettato il seme della possibile rinascita della vecchia, corporativa e ingessata Europa. E questo seme, come non potrebbe essere altrimenti, è stato gettato proprio dove tutto ha inizio: dal giovane uomo e cittadino, e dalla sua giovane mente.

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