• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Pensioni: diritto o privilegio?

Pensioni: diritto o privilegio?

La paura di perdere il consenso paralizza i politici quando si tratta di fare scelte impopolari, anche se necessarie. Ma da qualche parte si deve pur iniziare: e se chiamassimo i diritti acquisiti con il loro vero nome, privilegi?

Pensioni: diritto o privilegio?

Non è mai semplice parlare di pensioni in Italia. Non lo è in nessun paese del mondo (almeno in quelli che pagano le pensioni), ma in Italia è forse un poco più complicato. Il motivo? I famosi, temuti, amati o odiati “diritti acquisiti”.

Nel nostro paese ci siamo specializzati nel procurarci dei diritti acquisiti, che proprio per definizioni, una volta acquisiti ed essendo dei diritti diventano intoccabili. Ovviamente in tema di pensioni, su quando andare in pensione e su quanto percepire, ci si è applicati al massimo, e la politica ha capito da sempre quanto paga elargire diritti agli elettori.

Fortunatamente negli ultimi 20 anni si è iniziato a correggere le mostruosità partorite negli anni ’60 e soprattutto ’70. Mostruosità fatte di rendite spropositate in relazione ai versamenti fatti (pensioni con il calcolo retributivo puro), spropositate in relazione alla giovane età in cui si iniziavano a percepire (una per tutte: la “baby pensioni” degli statali poco dopo i 15 anni di servizio), in altre parole regalate per durata e quantità delle somme erogate.

Come dicevamo negli ultimi 20 anni si è rimediato a parecchi errori del passato, ma restano due temi di fondo che continuano ad essere intoccabili e che invece una volta chiariti agevolerebbero qualsiasi ulteriore discussione: il primo riguarda un chiarimento definitivo sulla parola “diritto”, che viene usata per pretendere pensioni che non dovrebbero essere pagate allo stato attuale delle cose.

Questi diritti erano in realtà promesse, fatte in epoche lontane in cui la Cina era ancora un nano economico, i paesi europei avevano valute ed economie separate, il blocco sovietico divideva ancora in due il pianeta, in Italia c’erano la DC e il PCI. In definitiva, lo scenario economico, sociale e politico mondiale (e italiano) è talmente cambiato che una promessa fatta allora vale oggi poco più di un augurio. Quindi a chi chiede sbandierando un diritto così maturato, dovremmo rispondere che non lo è, che è un privilegio e come tale abrogabile proprio perché abbiamo tutti pari diritti.

Secondo, perché mai dobbiamo insistere nell’applicare il principio del chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato?

Perché mai non si dovrebbe ricalcolare la pensione di chi in pensione c’è già, se questa è stata calcolata sulla base retributiva anziché contributiva come si farà per chi in pensione deve ancora andarci? Esistono quindi cittadini di serie A intoccabili, e di serie B che dovranno pagare per mantenere i privilegi dei primi?

Applicare le norme via via più stringenti a chi in pensione deve ancora andarci, con il solo scopo di non toccare le rendite di chi c’è già andato accaparrandosi un privilegio crea una disparità tra i cittadini proprio sul tema dei diritti. Infatti, se ognuno deve contribuire alle esigenze dello stato in proporzione alle proprie possibilità, è per analogia vero che ognuno non deve avere dallo stato più di quello che gli spetta. Se a parità di versamenti uno prende cento e un altro la metà, che fine fa la parità dei diritti?

E considerando l’entità della spesa pensionistica italiana, non è certamente il caso di alzare le nuove rendite al livello delle vecchie, ma di ricalcolare vecchie e nuove sulla base dei nuovi scenari economici, sociali e ovviamente demografici.

Attendiamo quindi un governo che abbia il coraggio di fare finalmente chiarezza dicendo che i diritti acquisiti in questo campo non esistono, che si tratta di privilegi e promesse e come tali bisogna trattarli. Quindi ben vengano le future revisioni delle pensioni, applicate però a tutte: vecchie e nuove. Questo calcolo inoltre renderebbe assai più leggero il calo delle prestazioni fornite perché invece di gravare solo sui risparmi delle future pensioni, si spalmerebbe sull’intera platea dei pensionati riducendo di molto la variazione pro capite.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares