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Scoop del Guardian: la NSA spia le telefonate di milioni di americani

Scoperto dal Guardian un documento che attesta le pressioni della National Security Agency sul provider Verizon, col fine di ottenere i dati della propria utenza. Con l'ordine di cedere informazioni su mittenti, riceventi e durata delle chiamate. A testimoniarlo una sentenza emessa dalla Foreign Intelligence Surveillance Court, ma anche gli interessi di Verizon sul piano nazionale per la banda larga inaugurato nel 2010.

È di ieri la notizia, ed è di quelle che fanno tremare un governo. Secondo quanto riportato dal Guardian, la Foreign Intelligence Surveillance Court avrebbe messo sotto pressione il provider Verizon, imponendogli con una sentenza la cessione in blocco dei dati dei propri utenti. A provarlo un documento top secret ottenuto dal giornale e divenuto oggi di dominio pubblico.

La notizia ha ovviamente allarmato mezza America, ponendo in questione non solo la presunta svolta imposta da Obama nelle strategie di lotta al terrorismo, ma anche il limite imposto dalla giurisprudenza americana tra metadati (mittente, ricevente, durata) e contenuto delle utenze. Ad essere sottoposti all'occhio vigile della NSA (National Security Agency) sarebbero infatti tutti i dati, elaborati dalla sentenza come blocco unico da inviare - e con una certa celerità - da Verizon ai servizi d'intelligence americani. Indifferentemente dalla condizione dell'utente.

La strategia è dunque quella grossolana e pericolosa di una ricerca untargeted, ossia non puntata su indizi di fondo, e dunque destinata o ad essere generica e inefficiente o soffocante e oppressiva. Se dunque EFF fa scalpore dichiarando che la NSA sta spiando un milione di americani, di certo appare chiaro che l'automatismo che ne origina potrebbe portare - o aver portato - disastri in seno all'intelligence statunitense. Oltre infatti a indicare una chiara violazione delle strategie di prevenzione del crimine, necessariamente legate ad una minima fondatezza dell'ipotesi di reato, mette a rischio di sovraccarico l'intero sistema, oberato da una massa di dati insignificanti. A meno certo di voler istituire un controllo ferreo sull'opinione pubblica, ma questo non sarebbe esattamente auspicabile.

Ma cosa potrebbe indurre un gigante da 93,2 miliardi di fatturato (dati 2007) a sottoporsi ad un controllo così stringente? Soldi, si dirà. Ed in effetti è così. Tanti, tanti soldi derivazione di un progetto portato avanti dall'amministrazione del primo mandato Obama. È nel 2010 infatti che il governo da vita al Broadband National Plan, allo scopo di assicurare la copertura delle linee a banda larga in tutto il paese.

Si tratta chiaramente di un grosso, immenso affare per chiunque commerci in ambito di infrastrutture informatiche, come puntualmente evidenziato da Bloomberg. Il giro di denaro è da capogiro: le stime - probabilmente da aggiornare al ribasso - raggiungono i 350 miliardi di dollari. Chiaro come per un favore del genere poi logica voglia che si contraccambi con altrettanta generosità.

Tant'è che la liquidità di Verizon passa da un tetro -7,773 milioni nel 2009 ad un ben più roseo +4,659 nel 2010 (qui i dati). Un miglioramento foriero di ulteriori impennate negli asset, che passeranno da 220 miliardi nel 2010 ai 230 nel 2011, segnando una svolta positiva per le finanze consolidate del gruppo. 

Verrebbe da credere - ma proprio a voler pensar male - che nulla è dato via perché poi non ne derivi un sostanzioso tornaconto. L'idea che all'origine di questo scandalo vi siano le velleità della NSA di ottenere da Verizon un così succulento potere, potremmmo concluderne, non è in fondo poi così campata in aria. È pur sempre vero - e il collega Google l'ha ampiamente dimostrato - che i vecchi principi valgono ancora: pecunia non olet.

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