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Schmieding: l’Euro è una moneta di successo

L'economista tedesco Holger Schmieding difende l'Euro. Nel suo libro "Unser gutes Geld. Warum wir den Euro brauchen" evidenzia i vantaggi dell'introduzione dell'Euro e rassicura i lettori tedeschi. La Germania, di fatto, ha un diritto di veto sulle decisioni dell'ESM. Per la soluzione dell'attuale crisi, la proposta di Schmieding risulta però deludente: continuare con l'austerità e prendere tempo.

A oltre dieci anni dall’introduzione dell’Euro non c’è niente che divide i cittadini europei più della loro stessa moneta. Ovunque in Europa - da Madrid ad Atene, da Lisbona fino a Bruxelles - cresce il malessere sociale che si concretizza in manifestazioni di piazza. In Germania, poi, è nato un nuovo partito anti-euro: Alternativa per la Germania. Il movimento potrebbe esordire già alle prossime elezioni federali di settembre.
 
Eppure proprio dalla Germania arriva una voce in difesa della moneta unica e di un ruolo centrale della Repubblica Federale in Europa. Si tratta di Holger Schmieding, direttore economico della Berenberg Bank, la più antica banca privata tedesca. Il suo libro Unser gutes Geld. Warum wir den Euro brauchen (Murmann, Hamburg 2012) è una strenua difesa dell’Euro.
 
Schmieding conosce molto bene i problemi della costruzione della moneta unica e intende rispondere alla diffusa critica che considera l’Euro un errore ed un esperimento fallito. Per l’economista tedesco la moneta unica ha garantito la stabilità sia della finanza statale sia dei prezzi.

Prima dell’introduzione dell’Euro i Paesi europei avevano debiti superiori rispetto al periodo successivo durante il quale tutti gli Stati hanno avviato politiche di risanamento del bilancio pubblico. Ha iniziato la Germania con le riforme dell’Agenda 2010 e pur con alcuni problemi si sono avviati imponenti programmi di miglioramento dei conti pubblici in Grecia, in Spagna e in Italia. Come ricorda l’autore, le riforme hanno bisogno di tempo per far vedere i propri effetti. In sintensi: bisogna avere pazienza.

 
Non poteva mancare un riferimento all’inflazione, che rappresenta da sempre la grande paura per i tedeschi. Nell’area Euro è rimasta dal 1998 ad oggi mediamente al 2,06 per cento (in Gran Bretagna è stata 2,16 e negli Stati Uniti 2,5). Con l’introduzione dell’Euro, poi, la Germania ha un’inflazione inferiore rispetto alla media europea: 1,55%. Prima dell’introduzione della moneta unica, dal 1948 al 1998, l’inflazione tedesca è stata mediamente del 2,8 per cento. Le paure tedesche sarebbero dunque ingiustificate.

Il libro di Schmieding affronta anche il cuore del problema dell’Europa di oggi, ovvero l’instabilità economica dei cosiddetti PIGS. Secondo Schmieding la soluzione è quella che l’autore stesso chiama Agenda 2010 plus. Tradotto in termini più comprensibili: continuare con le riforme, con la disciplina di bilancio e con la politica di austerità. Per l’autore è questa l’unica ricetta per uscire dalla crisi. Richiede sì tempo, ma i benefici saranno duraturi. Al contempo è opportuno che Germania e Banca Centrale Europea proteggano i Paesi che fanno i compiti a casa dalle turbolenze dei mercati finanziari.

La politica di austerità tuttavia non sembra avere effetti immediati. La soluzione offerta Schmieding è deludente, un po’ ingenua e forse anche troppo merkeliana: prendere tempo (Zeit kaufen).

Un breve paragrafo del libro è dedicato anche agli eurobonds. Qui Schmieding la pensa esattamente come la Cancelliera che affermò: "Niente Eurobonds finché vivrò". La posizione dell’autore è: Dio ci protegga dagli eurobonds. Non c’è niente di più falso che prendersi (in questo caso per la Germania) responsabilità altrui senza alcuna condizione e illimitatamente.

Un’altra parta del libro è dedicata al nuovo corso della Banca Centrale Europea inaugurato da Mario Draghi. Schmieding difende il Presidente della BCE dai numerosi e ingiustificati attacchi che sono venuti propria dalla Germania.

La crisi dell’Euro, infine, è vista da Schmieding come una grande chance. È molto importante per il rafforzamento dell’Europa aver approvato il Fiscal Compact che è un grosso freno alla creazione di nuovo debito. In futuro ci saranno certamente più controlli e l’ESM (il fondo di stabilità finanziaria) è una solida rete di sicurezza. Proprio su questo punto finale Schmieding rassicura i suoi lettori tedeschi. L’ESM può prendere una decisione solo con una maggioranza qualificata dell’85 per cento del capitale. La parte tedesca rappresenta il 27,1 per cento e questo significa che la Germania ha, di fatto, un diritto di veto. Come dire: prepariamoci ad un’Europa sempre più tedesca.

Lo slogan finale del libro è: più Europa. L’Unione non deve diventare un superstato, ma ha soltanto bisogno di maggiore ordine e disciplina.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.156) 16 marzo 2013 23:54
    Renzo Riva

    FUORI DA QUESTA EUROPA E DALL’EURO

    "il Giornale" Domenica 3 Marzo 2013 pagina 38 “La parola ai lettori”

    L’angolo di Granzotto (Paolo Granzotto)

    L’euro forte danneggia l’Italia debole

    Caro Granzotto, mi aiuti a capire ciò che per me è incomprensibile.
    Come mai con l’euro la Germania ci guadagna e noi ci perdiamo?
    Se è moneta unica perché queste differenze?
    Gualtiero Magnani (e-mail)

    Eh, caro Magnani, lei tocca un argomento che a un non addetto ai lavori mette i brividi.
    Facciamoci forza e vediamo se ne usciamo vivi: dunque, l’euro è una moneta «forte» rispetto al dollaro. Per dirla diversamente, un euro vale più di un dollaro. Ovviamente anche per la Germania, ma c’è un però. La sua struttura industriale (e i listini prezzi, per spiegarci, ma rimanga fra noi perché credo sia una semplificazione un po’ andante) si è sviluppata con un marco fortissimo. Molto più dell’euro al cambio che la Germania spuntò nell’annus horribilis (ma mirabilis per i crucchi) 1999.
    A noi invece è toccato (chiedere a Prodi per i dettagli) il contrario: ci beccammo un euro più forte della lira. Così stando le cose, la Morgan Stanley e la Deutsche Bank, due bancone, hanno calcolato che se per la Germania la «soglia di sofferenza» sull’euro è a circa 1,53 (oggi l’euro balla attorno all’l,30), per noi precipita a circa 1,19.
    In pratica, concludono gli esperti, l’euro è per i tedeschi sottovalutato del 13,2 per cento (ciò che consente loro di vendere «sottocosto») e sopravalutato per gl’italiani (più 12,1).
    Non è finita, caro Magnani: con una forte industria la Germania è altrettanto forte importatrice di materie prime, maggiormente di metalli e petrolio. Che paga in dollari.
    I tedeschi, dunque, acquistano in valuta «debole» e vendono in valuta «forte» che per loro, come abbiamo visto, tanto forte non è.
    Il massimo.
    I danni di una moneta unica che non «pesa» in modo uguale fra nazioni eppur socie e sorelle, unite in un solo ideale e tutte quelle balle là, potrebbe essere attutito svalutando un po’ l’euro.
    A chi con tremebonda fermezza glielo chiedeva, la Merkel ha sempre risposto: «Nein».
    E che è matta?
    Non si tira il collo alla gallina dalle uova d’oro.
    .

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